Vi siete mai chiesti perché via Libertà si chiami così? E di quale libertà si parla? Andiamo indietro al Regno delle Due Sicilie, quando Palermo era sotto la dominazione borbonica. I cittadini non godevano di particolari diritti e sembravano non essere tanto amati dai governanti, cosa che generò diverse rivolte, e ad ogni rivolta si tentava di cambiare le regole imposte. Allora la città era quasi del tutto chiusa dalle mura cinquecentesche, che per così dire rappresentavano l’idea della città ordinata, limitata e, soprattutto, controllata. Quale idea migliore che sfidare il Governo con la realizzazione di una strada che uscisse fuori, dritta verso la distesa delle campagne?
Così si era provato a fare durante le rivolte del 1812 e del 1821, ma vi si riuscì finalmente nel 1848. Dopo la rivolta di gennaio, il governo rivoluzionario diede il via ai lavori della Strada della Libertà, dando un impiego a tantissimi cittadini. Simbolicamente la strada rappresentava la fuga verso la libertà, senza quegli schemi preordinati che andavano seguiti dentro le mura. L’anno successivo, col ritorno di Ferdinando II di Borbone al governo, i lavori proseguirono nel nome di Strada della Favorita, visto che questa era orientata verso l’omonima tenuta.
Si iniziò dai vicini Quattro Canti di Campagna, ossia la Piazza Regalmici, incrocio tra le vie Ruggero Settimo e Mariano Stabile, fino al Reclusorio delle Croci (attuale piazza Croci). La parte più antica di questa lunga strada è infatti riconoscibile per le sue tre corsie. Fu arricchita da piante e panchine, e terminava con un giardino “all’inglese”, quello che ancora oggi chiamiamo in questo modo.
Il giardino era alla fine della strada e, per i Borboni, rappresentava anche la fine del sogno di indipendenza palermitano. Dopo l’Unità nazionale, però, la strada fu proseguita con il nome di viale della Libertà fino all’attuale via Lazio, e la sua importanza venne enfatizzata dalla scelta di costruirvi il Teatro Politeama Garibaldi, dalla sua designazione a sede dei padiglioni dell’Esposizione Nazionale del 1891-92, mentre intanto sorgevano eleganti palazzetti alternati a giardini.
Nel Novecento si realizza la piazza Vittorio Veneto e si continua a costruire nelle zone intorno, che fino ad allora erano piena campagna, definendo irreversibilmente la direzione di espansione della città. Dopo gli anni Cinquanta si realizzano alti condomini e vengono abbattuti molti dei primi palazzi per sfruttare meglio i terreni, e anche se ne viene modificata l’immagine complessiva, rimane l’area più prestigiosa in assoluto della città.
La zona era interamente residenziale, e solo qualche decennio fa sono stati trasformati i piani terra degli edifici in spazi commerciali, tutt’ora i più eleganti e raffinati e i più ambiti.
Ormai ritenuta parte integrante del centro città, è rimasta sede privilegiata di passeggiate, insieme alle vie Ruggero Settimo e Maqueda di cui è l’estensione, per tutti coloro che amano vivere la Palermo storica e splendida, nel suo lungo viale d’indipendenza.