Con l’avvicinarsi della scadenza della proroga governativa del 31 marzo 2024, è importante riflettere sull’importanza dello Smart Working e sui benefici che offre sia alle aziende che ai lavoratori. Questo approccio agile al lavoro, ampiamente adottato durante l’emergenza sanitaria nel periodo della pandemia da Covid, ha dimostrato di essere una risorsa preziosa, soprattutto in tempi di cambiamenti rapidi e incertezza.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha precisato che lo Smart Working non è una diversa tipologia di rapporto di lavoro, bensì una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato introdotta al fine di incrementare la competitività e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
Essere in Smart Working non vuol dire semplicemente lavorare da casa, bensì lavorare per obiettivi e non più ancorando il lavoro a tempi e luoghi. Con questo sistema si pone la persona al centro di tutto che può scegliere autonomamente le modalità di lavoro più produttive per raggiungere gli obiettivi aziendali.
Per l’applicazione di questa modalità di esecuzione della prestazione di lavoro, è fondamentale che il lavoratore possa essere sganciato da una postazione fissa, con la possibilità dello stesso di scegliere, di volta in volta, lo spazio di lavoro più adatto all’attività e che abbia quelle competenze informatiche per gestire la tecnologia necessaria allo svolgimento del lavoro. Infatti, lo Smart Working è un lavoro caratterizzato dalle competenze della persona.
La condizione principale per l’accesso a questa modalità di lavoro è la sottoscrizione di un accordo individuale scritto tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Che lo Smart Working funzioni, è stato dimostrato nel periodo pandemico, durante il quale è stato garantito il raggiungimento degli obiettivi aziendali nonché sono stati resi servizi efficienti. Per le aziende è significato una sostanziale riduzione dell’assenteismo, del ricorso ad aspettative, permessi e part time, mentre per i lavoratori risparmi sia economici che di tempo, che hanno generato una riduzione dello stress e quindi un conseguente aumento della produttività.
Secondo studi autorevoli, l’adozione di un modello maturo di Smart Working da parte delle aziende o delle pubbliche amministrazioni potrebbe comportare un incremento della produttività per ogni impiegato del 15%. Inoltre, se il lavoro agile raggiungesse una percentuale del 70%, si stima che l’impatto economico sarebbe di circa 13,7 miliardi di euro in più all’anno.
Non mancano anche i vantaggi ambientali derivanti dall’impiego dello Smart Working: la riduzione degli spostamenti dei veicoli e dei mezzi pubblici si traduce in una diminuzione delle emissioni di CO2 e del traffico. Inoltre, il lavoro da casa potrebbe contribuire a evitare lo spopolamento di molti piccoli borghi e comuni che, durante la pandemia, hanno potenziato la rete internet proprio grazie allo Smart Working.
Se lo Smart Working in campo mondiale si è dimostrato un approccio vincente per le aziende e i lavoratori, il livello di consapevolezza delle aziende italiane su questo tema è ancora mediamente basso, permanendo ancora una logica associata ai classici luoghi e tempi di lavoro.
Pur essendo indubbio che per l’attuazione di queste modalità di lavoro è necessario una riorganizzazione del lavoro e uno sforzo economico che una tale riorganizzazione richiede, è altrettanto indubbio che la diffidenza a mettere in atto lo Smart Working è dovuta a ragioni esclusivamente culturali.
Secondo alcuni datori di lavoro, essere presenti in ufficio equivale a maggiore produttività in quanto il lavoratore si trova fisicamente nella sua postazione, poi se il suo rendimento è poco sopra lo zero, non importa. Il lavoratore che ha obiettivi ben definiti e un’alta percentuale di produttività in presenza, in smart working avrà la stessa percentuale se non maggiorata per via del minore stress dovuto agli spostamenti, e viceversa.
L’applicazione dello Smart Working, nonostante i vantaggi evidenti, ha fatto emergere anche alcune criticità che meritano attenzione.
Molti lavoratori hanno la difficoltà nella separazione dei tempi, ovvero faticano a distinguere i momenti dedicati al lavoro da quelli riservati alla vita privata. La mancanza di una separazione fisica tra ufficio e casa ha reso difficile staccare completamente dal lavoro.
Poi c’è la percezione di isolamento nei confronti dell’organizzazione aziendale che è un problema comune. La mancanza di interazioni con colleghi e superiori può influenzare negativamente il senso di appartenenza e la comunicazione.
Altra criticità è il cosiddetto stress tecnologico. Infatti l’utilizzo intensivo delle tecnologie digitali ha portato a un aumento dello stress. Le videochiamate, le chat e le email costanti possono essere stancanti e contribuire al senso di affaticamento.
Nonostante queste criticità, ci sentiamo di affermare che lo Smart Working ha rappresentato, in tempi di emergenza sanitaria, rappresenta e rappresenterà, un’opportunità preziosa. È auspicabile che le aziende italiane continuino su questa strada e considerare l’esperienza dell’emergenza sanitaria come un punto di partenza per una modernizzazione e una maggiore flessibilità del lavoro. Le aziende sono spesso ancorate a schemi tradizionali, ma devono cogliere l’occasione e colmare il divario rispetto ad altre realtà europee. L’adozione consapevole dello Smart Working può portare a una maggiore produttività, soddisfazione dei lavoratori e adattabilità alle sfide future.
In conclusione, lo Smart Working è un tesoro da custodire, ma richiede un approccio oculato e una costante attenzione alle esigenze dei lavoratori e dell’organizzazione.