venerdì, 27 Dicembre 2024
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Ventiquattro anni fa la strage di via d’Amelio

Palermo 18.07.2016 – Attraversando via d’Amelio a Palermo pare di sentire ancora la puzza di tritolo. Una nube di fumo si alzava con l’esplosione di una fiat 126, le fiamme trasformavano in macerie le vetture vicine e gli edifici erano distrutti. A terra feriti e nei volti degli uomini incredulità e paura. Tutto attorno era completamente devastato, l’aria grigia.  Morti il giudice Paolo Borsellino e con lui i cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Corpi dilaniati, sangue nell’asfalto bruciato.

A pochissimi mesi dalla strage di Capaci, la morte di Giovanni Falcone alla mafia non era bastata e su questa ferita indelebile e profonda, in una città che a stento si rialzava, ritornava la violenza, un attentato per ribadire a tutti chi comandava.

Per molti era una domenica come tante, mentre per Paolo Borsellino, era la giornata prevista, quella che sentiva sarebbe arrivata. Un “cadavere che cammina” si definiva dopo la morte del collega e amico Giovanni, ma il senso di giustizia e di legalità, che contraddistinguevano il suo operato, correva e come, cercando di raddrizzare una Palermo sconquassata e infettata dello sterco fetido della mafia.

Una quotidianità ormai turbata e stravolta per Borsellino e i suoi familiari, una quotidianità a cui, nonostante tutto, non si poteva e non si voleva rinunciare. Rinunciare, del resto, sarebbe stato come darla vinta, arrendersi. Bastava essere sereni e lucidi nella mente, era difficile, ma andare dalla propria mamma era un pensiero tanto grande da far svanire qualsiasi timore in quel pomeriggio del 19 luglio. Prima, la scelta di andare in via d’Amelio, dopo una giornata trascorsa a mare, poi la morte in un’esplosione infernale, segno di un’arroganza insaziabile.

Dalla strage odiosa ad oggi, un fiume di ventiquattro anni, fatto di indagini, processi, arresti, voci di pentiti e legami nascosti tra mafia ed esponenti corrotti delle istituzioni. Un capitolo della storia, che ancora non si è chiuso, ma che rimane sempre aperto per quanti, capaci di ricordare e quindi di pensare, hanno deciso di continuare a scriverlo.

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