Il “Nuovo Futurismo” sbarcato a Palermo lo scorso gennaio con la rassegna dal titolo “Yellow” – l’exib-art in progress “Integration” è visibile, come meglio si dirà, fino al 23 aprile prossimo –, sta realizzando un rapporto osmotico tra la modernità delle opere e del pensiero degli artisti, italiani e isolani, e l’antichità di Villa Magnisi che li ospita. La dimora nobiliare ha, infatti, origini settecentesche e da luogo di campagna nella Piana dei Colli, dove i “gattopardi” di Palermo rifuggivano il caldo estivo dei fastosi Palazzi del centro, è oggi sede di lavoro e rappresentanza dell’Ordine professionale dei Medici. La presenza dell’Ordine, però, non ha compromesso la fruizione pubblica del bene storico, semmai è proprio l’Ordine, spesso patrocinatore di eventi, a offrire la disponibilità a progetti culturali d’ampio respiro, che restituiscono immutati lo splendore del sito come pure la sua memoria alla città. Il contesto di Villa Magnisi è così, a pieno diritto, parte di questo patrimonio, proprio della Piana dei Colli, un tempo periferia del capoluogo siciliano, ricco di ville storiche e di grande
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curiosità non solo per il cittadino, ma anche (e fondamentalmente) per l’ospite-turista. Ed è proprio questo contesto, che allarga la città, quello della Palermo più intima e sconosciuta che va portato all’attenzione comune; perché non meno interessante dei suoi più noti mandamenti storici e perché pregno di suggestioni. Vale la pena riscoprire questa parte di città allargata e perchè non candidarla, specie, in prospettiva del 2018, quando Palermo sarà vestita del ruolo di Capitale della Cultura italiana, ai più grandi circuiti di viaggio e di visita? La sfida, per adesso, sembrerebbe, più o meno consciamente, raccolta dagli organizzatori di “Yellow”; orientati in questa direzione già da gennaio. Si tratta dei Nuovi Futuristi (siciliani e non solo) che con consapevolezza artistica traggono, a mio avviso, un insolito beneficio da questo rapporto osmotico antico-moderno, richiamato fin sopra all’inizio. Yellow a Villa Magnisi, infatti, è il dinamismo delle idee espresse dal “Nuovo Futurismo” nella fissità di un luogo settecentesco destinato un tempo alla pacata rilassatezza degli agi. Yellow così stravolge dinamicamente Villa Magnisi e a sua volta la dimora storica restituisce
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attrattiva magnetica a Yellow facendo, con la sua ariosa meditatività, da cassa di risonanza alla Rassegna. E qui entriamo nel vivo e nei particolari. Quali sono i pilastri di Yellow? Appunto, le sue tematiche. La Rassegna è un grande contenitore di Arte presentata in modo diverso. Un nuovo modo di vivere un’opera in relazione concreta ai problemi della contemporaneità. La nuova arte futurista dialoga con più linguaggi e si confronta sui temi di stringente attualità da cui l’Arte non può discostarsi. Gli artisti analizzano il tema di turno secondo la propria visuale di immagine-immaginazione – attualmente è quella della “Integrazione” – e la esprimono in una o più opere. Lo stesso tema, nello stesso luogo, viene poi rilanciato alla dialettica delle altre branche della Cultura e della Società, in un pubblico confronto (già svoltosi il giorno inaugurale, ndr). Le linee di ragionamento condotte da Yellow sono dunque tre: Identità, già trattata nel primo bimestre di quest’anno; Integrazione, cioè il tema corrente fino al 23 aprile, e in ultimo Confine, dal 3 al 30 Giugno prossimo. In seguito questa linee troveranno un sunto finale nella pubblicazione – presumibile indicare la seconda metà del 2017 – da parte della casa editrice People & Humanities, che ha offerto la propria collaborazione all’iniziativa. Il progetto-rassegna, nato dall’idea di due artisti palermitani: Tommaso Chiappa e Alessandro Di Giugno, è così un viaggio personale ed un’esperienza collettiva che ogni spettatore può compiere, con la propria sensibilità, a due passi da casa, se siciliano, o da esploratore, se ospite della città. Ma perché il nome “Yellow”, cioè giallo? «Perché è un colore primario. – spiega Tommaso Chiappa – Un colore che esprime la sensazione di energia. Un colore a cui è collegato uno scatto in più e che a noi ha dato l’effetto di novità e di movimento – quindi, ancora, energia –, dando una spinta al confronto tra i diversi linguaggi della società, come della cultura, su un tema prefissato a cui gli artisti, attraverso le proprie opere esposte, hanno dato una faccia e un profilo». E questi profili e facce sono quelle della contemporaneità e dell’esperienza del viaggio e dell’incontro con altre culture. Da qui si definisce meglio il “nuovo futurismo”: un movimento di artisti attento alla ricognizione di questa modernità liquida che a noi oggi sfugge. Nel secolo scorso anche il primo
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futurismo si lasciò influenzare dalla modernità dell’epoca, da un lato con buoni propositi dall’altro con devastanti risultati. La tecnologia, fatta da macchine a vapore e produzioni in serie, doveva promuovere l’uomo nuovo che, a sua volta, doveva prendere il posto del vecchio. Lo sbaglio si ebbe quando gli artisti più radicali spinsero il proprio pensiero oltre e si lasciarono sedurre dal fuoco purificatore del mondo che li ghermì e consumò nella guerra. Questi nuovi futuristi, invece, cercano nella modernità uno spazio di perlustrazione e confronto, si riappropriano così della positiva intuizione dei futuristi delle origini, ovvero della scintilla dell’interrogazione degli elementi circostanti, ma estendono le proprie ricognizioni ad altre voci, per confrontarsi, riflettere, dibattere e per escludere gli errori del primo futurismo. «Perché – come aggiunge ancora Tommaso Chiappa – il compito dell’artista e quello di porre domande, dare impulso a un dibattito, che nel caso nostro di Yellow – evento in sé poliedrico – non è confinato ai soli critici e alla pletora degli addetti ai lavori, ma è allargato alla collaborazione partecipativa di tutti». Tanto da rendere partecipi all’iniziativa più soggetti: dall’Ordine dei Medici di
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Palermo, di cui s’è detto, che insieme al Collegio universitario “Lorenzo Valla” di Pavia, ne cura il patrocinio, alle collaborazioni del Centro d’Arte Malagnini di Saronno (Varese), della casa editrice People & Humanities, già richiamata, della Galleria La Piana Arte Contemporanea e del Comitato Civico “Cominciamo dal quartiere” di Palermo. Il progetto, in questo modo, ha una sua coralità, che cerca di creare legami forti tra la Sicilia e la più vivace geografia nazionale ricca di fermenti artistico-culturali, come quella lombarda (e non solo), per instaurare, in aggiunta, un fruttuoso dialogo fra il vasto pubblico e le più brillanti espressioni d’arte e fotografia siciliana vicine al “moderno Futurismo”. Eppure, qual è la provenienza degli artisti in mostra? «Provengono – risponde Chiappa – da Pavia, Milano, Saronno, Novara, ovviamente poi Palermo, Agrigento, Roma e provincia, Genova e altre località della Penisola». In merito ai loro nomi, poi, sono ventiquattro, ed oltre allo stesso Chiappa troviamo esponenti dell’arte e della fotografia siciliana – come Stefania Romano, Paola Schillaci, Riccardo Paternò Castello, Tiziana Battaglia, Alessandro Di Giugno, Francesco Conte – e i
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rappresentanti della scuola lombarda del nuovo futurismo – da Dario Brevi a Gianni Cella – e, a completare il quadro dei nomi, artisti come: Leonardo Santoli, Olinsky, Gianfranco Sergio, Emanuele Gregolin, Sabrina Romanò, Davide Ferro, Massimo Romani, Lele Picà, Mauro Rea, Vittorio Valente, Simone Geraci, Alfonso Siracusa, Simone Stuto, Emilio Triolo e Giuseppe Vassallo. E per concludere, sempre in vista di Palermo Capitale della Cultura 2018, i futuristi moderni come vedono questo appuntamento? «Noi moderni futuristi vediamo bene questo momento, – replica Tommaso Chiappa – si possono in esso creare delle dinamiche e delle rivoluzioni nei modi di fare. Il turismo è in crescita e si può portare la Sicilia in Italia e nel mondo e, ancor più, il mondo e l’Italia in Sicilia. La città, in tutte le sue potenzialità, deve assolutamente crescere in interazione e, ancor più a mio avviso, proporsi alla integrazione. Questo è uno di quei momenti importanti in cui è possibile farlo, pur vivendo dentro a una cultura con proprie forze e debolezze. L’occasione di Palermo 2018 può essere un cambiamento di mentalità, una rivoluzione che può portare fuori dall’isolazionismo culturale quei casi e quelle espressioni artistiche più promettenti dell’intera Isola. Palermo deve fare più squadra in Sicilia e creare un dialogo aperto con tutti e questo è il momento giusto. La Capitale dell’Arte e la Capitale della Cultura possono essere un valore aggiunto a questa Città ed è qui che bisogna prendere la palla al balzo e lavorare non solo a livello di Istituzioni, ma in tutti i campi: dalla fotografia, all’arte, alle altre forme di linguaggio culturale. Senza nascondere i nostri limiti, ma confrontandoci per rendere le debolezze segno di forza e di energia, ancora una volta, più viva». Save the date, dunque. La mostra, fino al 23 aprile, è presente a Villa Magnisi (Via Rosario da Partanna n.22), a ingresso libero ed e visitabile il martedì e giovedì, dalle ore 15,00 alle 18,00, e negli altri giorni su appuntamento ai seguenti riferimenti: yellow.2017.palermo@gmail.com oppure telefonando al 320 3733769.
Foto (eccetto locandina Yellow/Integration): Tommaso Gambino.