Palermo, 08.02.107 – In una città ovattata dalle luci tenui di una mattina invernale la puoi incontrare discreta e rispettosa, come è nel suo carattere, attratta dalle librerie e da tutto ciò che le può permettere di elaborare un pensiero pronto da essere trasferito su carta. Passo felpato e sensi acuiti, si cala perfettamente nella magnificenza dei tanti monumenti che affollano il centro storico di Palermo. Scrittrice attenta, osservatrice dei fatti che la circondano, ha già fatto parlare di se grazie alla sua produzione letteraria; stiamo parlando di Teresa Gammauta, palermitana, alla quale abbiamo dedicato le classiche cinque domande per potere conoscere meglio lei e il risultato della sua passione nel campo letterario.
Dalla sua biografia si evince che lei è una divoratrice di libri, mi dicono che la sua biblioteca ne conti oltre 7.000. Oggi è lei a scrivere: cosa ha rappresentato questa importante esperienza di lettura e come si sente cambiata ogni volta che termina di leggere un nuovo libro?
“La mia passione per la lettura nasce durante l’infanzia. Figlia unica, ero una bambina molto timida e introversa e in un certo senso malata di solitudine, di quella particolare solitudine che i figli unici conoscono bene. In seconda elementare la mia maestra mi regalò ‘Pollyanna’ e posso davvero affermare che questo ha cambiato la mia vita, non soltanto facendomi scoprire l’universo sconfinato della lettura, ma anche influenzando il mio modo di affrontare la realtà. I libri sono diventati un efficace surrogato di tutto ciò che mi mancava. Sono stata da subito una lettrice compulsiva e devo ringraziare mia madre per aver sempre assecondato questa mia passione, che tra l’altro condivideva. Leggere riempiva molti vuoti, mi consentiva di estraniarmi e di vivere esperienze che altrimenti mi sarebbero state precluse. Parafrasando Amélie Nothomb, posso affermare che leggere significava per me essenzialmente essere ‘altrove’ e spesso anche altro da me stessa. Dalla lettura alla scrittura il passo è stato quasi inevitabile. Ho scoperto che scrivere mi piaceva quanto leggere e che mettere insieme le parole, scoprire in esse ritmi e sonorità e significati ancora inespressi era appagante più di ogni altra cosa. In effetti non credo di aver desiderato altro nella mia vita che fare la scrittrice anche se solo in età adulta ho deciso di mettermi davvero in gioco.
Il suo libro “Isole”, Milena Edizioni, racconta di una donna che in età matura decide di cambiare vita. Inizia così
un viaggio introspettivo che passa attraverso il cambiamento. Pertanto possiamo dire che l’introspezione nel suo libro assume un carattere rilevante e nella vita in generale che importanza ha?
“Mi è stato spesso chiesto se Isole, fosse un romanzo anche solo in parte autobiografico, viste le superficiali affinità con Paola, la protagonista. Ho sempre risposto divertita che in realtà il personaggio al quale sentivo più di somigliare era Andrea, l’uomo che Paola incontra sull’isola e di cui finisce per innamorarsi. In verità l’unica nota autenticamente autobiografica del libro è la carica introspettiva, costante basilare nella mia vita e aspetto fondamentale della mia personalità. Io sono ossessionata dal bisogno di capire e analizzare ogni cosa che accade dentro e fuori di me e proprio da questo bisogno è nato quello di scrivere. Isole è un romanzo di introspezione e non poteva essere altrimenti. Le isole del titolo sono i luoghi reali e insieme dell’anima di un viaggio che porta la protagonista alla definitiva scoperta di sé, oltre le sovrastrutture e gli orpelli imposti dal ruolo che lei stessa si era data. Anche la storia d’amore ha una funzione epifanica. L’incontro con quest’uomo, inatteso e per molti versi devastante, sarà lo scandaglio che le consentirà di conoscersi e giungere ad una definitiva consapevolezza”.
Avendo letto il suo libro, la cui protagonista è Paola, viene spontanea una domanda: che importanza dà alla
capacità delle persone di migliorare, di sapere affrontare i cambiamenti, di sapere dare una svolta alla propria vita?
“Banalmente penso che cambiare sia l’unica vera costante della nostra esistenza. Tutto cambia, sempre e comunque, sia che noi lo vogliamo o no e accettarlo è il primo passo verso la crescita, inevitabile e necessaria. Se riflettiamo, la cosa più bella è il senso di eternità del tutto che si prova durante l’infanzia. Si cresce nel momento stesso in cui ci si rende conto che invece la vita è dominata dal cambiamento. È una consapevolezza dolorosa ma imprescindibile, capire e accettare il fatto che nulla resti mai uguale rende più semplice accettare le trasformazioni continue della realtà e di noi stessi, anche quelle meno piacevoli come il declino fisico o la fine dei rapporti umani. Del resto i cambiamenti possono anche essere positivi e consentire la realizzazione di sogni e aspettative”.
Buon sangue non mente normalmente si dice e spesso succede pure. Lei ha due figlie, Alessia e Federica, che hanno cominciato a scrivere con discreto successo e poi suo marito, Maurizio Lo Bianco, che si diletta a scattare fotografie soprattutto della nostra bella Palermo. Insomma una famiglia all’interno della quale la sensibilità artistica è molto presente.
“Non so se c’entri il sangue o il fatto che sin da piccole le mie figlie si siano trovate a vivere in una casa in cui i libri e le fotografie erano l’elemento dominante. Se cresci con una madre che passa ogni momento libero, e non solo, a leggere è inevitabile che prima o poi ti venga la curiosità di scoprire cosa ci sia di interessante nei libri. Lo spirito di emulazione, specie nei confronti dei genitori, è molto forte nei bambini che tendono ad imitare in tutto e per tutto gli adulti che hanno un ruolo nella loro vita. Certo poteva anche succedere che trovassero la lettura noiosa e preferissero altri passatempi ma per fortuna, spinte da ottime insegnanti alle elementari e alle medie, sono ben presto diventate autentiche divoratrici di libri, persino più di me. La più grande ha iniziato molto presto, prima dei vent’anni, anche a scrivere. Ha vinto concorsi e pubblicato in digitale e cartaceo e devo dire con discreto successo. Anche la piccola aveva cominciato già dall’adolescenza a scrivere racconti e poesie ma si era ben guardata dal rivelarlo sino a due anni fa quando, insieme alla sorella, ha deciso di partecipare ad un concorso letterario, indetto dalla Casa Editrice Leima. Hanno vinto entrambe, anche se in categorie differenti, e per me è stata in assoluto l’emozione più grande che abbia mai vissuto. Quanto al loro padre appassionato fotografo amatoriale ama definirsi la ‘capra ignorante’ della famiglia anche se è più che evidente che una grande bravura come la sua derivi da una sensibilità artistica incompatibile con l’ignoranza.”
Ci parli dei suoi dei suoi progetti futuri.
“Ho finalmente deciso che da grande voglio fare la scrittrice. Sto terminando la revisione del mio secondo romanzo del quale vi anticipo solo che sarà diverso da Isole, più corale e incentrato su un ritorno e non una fuga. Ho già iniziato anche il terzo, un noir ambientato in una Palermo invernale molto cupa e dai colori insolitamente nordici. Di recente sono arrivata tra i sei finalisti della seconda edizione del concorso di monologhi teatrali ‘Monologando’ indetto dall’AtaTeatroPadova, con ‘Il cappello’, il cui vincitore sarà proclamato il 25 di febbraio. A breve uscirà inoltre il docufilm “L’Ultimo Sorriso” sulla vita di Padre Giuseppe Puglisi della regista palermitana Rosalinda Ferrante per il quale ho scritto i monologhi inseriti nella sceneggiatura. Tra i miei progetti più immediati c’è anche la biografia del caporal maggiore Rosario Ponziano caduto in Afghanistan nel 2009, uno splendido ragazzo palermitano rimasto nel cuore non solo dei familiari ma di una straordinaria quantità di amici e conoscenti”.