Palermo – Grazie alla lungimiranza ed alla passione per i libri di Nicola Macaione e Gino Pantaleone, la nostra città si è fregiata del piacere di ospitare per qualche giorno l’attrice, conduttrice televisiva e filantropa Laura Efrikian, conosciuta anche per essere stata la moglie di Gianni Morandi al quale ha donato due figli Marco e Marianna.
Un tour de force palermitano che ha visto Laura Efrikian impegnata su diversi fronti nella sua opera di divulgazione e raccolta fondi per le popolazioni africane meno fortunate.
L’abbiamo incontrata all’interno di Spazio Cultura, in qualità di ospite d’onore, in occasione della presentazione di due libri contemporaneamente: C’é tempo. Storie che non scadono di Marco Pomar e Mulini di cemento di Simona Zarcone.
“La curiosità è la molla per fare qualsiasi cosa”, ha dichiarato in una sua recente intervista durante una delle sue innumerevoli iniziative benefiche. Ci spieghi meglio questo concetto:
“L’ho detto e lo penso. La curiosità è alla base dell’intelligenza – ci dice Laura Efrikian – o meglio chi è intelligente non può non essere anche curioso perché la conoscenza si ha attraverso la curiosità e alla voglia di conoscere e di esplorare”
Fare beneficienza fa molto bene sia a chi la riceve ma anche a chi la fa: “Intanto vorrei dire una cosa: io non parlo mai di carità e beneficienza. Sono due parole che mi fanno antipatia soprattutto quando riguardano il mio impegno in Africa, perché considero di essere io, Europea, debitrice verso queste persone e mi sento in colpa perché nella loro terra gli italiani stessi vanno a costruire monumenti incredibili ed inutili. Noi come europei da centinaia di anni abbiamo depredato l’Africa. Io vado a rendere giustizia a qualche ingiustizia che è stata fatta. Io non faccio nulla di particolare semplicemente vado a farmi perdonare.”
Se vogliamo utilizzare un termine, un aggettivo che possa connotare ciò che lei fa?
“Ciò che io faccio lo definerei vicinanza verso questi popoli. Peraltro il mio amore verso l’Africa è assolutamente casuale e parte da un viaggio di piacere che ho fatto in Africa. Da lì è nato questo coinvolgimento ed innamoramento. Faccio questo esempio, chi va in una bella città, a Venezia per esempio, va per vedere le bellezze architettoniche che normalmente si concentrano nei centri storici. Ma se qualcuno va a vedere i
dentro i vicoli delle città, troverà anche la miseria, la povertà ed i problemi delle persone che ci vivono. Io sono stata catturata dalla bellezza dell’Africa: i baobab, le giraffe, i rinoceronti la natura maestosa. Ma non mi sono fermata a questo, ho visto anche i problemi di sopravvivenza e così ho deciso che dovevo intervenire”.
Lei ha affermato che con l’età il cuore diventa più tenero: “Si è vero! Sono stata una ragazza molto determinata, molto tosta in termini moderni”.
Immagini di essere nella testa dei bambini che lei aiuta. Come la percepiscono, come la vedono “Credo che mi vedano bene. Subito sorridono e mi si buttano subito addosso tra le braccia. Ma prima che loro si avvicinano a me sono io che sorrido loro in uno scambio solidale di sentimenti. Il mio obiettivo oggi è quello di tenere aperto tutto l’anno un centro di accoglienza in Kenia, per 115 bambini garantendo loro il cibo e le maestre”.
In un’ottica di aiuto per i meno fortunati il bene certamente è un fatto universale che può essere elargito in qualsiasi parte del mondo.
Ma tornando al concetto della curiosità, che certamente ha permesso tutto ciò, chiediamo a Gino Pantaleone scrittore, autore del libro “Il gigante controvento” che sta portando con successo, in giro in tutta Italia, un suo parere: “La curiosità di tipo culturale, a mio avviso, è la ragion d’essere di uno scrittore, di un letterato, di una qualsiasi persona che sia essa “poeta nella scrittura” o che sia essa “poeta nella vita”. Essere curiosi, in questo caso, non significa essere dei “ficcanaso”, significa essere predisposti o nelle condizioni di poter colmare dei vuoti culturali, storici che ci fanno proseguire nei nostri ragionamenti. Io non sapevo inizialmente a Spoleto cosa facesse oggi Laura nella vita; l’ho saputo soltanto dopo, ma il suo sguardo, la sua umiltà, il suo carisma mi hanno reso curioso di sapere. Ma lì stesso, a Spoleto, ci siamo promessi di rivederci a Palermo perché Laura è “poeta della vita”, anch’essa con le stesse curiosità di conoscere l’animo umano in tutte le sue profondità. Ecco perché è stata fulminata dall’Africa, da quel villaggio, da quella popolazione, da quei bambini.”
La solidarietà di Laura Efrikian ha un carattere internazionale. Che tipo di relazione può intercorrere con la realtà di Palermo, dove una parte della popolazione soffre anch’essa di problemi legati al sostentamento quotidiano?
“La Sicilia, le sue città, Palermo, i palermitani soffrono per diversi aspetti una condizione di indigenza rispetto al resto del mondo occidentale; manca il lavoro e spesso i giovani, ancora oggi, sono costretti ad andarsene via ma il palermitano, con tutti i suoi altri difetti, ha il pregio della condivisione, della compassione, dell’ospitalità senza barriere e nonostante tutto. Ecco – prosegue Gino Pantaleone – perché qui Laura Efrikian non avrebbe mai potuto non trovare terreno fertile per il suo straordinario progetto: Laura oggi è quel villaggio sperduto del Kenya, Mabrui e i suoi bimbi sono sempre lì che l’aspettano”.