Palermo 02.12.2016 – Gino Pantaleone è un poeta e scrittore palermitano che può vantare la pubblicazione di ben cinque libri. Ha esordito nel 1996 con il libro di poesie “Urla di dentro”. Nel 1997 pubblica “Io così, se volete” e nel 2007 “Il vento occidentale” rimanendo ancora nell’ambito delle poesie. Per questi primi tre libri di esordio, Gino Pantaleone è stato premiato in diversi concorsi letterari.
Ma c’è qualcosa, l’incontro nell’agosto del 1995 con Michele Pantaleone, che cambia la vita di Gino o forse è meglio dire che cambia il modo con cui esprime la sua attività di scrittore a tal punto da passare dalla poesia, frutto di ispirazione spesso fulminea, alla prosa, frutto di lunghe ricerche e studi.
L’opera che segna l’evoluzione del nostro autore vede la luce nel 2014, “Il Gigante Controvento. Michele Pantaleone una vita contro la mafia” edito da Spazio Cultura. Il libro recentemente ha avuto un riconoscimento importante: finalista al II Premio Letterario Giornalistico “Piersanti Mattarella” è stato premiato con la targa per la sezione libri del premio stesso.
“Gigante sottovento” è stato presentato in lungo e in largo in tutta Italia, soprattutto presso luoghi istituzionali e scuole e ha dato la stura, tra le altre cose, ad una bella amicizia e collaborazione con la nota attrice Laura Efrikian, recentemente spesso ospite della nostra città per iniziative culturali e di beneficenza.
Da pochi giorni è uscito il libro edito da Dario Flaccovio “Servi disobbedienti. Leonardo Sciascia e Michele Pantaleone: vite parallele” un libro che si innesta perfettamente nel nuovo corso, nella nuova esplorazione di Gino Pantaleone.
Ma facciamo un passo indietro per capire la genesi di questa evoluzione, parlando brevemente di Michele Pantaleone prendendo spunto dalla sua biografia ufficiale: è stato uno scrittore, giornalista e politico italiano, studioso del fenomeno mafioso. Persona fortemente scomoda ai più, è stato il primo a denunciare le connivenze tra mafia e politica. Era esperto sulle dinamiche mafiose nella Sicilia a cavallo della seconda guerra mondiale. Tra le sue opere più note i libri, “Mafia e Politica” (Einaudi, 1962) e “Antimafia: occasione mancata” (Einaudi, 1969), testi di grande importanza per avere offerto una chiara definizione di cosa è la mafia.
Michele e Gino Pantaleone non erano parenti, pur portando lo stesso cognome, si instaura, però tra i due un rapporto molto stretto basato sul rispetto e sulla reciproca stima. GCPress ha incontrato Gino Pantaleone e gli ha posto alcune domande.
Nel suo ultimo libro, Servi disobbedienti, il valore culturale, politico e letterario di Leonardo Sciascia e Michele Pantaleone è egregiamente percorso e narrato dall’autore.
“Questo mio ultimo libro nasce da uno studio che ho svolto dopo aver scritto per esteso la vita di Michele Pantaleone, cercando di documentare le fandonie dette nei suoi confronti per avere detto verità contro la mafia. Mi sono studiato Leonardo Sciascia perché me lo sono imposto, mi sono dato delle scadenze e dei paletti, per essere il più obiettivo possibile. Mi sono così accorto – aggiunge Gino Pantaleone – che c’erano troppe coincidenze tra i due autori e dato che sono stati i primi ad avere scritto di mafia, dal dopoguerra ai giorni nostri, mi è sembrato giusto mettere in risalto questi sincronismi e casualità, che poi casualità non sono. Se un politico è nelle condizioni di cambiare casacca quando e come vuole, lo scrittore non lo può fare, la coerenza è disobbedienza, in quanto se sei coerente prima o poi va a cozzare contro il modello dominante.”
Perché Michele Pantaleone ha scelto lei, dandole così la possibilità di continuare la sua azione indirizzata all’affermazione della legalità?
“Io ho scelto lui per ascoltarlo, pur essendo stato sconsigliato di farlo. Di lui si diceva che non era più in grado di ragionare. Quando l’ho incontrato pensavo potesse essere la prima e l’ultima volta. Mi ero fornito di registratore e foglio per gli appunti per scrivere qualcosa. Lui inizialmente era molto guardingo in quanto aveva ricevuto una serie di telefonate anonime. Nel contempo, aveva bisogno di qualcuno con cui potere parlare perché era nel totale isolamento e ormai scriveva soltanto per un giornale delle Madonie, L’Obiettivo, il cui direttore è Ignazio Maiorana. L’isolamento è il destino di chi è scomodo, ricordo che nel 1987 lo storico e sociologo catanese Mario Grasso ha scritto il libro ‘Michele Pantaleone personaggio scomodo’. Tornando alla domanda, – prosegue Gino Pantaleone – in me ha visto la persona con la quale potere condividere il suo passato, voleva capire attraverso me, che comunque già scrivevo, in che cosa lui avesse sbagliato. Da quel momento devo dire, che andavo un giorno si e un giorno no, a casa sua. Michele Pantaleone è arrivato al punto di chiedermi di scrivere qualcosa su di lui, non ci sono riuscito mentre lui era in vita, ma soltanto dodici anni dopo, perché ero troppo addolorato.”
Nei suoi ultimi due libri lei parla di fatti importanti quali i fenomeni di criminalità mafiosa, partendo da importanti personaggi che non vivono più. Ci sembra di capire che nella sua attività di scrittore lei riponga una fondamentale importanza alle funzioni di preservazione dall’oblio e di conservazione della memoria, affidati ai libri in generale.
“I due libri sono a mio avviso la condensazione di due fatti storici che se non ci fossero questi due volumi, si disperderebbero nel tempo. Il Gigante controvento è la condensazione dei fatti reali che sono successi nella vita di Michele Pantaleone dalla sua nascita fino alla sua morte, togliendo di mezzo tutte le oscure menzogne che sono state dette nei suoi confronti. Il secondo libro, Servi disobbedienti, è rivolto ad entrambi: condensa e sincronizza i due personaggi, che avevano lo stesso obiettivo, il ripudio delle criminalità con metodi, stili e generi diversi. Di entrambi dico che hanno preso a pugni ai fianchi la mafia e scoperto ciò che della mafia non si conosceva”.
Molti cittadini italiani si chiedono perché lo stato non riesce a controbattere e debellare in maniera efficace e definitiva organizzazioni criminali come la mafia, la camorra e ‘ndrangheta, così come fece a suo tempo contro organizzazioni di tipo eversivo come le brigate rosse?
“A questa domanda sia Michele Pantaleone che Leonardo Sciascia si sono dati una risposta. La differenza sta nell’obiettivo finale: quello delle brigate rosse era quello di sconvolgere il potere, fare una rivoluzione per abbattere quel sistema per farne totalmente un’altro. La mafia invece è più qualcosa che ha a che fare dal punto della segretezza con la massoneria, con quelle forme di superamento di alcune prove per entrare in quel gruppo. L’obiettivo finale della mafia è l’accumulazione della ricchezza. Sempre di violenza si tratta, ma gli obiettivi sono totalmente diversi. Pantaleone e Sciascia hanno dato entrambi una definizione straordinaria della mafia, cosa che metto in evidenza nel libro.”
I suoi libri hanno una funzione pedagogica e sociale. Quanto pensa possano influenzare la lettura di questi, immaginando per un attimo che possa finire tra le mani di un giovane che vive all’interno di una cultura mafiosa?
“Qualche anno fa quando mi trovavo in un’altra scuola di Palermo, un collaboratore scolastico che sapeva del fatto che avevo scritto un libro contro la mafia, veniva dentro l’aula vuota insieme ad un’altra persona e si raccontavano cosa avevano fatto in cella per farmi sentire i loro fatti: le minacce, le situazioni al di fuori della legalità. Io sono rimasto nella mia posizione ignorandoli ed il fatto che non ho posto domande ha creato qualche irritazione in più. Il messaggio era quello di farmi conoscere la loro realtà. Tornando alla domanda – continua Gino Pantaleone – anche il giudice Borsellino diceva che per capire la legalità ci vuole cultura, conoscenza. Ci vuole capire che se io faccio una illegalità a chi faccio danno? Non solo al poliziotto, al finanziere o allo stato, ma anche a chi mi sta accanto, al cittadino che tutti i giorni posso incontrare: è una sorta di andare contro e basta. Per questa funzione di divulgazione della cultura e della conoscenza, sono particolarmente felice quando, in occasione di incontri culturali con le scuole, vengono letti alcuni brani tratti dai miei libri”
La conversazione con Gino Pantaleone termina qua, ma abbiamo l’impressione che si potrebbe parlare per ore con lui, sia per la grande mole di lavoro svolto per la pubblicazione degli ultimi due libri sia per la vastità dell’argomento che coinvolgente trasversalmente e durante un lungo arco di tempo tutti i cittadini.
Il libro “Servi disobbedienti” Dario Flaccovio Editore è stato presentato per la prima volta il 24 novembre scorso, a Palermo presso la sede dell’editore la settimana scorsa. Erano presenti il Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, la giornalista RAI Tiziana Martorana e lo storico sicilianista Nino Cangemi, che hanno dissertato sul libro e su vari temi della legalità al cospetto di un numeroso pubblico.