Solo il silenzio, per adesso, ci appare più equilibrato da qui e accompagna il velo nero calato sopra la Tour Eiffel. Nel momento dello sgomento anche le analisi, che non soppesano la consistenza delle parole e il loro pubblico effetto, possono apparire fredda sostanza e produrre sterile retorica. Dopo la notte di buio dell’umanità, stanotte a Parigi, consegniamo come rubrica Letter@rea, e Redazione tutta, la nostra solidalidarieta a chi oggi piange attraverso il soffio delicato dei versi di una poesia del premio nobel Wislawa Szymborska.
Poteva accadere.
Doveva accadere.
È accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come “mi batte forte il tuo cuore”.