Palermo 21.11.2020 – Il prossimo 25 settembre, in occasione del 41° Anniversario dell’uccisione del Giudice Cesare Terranova e del Maresciallo della Polizia di Stato Lenin Mancuso è prevista, alle 9.30. la deposizione di una corona di alloro alla lapide di Via De Amicis, 44 che ne ricorda il sacrificio. A seguire, nel Chiostro della Questura di Palermo, nel rispetto, come indicato dal Questore Renato Cortese, delle misure di distanziamento fisico determinate dall’epidemia del Covid-19, l’Artista palermitano Pippo Madè, consegnerà, nel corso della cerimonia, un suo dipinto, appositamente dedicato ai Caduti della Polizia di Stato ed a tutte le Vittime innocenti della mafia.
«Per simboli – dice Madè – ho voluto raccontare la tragica storia della nostra Città ed il sacrificio dei Uomini, delle Donne, dei Servitori dello Stato e dei comuni Cittadini che si sono trovati sulla strada della mafia».
La manifestazione è stata particolarmente voluta dall’Associazione per onorare la memoria dei Caduti nella lotta contro la mafia, presieduta da Carmine Mancuso, già Senatore della Repubblica, Ufficiale della Polizia di Stato e figlio dell’indimenticata Lenin, collaboratore del Giudice Cesare Terranova e titolare d’importanti indagini contro la mafia.
Ripercorriamo per sommi capi, il vile agguato del 25 settembre 1979: un commando di killer si apposta non lontano dall’abitazione di Via De Amicis dei Giudice Terranova, già membro della Commissione Antimafia e deputato Nazionale eletto da indipendente delle fila del Partito Comunista, tornato a Palermo da poco ed in attesa di insediarsi come Capo dell’Ufficio Istruzione della Procura di Palermo, uomo che conosceva a fondo, così come Lenin Mancuso, la mafia ed i mafiosi, tanto che nel 1974, era stato proprio lui ad inchiodare con le sue indagini, Luciano Leggio, il boss corleonese, meglio noto come “Liggio“, alias, grazie alla sua lunga latitanza, come “primula rossa di Corleone”.
Il Giudice venne freddato da un giovane killer che gli sparò con una calibro 38, mentre si trovava alla guida della sua Fiat 131, stessa sorte toccò a Lenin Mancuso, crivellato da otto colpi, sei di Wincester e due di Calibro 38, il quale venne trovato abbracciato al Giudice, quasi a volergli fare da scudo con il suo corpo. La mano destra del Maresciallo della PS era sulla fondina, ma non fece in tempo ad estrarre la pistola. Mancuso venne rinvenuto ancora vivo dai soccorritori e subito trasportato al Pronto Soccorso di Villa Sofia, dove giunse in condizioni disperate e dove spirò poco dopo.
Per l’efferato omicidio, il 15 maggio 2000, la Corte d’Assisi di Reggio Calabria, condannò, come mandanti, tutti i componenti della “cupola” mafiosa, da Salvatore Riina a Bernardo Brusca, da Bernardo Provenzano a Pippo Calò, da Francesco Madonia ad Antonino Geraci e il “papa” Michele Greco.
Carmine Mancuso, a proposito della manifestazione fissata per giorno 25 e riguardo all’opera di Madè, ci ha detto «Alla fine della seconda guerra mondiale i governanti degli Stati Uniti ritennero essenziale la posizione strategica dell’Italia e da allora l’intelligens americana e italiana, quest’ultima, in buona parte deviata e complice di potenti uomini dello Stato, hanno fatto ricorso alla violenza più sanguinaria e dato vita ad una sequela di stragi e delitti di uomini democratici e coraggiosi, cercando così, con la loro eliminazione, di manipolare la vita politica e sociale della nostra Repubblica, servendosi di una mafia sempre spregiudicata e violenta che si faceva forte della diffusa impunità. Seguendo tale strategia – dice ancora Mancuso – l’anno orribile fu il 1979 che vide cadere il capo della mobile di Palermo Boris Giuliano ed a seguire, il 25 settembre , Cesare Terranova e mio padre, Lenin Mancuso, il giornalista Mario Francese ed i Giudice Costa e Rocco Chinnici, il politico Pio La Torre, il Prefetto Dalla Chiesa, una scia infinita di sangue e orrore, E’ questa – dice ancora Carmine – la sistematica eliminazione di quei pochi uomini, i quali, benché consci della condanna a morte che pendeva su di loro, con orgoglio e coraggio, hanno continuato fino all’ultimo, nel loro estremo impegno. Mentre venivano eliminati Terranova e Mancuso – prosegue nel suo racconto l’ex Senatore – Michele Sindona, fuggito dagli Stati Uniti e rifugiatosi a Palermo, uomo vicino a papi e politici ed alto esponente della massoneria, oltre che grande riciclatore dei miliardi della mafia, aveva una strettissima connessione con l’omicidio, una connessione che fu superficialmente valutata. Infatti – narra ancora Carmine – Terranova con Mancuso, si accingevano ad aprire il filone patrimoniale della mafia e le organiche connessioni col mondo politico, mentre le loro indagini convergevano verso i centri di comando italiani ed esteri. Questo, a mio avviso – Prosegue Mancuso – fu il vero movente del loro eccidio. Eliminati costoro il messaggio nei vari campi, dal giornalismo alla magistratura e gli uomini migliori degli apparati investigativi, fu palese opacizzare ogni cosa. Ma dal sacrificio di eroi come Terranova e Mancuso viene fuori una lezione di civile coraggio – conclude Carmine Mancuso – di forza e di speranza per tutti noi che verrà ricordata il prossimo 25 settembre, con cerimonia che si terrà in Questura, valorizzata dalla donazione di un dipinto del Maestro Pippo Madè che lo stesso Artista consegnerà nella mani del Questore di Palermo Renato Cortese, a testimonianza e lezione di civile coraggio, di forza e di speranza, un dipinto dedicato a tutti i Caduti per la Giustizia che si sono opposti e mai piegati alla prepotenza mafiosa».