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Province: No dal Parlamento Siciliano

Bocciata la tanto voluta riforma delle Province

Palermo 8 febbraio 2024

E alla fine, presumibilmente il dato è ( visto che si è votato a scrutinio segreto) che tredici franchi tiratori nel centrodestra hanno mandato a carte e quarantotto la riforma delle Province in Sicilia. Riforma tanto cara a tutti, ma di fatto non alla maggioranza di Sala d’Ercole composta da deputati che forse temono queste fatidiche elezioni delle provincie siciliane.

Subito dopo l’appello, avviene tutto in pochi minuti: l’Assemblea regionale boccia a scrutinio segreto con 40 voti contrari , 25 favorevoli e 11 astenuti l’articolo 1 della riforma che puntava alla reintroduzione di giunte e consigli provinciali.

Certo era uno dei punti centrali del programma della giunta regionale guidata dal forzista Renato Schifani, ma ciò non è bastato affinché i partiti che la compongono, effettivamente prendessero a cuore le elezioni provinciali. All’esecutivo non è rimasto che prendere atto della clamorosa sconfitta in aula e battere in ritirata sulla legge non senza porsi delle domande sulla tenuta del Governo stesso.

Subito dopo la proclamazione del risultato della votazione da parte del Presidente dell’Assemblea Regionale Gaetano Galvagno le opposizioni si sono “scatenate” arrivando financo alle richieste di dimissioni del Governo (Cateno De Luca).

Certo il risultato ha mandato in soffitta una legge che già era stata approvata il 20 dicembre scorso in Prima Commissione Affari Istituzionali con sei voti favorevoli e un astenuto.. La proposta era stata pure favorevolmente esitata una prima volta dalla stessa commissione e successivamente anche dalla Commissione Bilancio. Insomma come è capitato spesso per tantissime leggi, una volta passate favorevolmente dalle commissioni parlamentari, l’approvazione definitiva da parte del Parlamento doveva essere scontato, una passeggiata. Tutti sembravano concordi nell’affermare che finalmente il popolo avrebbe riacquistato il diritto fondamentale, ovvero la possibilità di votare con l’elezione diretta di primo livello i propri rappresentanti. Ma così non è stato. Probabilmente potrebbero avere influito le diatribe interne di qualche partito di maggioranza accompagnate da rivendicazioni non proprio politiche che, come abbiamo più volte letto sulla stampa, impegnano anche le segreterie nazionali. Potrebbero avere influito inoltre le possibili preoccupazioni di qualche deputato che sentirebbe vacillare il proprio consenso se aprisse le porte a tanti che eletti negli organismi intermedi gli potrebbero con i voti togliere lo scranno parlamentare e infine, potrebbero avere influito i soliti malpancisti (che non mancano mai) che aspettando sulla famosa sponda del fiume per attivare la propria vendetta ne hanno assaporato il gusto pigiando il pulsante rosso del no.

Tutto ciò può essere stato, e alla fine il cocktail è stato servito per dare un brutto pomeriggio al Presidente Schifani e alla sua Giunta. Brutto pomeriggio al Governo, ma pessimo ai tanti che già fremevano per buttarsi nell’agone politico delle candidature, sia per ricoprire il ruolo di presidente che di consigliere delle nove province siciliane. Ricordiamo che per la votazione a scrutinio segreto erano stati tredici parlamentari a richiederla (ne servivano sette per regolamento), e a quanto pare oltre ai dodici dell’opposizione si è aggiunto l’on. Gianfranco Miccichè. Renato Schifani, finita la proclamazione della votazione, non si è trattenuto oltre in Parlamento ed è rientrato immediatamente a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione. Schifani sicuramente rammaricato dall’esito, ma deciso a non fermarsi e andare avanti con la sua Giunta.

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