“Il Ponte sullo Stretto favorirà quelle aree economiche del Paese troppo lontane dai centri nevralgici. Siamo favorevoli come costruttori, anche perché è una grande opera di
ingegneria. Bisognerebbe, però, dare più valore anche a tutte le infrastrutture complementari, sia quelle direttamente connesse al Ponte, sia quelle necessarie a far sì che il Ponte possa sviluppare l’economia del Mezzogiorno”.
Lo ha detto la presidente nazionale dell’Ance, Federica Brancaccio, che qualche giorno fa, a Palermo, ha incontrato il Sistema regionale delle imprese edili di Ance Sicilia, guidato da Santo Cutrone. Brancaccio ha osservato che “il Ponte avrà certamente un impatto forte sull’occupazione durante gli anni di costruzione, ma è importante l’impatto che dovrà avere una volta completato, per dare un reale ritorno a questo ingente investimento che sta facendo tutta l’Italia. Ed è importante che già ora si programmino e si realizzino tutte le infrastrutture che servono per arrivare al Ponte”.
In proposito, Brancaccio si è soffermata sul “Pnrr”, che deve essere “una grande opportunità per il Paese. Per questo non basta fare le infrastrutture, occorre anche realizzare le riforme che servono a fare camminare da solo e crescere tutto il Paese dopo il 2026. Il ‘Pnrr’ deve essere una palestra: usiamolo per fare tutte le opere necessarie, anche
quelle minori nei Comuni, ma anche le riforme, affinché l’Italia, che negli ultimi anni ha camminato troppo piano, possa invece correre”.
Ma il “Pnrr” non basta a completare la rete delle infrastrutture al Sud: “Per colmare il gap di infrastrutture fra Nord e Sud occorre recuperare decenni in cui il famoso 40% di risorse riservato al Sud non è stato rispettato. Il ‘Pnrr’ finirà, cerchiamo di usare meglio questi fondi, ma pretendiamo anche – e vogliamo sostenerle in ciò – che le nostre
amministrazioni spendano tutti i fondi europei e nazionali, obiettivo che al Sud non si riesce a raggiungere. Quest’anno faremo una battaglia, e sosterremo in ciò l’Italia in Europa, affinché dal Patto di stabilità vengano esclusi i cofinanziamenti nazionali dei programmi europei. Questo ci consentirebbe, senza sforare i limiti del Patto, di cofinanziare molti più progetti”.
A livello europeo, con particolare riferimento alla direttiva sulle “case green”, la presidente dell’Ance ha annunciato che “il presidente dei costruttori europei sarà italiano. A maggio Pietro Petrucco, attuale vicepresidente di Ance, si insedierà alla guida della Federazione dei
costruttori europei. E’ vero che sul piano normativo il ‘Superbonus’ è un capitolo chiuso, ma un riordino degli incentivi si farà e si deve fare. Quell’obiettivo al 2050 è quasi impossibile da raggiungere, ma almeno per avvicinarsi bisogna ottenere un Fondo europeo per l’ambiente, perché la transizione ecologica non è a costo zero, è una spesa che non
può ricadere tutta sui cittadini. L’Italia ha una situazione molto complessa in termini di vetustà del patrimonio immobiliare e di grande frammentazione della proprietà privata e di regole che impediscono la demolizione e ricostruzione in programmi di rigenerazione urbana. Si dovrà intervenire sul vecchio e questo sarà molto costoso”. Quanto al
“Superbonus”, Brancaccio ha rilanciato la denuncia delle imprese che, dopo la chiusura della misura, “ancora hanno crediti fiscali che non riescono a smobilizzare e a monetizzare. Continuiamo a temere grandi rischi di fallimenti e contenziosi fra condomini e imprese perché non si riesce a completare i lavori”.
E ancora, “all’Europa – ha aggiunto Brancaccio – chiediamo che vengano recepite in Italia alcune normative più avanzate per il nostro settore. Ma anche una politica comune sul fronte fiscale e su quello dei lavori extra-Ue, per il quale punteremo attraverso la Federazione a joint-ventures fra costruttori europei. Cioè, stringere alleanze perché
ci sia un’Europa veramente unita; è l’Europa, e non più solo l’Italia, che deve concorrere con il resto del mondo”.
Brancaccio ha analizzato la situazione della Sicilia: “L’Isola ha una grande tradizione nei lavori pubblici, ma è meno specializzata sugli investimenti privati, sul partenariato pubblico-privato, sulla rigenerazione urbana. Chiediamo fortemente alle Istituzioni locali, alle
Regioni e ai Comuni del Sud di andare oltre i fondi del ‘Pnrr’, che saranno sempre di meno, e di investire con tutte le fonti finanziarie possibili per trasformare le nostre città senza consumare suolo. La rigenerazione urbana, oltre a migliorare la qualità della vita di tutti
i cittadini, darebbe anche tanto lavoro al settore, che è trasversale”.
Sul tema della sicurezza nei cantieri, la presidente dell’Ance ha ricordato l’incontro di lunedì scorso a Palazzo Chigi col ministro del Lavoro, Marina Elvira Calderone: “La prima avvertenza, secondo noi, è di non adottare mai provvedimenti normativi su un tema così delicato sull’onda dell’emotività. Le regole ci sono, abbiamo chiesto più ispettori e che questi, così come avviene in altri Paesi europei, inizialmente svolgano un’attività di consulenza per accompagnare l’impresa nella cultura della sicurezza, utile a prevenire le tragedie. E’ chiaro che dopo, se si riscontrano gravi irregolarità, bisogna
intervenire con le sanzioni. Questo è un tipo di approccio nuovo che comporta un grande rafforzamento degli organici dell’Ispettorato del lavoro”.
Infine, in evidenza anche il “caro-materiali” che ha fatto saltare i conti di tante imprese: “Il decreto 50 – ha osservato Federica Brancaccio – aveva provato a risolvere il problema nel settore delle opere pubbliche riconoscendo un parziale ristoro alle imprese danneggiate: peccato che stiamo ancora aspettando i pagamenti del primo semestre 2022, mentre i ristori del 2023 sono stati erogati. Invece nel mercato privato il problema è molto più serio: non ci sono stati né una modifica normativa né un ristoro con fondi pubblici. Bisognerebbe fare valere alcuni articoli del Codice civile che già consentono di fermare i lavori se diventano troppo onerosi”.