domenica, 24 Novembre 2024
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“L’arte nobilita i popoli e li rende liberi”

Con questa frase voglio colpire il vostro immaginario affinché leggiate questo mio articolo, che racconta la mia personale avventura nel mondo dell’arte.

In questi giorni ho intensificato la pubblicazione sui social delle mie, cosiddette, opere d’arte e qualche mio estimatore mi ha chiesto: “hai cambiato stile?”

Diciamo che rispondere a questa semplice domanda non è stato facile, ho dovuto riflettere a lungo.

Ma prima di rispondere alla domanda, vediamo cos’è l’arte in breve. Sul web ho trovato questa descrizione che condivido in pieno: «L’arte nel suo significato più ampio comprende ogni attività – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza».

Adesso posso scrivere cosa ho risposto: “Sono sempre alla ricerca di un qualcosa che ancora non sono riuscito a trovare, quindi sperimento. Sperimento tecniche diverse, materiali diversi, studio e interagisco con il mio intelletto, le idee non mi mancano. Mi sento ancora incompleto, non soddisfatto di ciò che dipingo, quindi rifletto, mi metto davanti una tela, un foglio etc. mi preparo il materiale da utilizzare, certo parto da un’idea ma il risultato finale non è mai quello da cui l’idea era partita. Infatti appena finita l’opera mi chiedo sempre. “Mi piace?”

Secondo voi come mi rispondo? “No, non mi piace”. Ebbene sì, in un primo momento non rimango convinto di quello che ho appena terminato. Poi piano piano riguardandola mi convinco che in effetti qualcosa ho realizzato, bella o non bella (per me, naturalmente) è un qualcosa che è scaturito dalla mia mente e dalle mie mani.

Ma il mio percorso artistico qual è stato? Già dall’infanzia mi dilettavo a tracciare con la matita degli scorci panoramici, a scuola stimolato dal maestro, utilizzavo le matite colorate e l’acquerello. Il risultato finale era discreto, tanto è vero che un mio album di disegno scolastico contenente alcune mie realizzazioni il maestro non me lo ha più restituito. Poi ho proseguito approfondendo le tecniche del bianco e nero inserendo le sfumature. Poi ho proseguito con i primi tentativi di tracciare le ombre, anche se ancora non sapevo a quali leggi della natura tutto ciò corrispondesse. Intanto, studiavo i grandi artisti del passato. Artisti che secondo me non saranno mai superati, non mi so spiegare il perché di questa mia convinzione, ma vi immaginate oggi un Giotto, un Michelangelo, Van Gogh, Caravaggio etc, etc. impensabile.

In seguito ho abbandonato il disegno. Qualcosa ho prodotto quando frequentavo l’università, in primis il disegno geometrico e le regole, successivamente mi sono sbizzarrito a disegnare dal vivo, monumenti, paesaggi che dovevo analizzare per sostenere alcuni esami. Poi il nulla cosmico. Il vuoto più assoluto.

Riprendo a dipingere dopo i 50 anni, “folgorato sulla via di Damasco”. Scherzo naturalmente, scopro i colori acrilici, che rispetto ai colori ad acquerello danno un tantino in più di resa e poi che dire sulle sfumature che si riescono a fare con questo tipo di colori, sono favolose. La prima opera con i colori acrilici è stato un quadro enorme. Cosa rappresenta questa prima realizzazione? Semplicemente una grande ragnatela dove ogni rombo e dipinto con colori diversi e tenui a sfumare.

In seguito, allettato e stimolato dalla pittura che realizzava un mio collega universitario. Faccio le dovute ricerche e riscopro Pollok e la sua pittura denominata ‘Action Painting’ letteralmente pittura d’azione. Uno stile di pittura nel quale il colore viene fatto gocciolare (drip) spontaneamente, lanciato o macchiato sulle tele, invece di essere applicato con attenzione.

Detto fatto. Compro la tela a metraggio, compro i colori, vernici lucide in prevalenza, compro i pennelli di tutte le misure e compro il legno per realizzare il telaio. Posiziono la tela confezionata rigorosamente a terra, dispongo i barattoli delle vernici intorno alla tela, immergo per ciascun colore un pennello dentro la latta, chiudo gli occhi e comincio una danza tipo tribale intorno alla tela.

Prendo i pennelli e comincio a far gocciolare i colori sulla tela, con i pennelli intrisi di colore compio dei ghirigori, schizzo con rabbia i colori e tanto altro ancora che non vi so descrivere tanto ero preso da questa forza interiore che mi aveva pervaso. Non vi so dire quanto il tutto è durato, so soltanto che credo di essere andato in trance, piano piano mi riprendo e cosa vedo?

Vedo un qualcosa di inimmaginabile prima di iniziare la sua realizzazione, ma cosa ne era venuto fuori? Un susseguirsi di colori che si intersecano, che si amalgamano, che si compenetrano, insomma un qualcosa che non si può spiegare con le sole parole. Non vi posso descrivere la sensazione che ho provato nel vedere il quadro finito. È una sensazione ultra sensoriale, inebriante, la felicità che si prova è infinita. Il bello di questo tipo di quadri è che ognuno di noi ci vede quello che ci vuol vedere, quei colori, quei ghirigori stimolano in ciascuno di noi delle sensazioni diverse.

Dopo il primo quadro realizzato con questa tecnica, naturalmente ne ho fatto altri, però mettendo qualcosa di mio in più rispetto a quello che aveva inventato Pollock. Ho aggiunto l’uso degli spray, la sabbia e le pietrine colorate e tanti altri materiali.

In seguito mi sono prodigato a sperimento l’uso dei fiori immersi nei colori e sovrapposti a lasciare la loro impronta sulla tela e, anche poggiati sulla tela e subito dopo spruzzati con gli spray di vernice acrilica. Il risultato è molto piacevole.

Successivamente ho cominciato ad usare le dita per dipingere oltre ai pennelli e agli spray, anche qui i risultati sono stati gradevoli.

A questo punto, un mio caro amico, pittore extra fine, che dipinge con uno stile tutto suo e con colori vivaci nelle sue opere predilige mettere in risalto i nostri scorci panoramici e le nostre emergenze architettoniche, mi dice: “caro Pippo, dovresti deciderti, su quale stile vuoi rimanere, continuando a dipingere con stili diversi non hai una tua identità precisa. Un pittore viene riconosciuto per il suo stile, stile che non possono essere vari”.

Questo suo consiglio mi ha fatto riflettere molto, e debbo dire che sono entrato in crisi. In un primo momento ho voluto tentare di assecondare il suo suggerimento, perché a volerci riflettere in effetti aveva ragione. Ma uno spirito libero come me sarebbe rimasto fedele a questo pensiero?

Allora cosa faccio? Cerco di dipingere dando una impronta ben definita alle mie realizzazioni. Ma entro in crisi, non mi ci ritrovo e allora che faccio? Mi fermo qui? No! Naturalmente quel mio bisogno di cercare nuove tecniche non si sopisce mai e allora cosa mi invento? Il nuovo stimolo me lo fornisce una mia collega, che mi chiede ma tu realizzi solo quadri astratti? La mia risposta naturalmente è stata in un primo momento di “si”.

Poi riflettendoci e per voler dimostrare a me stesso che non avevo perso la manualità, mi cimento nella nuova avventura – provare se sono ancora in grado di usare l’arte grafica vero e propria. Ma questa volta cosa uso oltre alle matite più o meno grasse? Le penne di china. Penne che ai tempi dell’università avevo già usato, naturalmente con il tempo trascorso i pennini si sono evoluti. Quindi ri-comincio ad usare la manualità, il risultato non mi ha deluso, anzi. Ho provato a me stesso che ancora sapevo realizzare quadri realistici.

Proseguendo sul cammino delle matite e della china, torno ad usare i pennelli per realizzare quadri a prevalente tema paesaggistico. Realizzo anche opere rielaborate di pittori famosi. Poi successivamente in questo tipo di quadri inserisco delle mie prose, che, naturalmente, si ispirano all’opera realizzata dentro gli stessi quadri.

Recentemente, per non annoiarvi troppo cosa mi invento? Un altro stile? Un altro uso di materiali diversi da quelli utilizzati prima?

Ebbene sì. Scopro i colori fosforescenti e i colori glitterati e li comincio a sperimentare. Questi colori conquistano il mio io e li comincio a usare per realizzare opere. Risultato? Fantastico mi intriga assai, assai, e scopro che al mio pubblico di aficionados piacciono, peccato che in foto non rendono come a vederli dal vivo.

Mi fermerò qui?

Ma manco per idea, la costante ricerca continuerà. Diceva qualcuno: “Chi si ferma è perduto”. E io non mi voglio perdere, continuerò a cercare nuovi materiali e nuove tecniche che soddisfino sempre di più il mio io.

Spero di non avervi annoiato.

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