Oggi in media ci vestiamo utilizzando più capi rispetto a 20 anni fa, e la moda e lo stile si confermano sempre più fattori essenziali nella vita di ciascuno di noi. In linea generale, quando adocchiamo un capo d’abbigliamento, e notiamo un prezzo piuttosto conveniente, pensiamo subito sia un buon affare, e non ce lo lasciamo sfuggire.
Questo è, più o meno, il ragionamento che molti affrontiamo durante i nostri momenti dedicati allo shopping, ma c’è anche da considerare che non dipende soltanto da noi, in quanto, spesso, siamo vittime delle cosiddette strategie di marketing.
Spesso capita di porci quesiti come questi: Come può una maglietta di soli 5 euro essere prodotta nel rispetto dell’ambiente e con condizioni di lavoro dignitose per gli operai che le producono? Come può un capo così economico essere anche di buona qualità? Quanto inquina la moda? Secondo un report delle Nazioni Unite, l’industria del Fast-Fashion ha una grossa fetta di responsabilità nell’inquinamento globale.
In più, circa l’85% dei vestiti dismessi finisce nei bidoni dell’indifferenziata, e soltanto l’1% dei capi viene invece riciclato. In buona sostanza, si produce tanto, si inquina tantissimo e si ricicla praticamente niente.
Queste alcune delle tematiche affrontate oggi al workshop dal titolo “The true impact of clothic” in occasione dell’ultima giornata di “Vestino 2018”, il festival degli artisti e del tessile, che è in corso a Palermo dal 18 al 22 ottobre, e prende vita con il progetto europeo Creative Wear, di cui il Consorzio Arca è partner. La manifestazione, inoltre, è realizzata con il contributo finanziario dell’Unione Europea, e ha animato la città nell’ultimo weekend. Il workshop si è svolto stamani ai Cantieri Culturali alla Zisa, e ha riguardato, appunto, l’impatto della moda sull’ambiente e sulle persone.
A parlare di questo argomento ci hanno pensato Matteo Ward, amministratore delegato del brand eco sostenibile Wrad, insieme a Silvia Giovanardi e “Cittadellarte”.
Olga Pirazzi, responsabile ufficio moda di Cittadellarte, ha dichiarato al GCPress: «Oggi puntiamo sulla consapevolezza, vogliamo far capire quanto l’industria della moda abbia un impatto “ingombrante”. La maggior parte delle persone non si rende conto di quanto il mondo del fashion sia fatto di consumismo e sprechi, e quindi pericoloso per il nostro pianeta. In più vogliamo mettere al centro degli stakeholder (attori), quali i ragazzi di Wrad, come modello di impresa eco sostenibile, Made in Italy ed etica».
«Mentre il mondo aspetta la prossima fashion week, a poche centinaia di chilometri, persone come noi stanno lavorando notte e giorno per produrre quella maglietta che costa solo 5 euro, per non parlare del consumo non controllato di risorse come l’acqua»: questi gli argomenti affrontati da Silvia Giovanardi e Matteo Ward. «Il nostro scopo – concludono – è formare un prodotto funzionale, bello e fatto nel rispetto delle persone e dell’ambiente».