Smanettando sul web, e in particolare su facebucche (come lo chiamo io), tra le tante cose che ho letto, quella che mi ha colpito di più è stato un articolo pubblicato su un noto quotidiano nazionale che, una signora aveva condiviso sulla sua pagina. Articolo, che affrontava il problema Coronavirus e Fase 2, il dopo il 4 maggio, e più precisamente cosa ci potevamo aspettare ovvero cosa sarebbe successo da questa fatidica data in poi.
Il titolo mi ha intrigato ed ho prima cominciato a leggere l’articolo e poi i commenti degli amici della signora che mi sono sembrati assolutamente più interessanti dell’articolo stesso.
Tra i commenti quello che mi ha più impressionato è stato quello di una amica che, le rispondeva “per me non cambierà nulla, conosco bene i miei polli (si riferiva chiaramente ai concittadini italici) dal 4 maggio in poi ci sarà il cosiddetto libera tutti, la gente non ha capito nulla, e dopo questa quarantena forzata non vede l’ora di ritornare alle abitudini di prima, quindi prevedo, spero di sbagliarmi, che i contagi aumenteranno e ci sarà nuovamente una chiusura delle uscite a tempo indeterminato. Io non esco, anche perché ho paura, oramai mi sono abituata a stare con mio marito a casa”.
La risposta dell’amica è stata: “cara, guarda che così facendo ti disabitui all’uscita da casa e quindi di tornare lentamente alle vecchie abitudini, si deve uscire con tutte le cautele del caso, guarda che questo tuo comportamento, l’ho letto proprio ieri, viene definito – sindrome della capanna -, ti devi sforzare e devi assolutamente uscire anche per una breve passeggiata, ma devi uscire, se no vai in depressione e poi sono augelli amari”.
Riflettendo su quanto si erano scambiate le due amiche, mi sono rivisto nel comportamento dell’amica che non vuole più uscire e quindi non sapendo cosa significasse “sindrome della capanna” ho fatto una rapida consultazione, sempre sul web aiutato da san Google protettore degli ignoranti, su cosa fosse questa sindrome di cui non avevo mai sentito parlare.
In sintesi ecco cosa ho trovato: La “sindrome della capanna” o “sindrome del prigioniero” è la paura di tornare a uscire dopo il lungo lockdown. Dopo essersi abituati a stare al sicuro in casa si percepisce come ansiogena la realtà esterna. Per superarla serve gradualità e piccoli cambiamenti quotidiani. La sindrome della capanna viene dagli Usa e serviva ad indicare quello stato di disadattamento provato da alcune popolazioni costrette alla serrata a causa del rigido inverno. Con il giungere della bella stagione, venivano colti da un senso di inadeguatezza e da una mancanza di volontà di riaprirsi verso l’esterno.
Cacchio ma questi sono proprio i miei sintomi, mi debbo preoccupare? Mi dissi, e continuai a riflettere. Ma come, ho atteso per mesi di tornare ad avere quella libertà che per tanto tempo ci è stata negata, e quando la situazione dovrebbe in un certo modo cominciare a tornare alla normalità, reagisco così?
Non voglio assolutamente uscire, mi viene voglia di restare nascosto in casa. Insomma il ritorno alla normalità forse, nella mia testa, non è tanto gradito. La paura di ritornare alla vita frenetica di prima mi terrorizza. Ho gustato quanto è bello stare chiuso tra le mura domestiche, il mio bel rifugio.
A questo punto ho continuato la ricerca sulle conseguenze di questa sindrome. Leggo che, ci sono diversi fattori che entrano in gioco e alimentano la voglia di rimanere tra le mura di casa. Innanzitutto, il rifiutarsi di vedere o accettare che il mondo esterno non è più lo stesso, che quello che prima era la normalità, ora non lo è più.
Mi dicono che fuori è cambiato tutto, quelle strade vuote, i negozi chiusi, i volti delle persone costantemente coperti dalle mascherine, tutto questo potrebbe spaventarci.
Continuando a leggere scopro che, la paura, la vergogna, l’ansia, l’alternanza di stati d’animo, o ancora l’apatia, la depressione sono tutti sintomi che in questo periodo possono essere sperimentati, e che alla lunga potrebbero, quando tutto questo sarà finito, avere degli strascichi.
Il post-coronavirus potrebbe scatenare, nelle persone più fragili, tristezza, rabbia, irritabilità, e conseguentemente problemi di sonno, fobie, panico, disturbi dell’umore. Non tutte le persone sono in grado di affrontare con equilibrio un momento così incerto, come quello che si prospetta. L’incertezza verso il futuro, può infatti destabilizzarci eccessivamente facendoci sentire vulnerabili e il mondo potrebbe cominciare a farci paura.
Bedda matri, proprio quello che provo io, mi debbo cominciare a preoccupare seriamente?
Leggo sempre, ma quanto cacchio leggo (chistu si chiama, dalle mie parti, u malu chiffari) che in questi casi ci vuole un sostegno psicologico, perché la cosa potrebbe essere molto seria ed avere degli strascichi sulla psiche, destabilizzanti per la persona.
Rifletto, meno male che in famiglia c’è chi mi può dare il supporto psicologico, almeno i soldini che ho speso per farla studiare serviranno, finalmente a qualcosa. Vi state chiedendo chi è che mi può aiutare in famiglia? Ma mia figlia naturalmente, si è laureata proprio in questa materia e ha fatto dei corsi di approfondimento e dei tirocini mirati, solo che c’è un piccolo problema lei attualmente non vive con me, sta specializzandosi in un’altra città, ed intenzioni di tornare a casa non ne ha, ed allora?
Allora convinco mia moglie ad andarla a prelevare e a farla rientrare a casuccia sua, per suo papà questo ed altro. Ma riuscirò nel mio intento? Nutro dei seri dubbi.
Quindi? Mi devo, sicuramente fare forza ed uscire, magari piano piano, prima ci facciamo il giro dell’isolato, poi il giorno dopo o i giorni successivi ci facciamo il giro di due isolati e poi, se le due uscite sono andate bene magari facciamo il giro del quartiere e così andiamo a rivedere il mare, che mi manca tanto, naturalmente tutto bello scafandrato e mantenendo a debita distanza le persone che incontrerò strada facendo.
Concludendo, cari lettori, non prendete esempio da me, siate più accorti che prima o dopo ne usciremo, ma mi raccomando usiamo tutte le cautele del caso perché, come dicono gli esperti, con questo virus dobbiamo imparare a conviverci.