lunedì, 25 Novembre 2024
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Santissima Trinità del Cancelliere: la Magione di Palermo

Uno degli ultimi gioielli dell’architettura normanna realizzati in città è uno dei siti che aspira ad aggiungersi alla lista dei siti patrimonio dell'umanità Unesco italiani.

Siamo fortunati oggi a potere vedere e visitare un sito normanno quasi come doveva apparire una volta, ma non è sempre apparso così. Per giunta, nell’Ottocento la facciata che oggi ammiriamo era stata coperta da un porticato con colonne doriche, secondo lo stile neoclassico diffuso all’epoca.

La basilica viene iniziata intorno agli anni Novanta del dodicesimo secolo dall’allora Cancelliere del regno normanno Matteo d’Ajello (da cui il titolo di Trinità del Cancelliere). La gestione è affidata ai monaci Cistercensi, che occupavano il convento realizzato a fianco della chiesa. Quando al re Tancredi succede il re Enrico VI, in poco tempo questi l’affida all’Ordine dei Cavalieri Teutonici, che la nominano Mansio, che in latino indica “dimora”, ma che deriva dal verbo manēre, rimanere, tradotto quindi in italiano come Magione, praticamente l’unico nome con cui la conosciamo.

La Mansio Theutonicorum esternamente appare come una costruzione geometricamente rigida di stampo normanno, ingentilita da alcune decorazioni segno della presenza di maestranze islamiche, specie sulla zona dell’abside, ma internamente si rimane sorpresi dalla grande ariosità e verticalità della struttura, che annulla di fatto la sensazione di essere entrati in un “semplice” blocco di pietra squadrato. Tre navate che terminano in tre absidi, secondo la tradizione bizantina, e il trionfo di archi acuti, che sollevano la chiesa portando su lo sguardo al tetto in capriate lignee decorate.

Difficilmente una chiesa viene lasciata al suo stato originario, e così quando passa nel 1492 agli abati Commendatari viene arricchita di alcune sculture in marmo anche di scuola gaginesca, che tuttora troviamo, ma viene anche intonacata e modificata nel tempo verso il più ricco stile barocco dai Borboni. Esternamente nel Settecento compare un primo portico, distrutto nell’Ottocento per realizzare il citato portico con colonne di tipo dorico, che per rendere l’idea doveva somigliare un po’ a quello del vecchio Palazzo delle Finanze su Corso Vittorio Emanuele, ma con due ordini di colonne. Impensabile? Decisamente sì, eppure…

Nell’arco di poco tempo ci si rende conto che il restauro non rendeva giustizia al posto, e fortunatamente tutti gli interventi erano stati fatti coprendo la facciata originale, e tra fine Ottocento e negli anni Venti del Novecento si attua l’intervento di liberazione da tutti i rimaneggiamenti dell’intero complesso. Dopo i danneggiamenti della seconda guerra mondiale, i restauri riescono a portarci oggi l’opera quasi allo “stato normanno”, incluso il delicato chiostro ritmato da coppie di colonne binate come a Cefalù e Monreale, ma più piccolo, e che al centro presenta una vera da pozzo con scritte ebraiche (si tratta di materiale di spoglio proveniente da una tomba).

Vanno infine ricordati la cappella di Santa Cecilia, con una bifora sulla cui colonna compare un’iscrizione araba (tradotta “Allah è misericordioso”) e l’ex convento (che è stato anche Caserma dei Finanzieri nel Novecento), collegato alla chiesa per mezzo del chiostro, all’interno del quale è possibile vedere l’esito di alcuni scavi archeologici che hanno rivelato numerosi reperti di origine araba e normanna, poiché l’area della Magione sorge al confine di quella che era la cittadella araba, Al-Halisah, la Kalsa.

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