No, non è vero che il vino si è sempre fatto nello stesso modo dalla notte dei tempi. No, non è vero che il vino contadino è meglio di quello industriale. Sì, fino a Pasteur, la riuscita del vino era affidata a buone pratiche, ma spesso senza che se ne conoscesse il senso. E ancora non è per nulla scontato che il vino naturale sia più naturale del vino trattato. I vigneti europei non hanno millenni, al massimo 200 anni. E infine sì, un buon bicchiere di vino fa bene all’umore e alle relazioni; non si può semplicemente dire che faccia bene alla salute.
Non me la bevo [Mondadori] è una coraggiosa azione di debunking, cioè un modo per sfatare miti, mode, fake e leggende che il marketing ha infilato con abilità nei calici: non un manuale noioso, ma vademecum pensato e scritto da un vero appassionato di tutto ciò che ruota intorno al vino. Michele A. Fino, professore associato all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, si sente sempre a suo agio tra cantine, processi di vinificazione, storie dei vigneti, conoscenza dei terreni e dei climi, marketing, storytelling e studi scientifici. Un volume per coloro che amano bere del buon vino – e per fortuna sono tanti – ma non si raccapezzano più tra etichette, campagne di comunicazione, antiche leggende e mode improvvise.
Michele Fino lo scorso 28 ottobre è stato ospite al bookstore Mondadori Flaccovio ad un incontro moderato da Stefano Bagnacani di cronachedigusto.it con la partecipazione del semiologo Gianfranco Marrone, professore di Semiotica della cultura e Linguaggi dell’enogastronomia all’Università di Palermo.