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L’Istituto Zooprofilattico incontra i Masai, pastori africani in cerca d’aiuto – FOTO

Palermo 21.10.2016 – Il rosso e il blu sono i colori prevalenti dei loro lunghi e tradizionali mantelli, accessori caratteristici risaltano nella loro carnagione scura e rievocano terre lontane. Assumono un portamento distinto, nel momento in cui si accorgono di essere immortalati in foto e a chi li guarda rivolgono un sorriso radioso. Dallo sguardo traspare chiaramente la felicità di essere stati accolti, ma gli occhi nascondono il dramma, che affligge il loro popolo: è una delegazione del popolo Masai, che stamattina, ospitata all’interno dell’Istituto Zooprofilattico, ha lanciato un appello ad alcune Organizzazioni internazionali: «Smettete di distruggerci».

La delegazione Masai, popolo di allevatori di bestiame, che vive tra il Kenya e la Tanzania, nel corso di questo incontro con veterinari e biologi dell’Istituto, ha denunciato la morte, a partire dal 2012, di circa 500 mila bovini a causa di vaccini fraudolenti, mettendo in luce anche il disinteresse e i danni subiti da alcune organizzazioni no profit. masai3

Accompagnati da Beppe Di Giulio, consulente veterinario che vive in Tanzania, impegnato da anni nella lotta alla povertà in Africa, i pastori hanno potuto far conoscere le problematicità di sussistenza all’interno della loro comunità, dovute alla perdita di pascoli e bovini e alla diffusione della Ecf (East Coast Fever), una malattia veicolata dalle zecche, che si è diffusa tra le mucche a causa anche del cambiamento climatico.

«Siamo molto contenti di ospitare questo incontro all’interno del nostro Istituto, dove, tra l’altro, c’è un centro di rifermento mondiale per questa tipologia di malattie. – ha sottolineato il direttore sanitario dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia, Santo Caracappa – Oggi è certamente una giornata caratterizzata dall’accoglienza per un popolo che sta attraversando gravi criticità: non possiamo che mettere a disposizione i nostri esperti e i nostri laboratori per una giusta causa».

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«Alla base di questa iniziativa – ha aggiunto il direttore dell’area Diagnostica specialistica, Guido Ruggero Loria –  non ci sono delle motivazioni di carattere esclusivamente scientifico: l’Istituto, infatti, ha voluto investire anche nella cooperazione con i colleghi che operano al di fuori dell’Europa e in Africa. Non potevamo tirarci indietro nel sostenere questo popolo di allevatori, che necessita di aiuto».

«Nel corso del tempo abbiamo osservato un lungo susseguirsi di progetti portati avanti da organizzazione no profit occidentali, che volevano importare l’agricoltura in alcune zone che i Masai usano per il pascolo. – ha spiegato nello specifico Beppe Di Giulio – Il risultato è stato che gli esperimenti sono falliti e il terreno si è talmente impoverito da non essere più utilizzato dalle mandrie».

A questo problema, poi si sarebbe aggiunta la malattia Ecf, il cui vaccino sarebbe stato perfezionato e prodotto da Di Giulio. Secondo quanto sottolineato da quest’ultimo, alcune associazioni, sfruttando il fatto che  non avesse vincolato a sé la produzione, lo avrebbero a loro volta fabbricato, diffondendo un prodotto di scarsa qualità e somministrandolo in dosi non adeguate. masai2

«Alcuni organizzazioni internazionali, – ha infatti affermato – non solo non intervengono a fermare le vaccinazioni fraudolente, ma rifiutano di incontrare la comunità Masai, che chiede almeno di essere ascoltata».

I pastori, ad inizio evento, hanno voluto ringraziare il direttore sanitario Caracappa dell’ospitalità ricevuta, intraprendendo una sorta di cerimonia d’investitura e salutandolo, attraverso il dono di un bastone e di un mantello, come uomo giusto e di pace.

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