La Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana ha effettuato negli scorsi giorni la verifica e messa in sicurezza del cosiddetto “secondo relitto”, una nave romana di epoca imperiale, che era stata segnalata durante lo scorso mese di luglio nelle acque di Marausa (TP) dal sub Giuseppe Brascia.
Il relitto, che giace a una distanza di 100 metri dalla costa a due metri di profondità, contiene un carico formato da anfore, delle quali rimangono pochi resti, e da 13 lastre di pietra rettangolari ancora visibili, delle dimensioni di 80/90 cm per 100/130 cm, alte circa 15 cm, che quasi certamente dovevano essere utilizzate come elementi architettonici o per lavori edili.
I resti della nave, che risultavano in parte scoperti, sono stati ricoperti con un particolare tipo di tessuto e sono stati posizionati numerosi sacchi di iuta, riempiti di sabbia, per proteggere le parti più vulnerabili. Quanto al carico, la presenza del materiale rinvenuto sembra rafforzare l’ipotesi, già formulata da Sebastiano Tusa, che in epoca romana la foce del fiume Birgi fosse una sorta di porto-canale dove approdavano le navi provenienti dall’Africa per scaricare le merci e che, quindi, lì avesse sede un “emporium” dove le stesse venivano raccolte in attesa di essere trasferite alle città di destinazione.
“Il mare ci restituisce ancora una volta un relitto che contribuisce a ricostruire la ricca storia dei traffici commerciali al largo della costa di Trapani. E ancora una volta grazie alla collaborazione tra istituzioni, associazioni e e volontari – evidenzia l’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – siamo riusciti a portare a termine un’operazione delicata come la copertura di un sito archeologico che rischiava di essere depredato o di andare perduto per eventi meteo-marini. Quello dell’archeologia subacquea – sottolinea l’assessore Samonà – è un segmento molto prezioso sia sotto l’aspetto storico, perché ci consente di ricostruire i traffici e gli scambi commerciali del passato, sia come espressione di un turismo culturale che porta in Sicilia appassionati e che intendiamo valorizzare anche rafforzando la proposta legata agli itinerari sommersi”.
“La quantificazione dell’area del giacimento archeologico e la messa in sicurezza del relitto e del suo contenuto – spiega la Soprintendente del mare Valeria Li Vigni – rappresentano per noi attività importantissime perché ci consentono di delimitare e proteggere il sito in attesa di un finanziamento che possa salvaguardare e valorizzare quest’ultimo relitto ritrovato nelle acque siciliane”.
L’operazione è stata condotta dalla Soprintendenza del Mare con l’archeologo Nicolò Bruno e il coordinatore dei subacquei, Stefano Vinciguerra. Un ruolo molto importante è stato svolto dai volontari sub dell’associazione BC Sicilia: Gaetano Lino, Francesco Balistreri, Salvatore Ferrara, Alessandro Urbano, Giampiero Tomasello, Francesco Cassarino, da Francesco Torre per Sicilia Antica e da Rocco Cassarino. Le associazioni, hanno contribuito alle operazioni mettendo a disposizione anche mezzi e attrezzature subacquee e fotografiche. I volontari dell’associazione BC Sicilia hanno anche contribuito alla realizzazione del rilievo sia in modalità tradizionale che in 3D.