“È una storia d’amore e di morte. Se preferite, una storia anonima di violenza di genere tra un soldato e una donna”. Così il regista Calixto Bieito racconta la sua Carmen che debutterà stasera, sabato 26 novembre alle 20.30 al Teatro Massimo, dopo la prova generale di ieri con oltre mille under 35 dell’Associazione Giovani per il Teatro Massimo, in una serata che ha visto il foyer allestito con i colori della Spagna, corner fotografici ed estrazione di biglietti.
L’allestimento del capolavoro di Georges Bizet è del Teatro Massimo in coproduzione con il Gran Teatre del Liceu di Barcelona, il Teatro Regio di Torino e il Teatro La Fenice di Venezia, una grande Carmen che ha girato per tutta Europa e che è già approdata al Teatro Massimo nel 2011. “La Carmen – spiega il regista – è un’opera sulle emozioni di frontiera, sugli abissi dell’amore, sulla distruzione e la autodistruzione fisica e sentimentale. È un’opera in cui la percezione della morte è molto presente”.
Un’opera fortemente relazionata al Sud del mondo, trasferita dalla tradizionale Andalusia a una caserma militare spagnola di mezzo secolo fa. “Ricordo che quando ho iniziato a lavorare alla Carmen – aggiunge Bieito – mi ossessionava l’idea del Sud. Che cos’era il Sud? Così senza pensarci due volte, un giorno decisi di fare un viaggio con tutta la mia équipe artistica. Nella frontiera tra Ceuta e il Marocco, nella parte marocchina, c’era un’enorme piazza dove le macchine dei contrabbandieri, tutte Mercedes degli anni Settanta, si fermavano aspettando di concludere i loro affari. Sono rimasto impressionato vedendo quelle macchine e l’energia della frontiera. Crudele, disperata ed esasperata, tremendamente brutale. Come certe relazioni d’amore. Il sud della Carmen non era tanto lontano. È una frontiera disumana, come quasi tutte le frontiere, che una volta attraversata non permette di fare marcia indietro”.
Energia e atmosfere di frontiera di cui quest’allestimento è intriso, con uno scontro tra maschile e femminile, e con la protagonista che diventa l’incarnazione di una vitalità voluttuosa, sovversiva, inneggiante alla libertà e ai valori terreni al di là delle convenzioni e della morale. E per questo punita da don José, soldato sedotto e abbandonato che alla fine la ucciderà. Una storia tremendamente scabrosa, per quel 1875 in cui fu per la prima volta rappresentata all’Opéra-Comique di Parigi. Tanto da suscitare scandalo e indignazione nel pubblico e nella critica, con un conseguente insuccesso che gettò Bizet in uno stato di profonda prostrazione. E il compositore non visse abbastanza a lungo per poter assistere al successivo trionfo del suo capolavoro: alla vigilia della sua morte, sopraggiunta tre mesi dopo la première, stipulò il contratto per l’allestimento a Vienna che avrebbe decretato la fortuna di Carmen, destinata a rimanere fra le opere più eseguite e popolari al mondo.
Di Carmen esistono due versioni: quella conforme alle intenzioni di Bizet, in forma di opéra-comique con dialoghi recitati alternati a parti cantate; e la versione viennese postuma, con i recitativi musicati da Ernest Guiraud, il cui successo finì per soppiantare la versione originaria, almeno fino a tempi recenti. L’allestimento che va in scena a Palermo è quello di Bizet.
“L’ostilità iniziale nei riguardi dell’opera – come racconta Danilo Tarantino nella sua Introduzione all’opera – è riconducibile alle innovazioni drammaturgico-musicali che Bizet introdusse nella struttura tradizionale dell’opéra-comique, facendo agire, con evidenza realistica, non figure stereotipate ma personaggi dalla psicologia in divenire; ed emancipando l’orchestra dal ruolo di mero sostegno al canto, trasformandola in strumento volto a esprimere gli stati d’animo dei personaggi e il senso generale dell’azione, al quale conferiscono organicità alcuni temi, ricchi di inflessioni spagnoleggianti per ricrearne la precipua ambientazione, impiegati come reminiscenze”.
Bieito è stato direttore del Teatre Romea di Barcellona dal 1999 al 2011. Ha organizzato il Festival Internacional de las Artes de Castilla y León e il Barcelona Internacional Teatre (bit), piattaforma internazionale di progetti di artisti e teatri. La zarzuela di Bretón La verbena de la Paloma al Teatro Tivoli di Barcellona (1996) è stato il suo primo incontro con il teatro musicale, seguito da Pierrot Lunaire di Schönberg al Teatre Lliure di Barcellona nel 1998. Ha ricevuto l’European Cultural Prize della Kulturstiftung Pro Europa di Basilea nel 2009, il “Premio Abbiati” nel 2012 e il Premio Lirico Campoamor di Oviedo nel 2014. Dal 2013 al 2015 è stato artist in residence al Teatro di Basilea.
Sul podio l’argentino Alejo Pérez, che si è assicurato un posto sulla scena operistica internazionale ed è invitato regolarmente a dirigere rinomate orchestre sinfoniche. Ha diretto, tra le altre, la Royal Stockholm Philharmonic Orchestra, l’Orquesta Sinfonica Nacional de Chile, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, la SWR Symphony Orchestra Baden-Baden/Freiburg, la Gürzenich Orchestra Cologne, la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, la DSO Berlin, la Philharmonia Orchestra, l’Orchestre de La Suisse Romande, l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna e l’Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli. Ha inoltre diretto ensemble quali Ensemble Modern, Ensemble Intercontemporain, Asko Schönberg Ensemble e Klangforum Wien.
Carmen è l’armena Varduhi Abrahamyan. La sua stagione 2016-17 si è aperta con il debutto alla Canadian Opera Company di Toronto, nei panni di Polinesso in Ariodante di Händel. Nella scorsa stagione ha interpretato Benvenuto Cellini all’Opera di Roma, Dalila (Samson et Dalila) al Palau de les Arts di Valencia (dove aveva debuttato nel 2015 in Norma e Nabucco) diretta da Roberto Abbado e Plácido Domingo, Carmen al Bolshoi di Mosca e all’Opera di Amburgo, Semiramide all’Opera di Marsiglia e alla Sala Čajkovskij di Mosca, La donna del lago al Rossini Opera Festival di Pesaro.