Colui che suonò i due accordi più famosi della storia del jazz nacque il 6 dicembre del 1920. Esattamente un secolo addietro, e nella sua lunghissima carriera da pianista raggiunse una popolarità a livello internazionalea. Dave Brubeck, morto nel 2012, arrivò sulle scene negli anni Cinquanta in un momento in cui il jazz non godeva di buona salute, e insieme ad altri grandi musicisti di quel periodo lo rese di nuovo la forma d’arte popolare americana per eccellenza, mascherando composizioni sofisticatissime dietro a melodie orecchiabili, diventate nel tempo tra le più familiari della storia della musica del Novecento. Come i due accordi più famosi della storia del jazz, per l’appunto: quelli che introducono “Take Five”.
In Take Five” si evidenziano due accordi, sufficienti da soli a rendere memorabile un’intera carriera, un tema di sax tra i più leggendari di sempre. Brubeck e Desmond suonavano insieme nel Dave Brubeck Quartet, che in poco più di quindici anni sfornò una cinquantina di dischi pagando un bel pò di stipendi alla Columbia, l’etichetta che nel 1959 produsse Time Out, uno dei due-tre dischi più venduti nella storia del jazz con oltre due milioni di copie.
In quel disco c’era quasi tutto quello che rese grandi Brubeck e soci. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, il jazz aveva superato da tempo gli anni del be bop – quelli di Charlie Parker, Dizzy Gillespie e Bud Powell – e non aveva ancora capito cosa fare di se stesso. Dopo i gloriosi anni Venti e Trenta delle big band e dello swing, un decennio di vorticose innovazioni lo aveva reso un genere più di nicchia, più intellettuale e respingente per le masse. Ma mentre i musicisti neri tra i più geniali della storia della musica jazz stentavano a pagarsi l’affitto e vivevano in un disagio che portò tanti a rovinarsi con l’alcol e la droga, Brubeck riportò il jazz nelle case degli americani. Tant’è che nel 1954 finì sulla copertina di Time, secondo jazzista nella storia dopo Louis Armstrong.
Brubeck aveva avuto una formazione strana, per certi versi istintiva e da autodidatta e per altri fortemente tradizionale e di stampo classico. Assomigliava a un musicista classico anche nel modo di vestirsi e di presentarsi, ma aveva una curiosità che lo portò ad assorbire elementi di generi diversi, e a sperimentare soluzioni musicali che fino a quel momento nessuno aveva applicato al jazz. Nel 1958 lui e il suo quartetto, che aveva raggiunto la sua formazione più stabile con Desmond, Wright e il batterista Joe Morello, furono mandati dal presidente Dwight Eisenhower nell’Europa dell’Est, in Medio Oriente e in Asia per un programma di scambio culturale. Suonarono in Turchia, in India, in Iraq e in Polonia e tornarono pieni di idee che inserirono nella loro musica profondamente americana senza farsi quasi notare.
Brubeck infatti aveva una grande passione per i tempi dispari e composti, strutture ritmiche poco diffuse nella musica occidentale (dove si usano principalmente tempi semplici, come il 4/4) ma tipiche dei posti che avevano visitato in Asia e in Medio Oriente. Queste strutture usano accenti ritmici in posti dove uno non se li aspetta, e suonano spesso “storti” a un ascoltatore non abituato: qualcuno aveva provato in precedenza a metterle nel jazz, ma con scarsi risultati. Brubeck invece ci costruì alcuni dei pezzi più amati e di successo di quegli anni, suonandoci sopra progressioni di accordi complesse e da far impazzire gli impallinati. Ma invece di usare queste strutture ritmiche e armoniche per avanguardismo fine a se stesso o per disorientare l’ascoltatore, le mise al servizio delle melodie e delle improvvisazioni sue e di Desmond, armoniose e dal timbro pulito e raffinato.