mercoledì, 25 Dicembre 2024
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La sindrome da Burn-Out, la nuova malattia che colpisce lavoratori e aziende

Lo stress lavorativo e la cultura aziendale tossica, sono alcune delle cause che hanno spinto, nel mondo, la crescita di questa sindrome che letteralmente significa “bruciato, fuso, esaurito”, spingendo l'OMS a inserirla tra le malattie

La sindrome da Burn-Out, che in senso letterale significa “bruciato, fuso, esaurito”, è una delle problematiche più diffuse che emergono a causa del ritmo frenetico del lavoro, delle pressioni quotidiane, della cultura aziendale tossica, della mancanza di meritocrazia, della mancanza di comunicazione, di “questo lavoro deve essere pronto per ieri”, del “io sono il capo e tu non sei nessuno”, del “se sono nervoso posso sfogarmi con te”, di uno stipendio non adeguato alle skill del lavoratore e tante altre condizioni a cui è soggetto il lavoratore, che lo portano a una sorta di svuotamento emotivo, all’esaurimento delle proprie risorse psico-fisiche, alla manifestazione di sintomi psicologici negativi, causando, anche, implicazioni significative per la produttività aziendale e la società nel suo complesso.

Esaurimento mentale e fisico, cinismo e negatività verso il proprio ruolo lavorativo, e una ridotta efficacia professionale sono i sintomi attraverso i quali si manifesta la sindrome da Burn-Out. Segnali di allarme da non sottovalutare, poiché possono sfociare in condizioni più gravi come la depressione.

Secondo un sondaggio pubblicato su People Management, la diffusione di tale sindrome è molto vasta e investe principalmente i Millenials e la Generazione Z, che per il 50%si sente stressata e l’80% sarebbe pronto a licenziarsi. Tale grave situazione, ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a riconoscere la sindrome da Burn-Out come un “fenomeno occupazionale” e inserirla nella Classificazione Internazionale delle Malattie.

Per affrontare il Burn-Out, è fondamentale adottare un approccio multidisciplinare che includa la psicoterapia cognitivo comportamentale, la modifica delle abitudini lavorative e l’adozione di misure per contrastare lo stress quotidiano.

Tenuto conto che ogni persona è unica e ciò che funziona per uno potrebbe non essere efficace per un altro, le strategie che potrebbero risultare particolarmente utili, sono:

  • sottoporsi a una Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale (CBT), terapia che aiuta a riconoscere e modificare i pensieri e i comportamenti negativi, fornendo strumenti per gestire lo stress e migliorare il benessere emotivo;
  • imparare a gestire il tempo in modo efficace, in modo da ridurre il carico di lavoro e lo stress, riuscendo a stabilire priorità chiare tra tempo di lavoro e di riposo nonché imparare a dire di no;
  • praticare attività rilassanti come lo yoga, la meditazione o semplicemente dedicare tempo a hobby e interessi possono contribuire a ridurre i livelli di stress e aumentare la resilienza;
  • avere una rete di supporto, sia sul lavoro che nella vita privata. Parlare con amici, familiari o colleghi può fornire conforto e nuove prospettive;
  • praticare una regolare attività fisica, la quale risulta un potente antistress e può migliorare significativamente la salute mentale e fisica;
  • mantenere un equilibrio tra le responsabilità lavorative e la vita personale, assicurandosi di avere tempo per il riposo e il divertimento;
  • vivere in un ambiente di lavoro che promuove il rispetto, il riconoscimento e la collaborazione può ridurre significativamente lo stress e migliorare il benessere generale.

La presenza del Burn-Out tra i dipendenti può portare a un calo significativo della produttività, con un aumento dell’assenteismo e una diminuzione della qualità del lavoro svolto. Le aziende sono quindi chiamate a riconoscere e prevenire questa sindrome, promuovendo un ambiente lavorativo sano e supportivo.

Una delle scelte vincenti che le aziende dovrebbero adottare, per attenuare i danni provocati dalla sindrome da Burn-Out, è l’applicazione della cosiddetta “leadership gentile”, in grado di intercettare i bisogni dei lavoratori e che si basa sulla pratica della gentilezza, dell’empatia, dell’ascolto attivo, del dialogo, ma soprattutto sul rispetto del lavoratore come persona. L’applicazione di tale tipologia di approccio può portare a una maggiore motivazione e produttività dei dipendenti, a un ambiente di lavoro più positivo e a una migliore fidelizzazione dei dipendenti, favorendo, così, una completa sinergia tra datore di lavoro e lavoratore che mira ad ottenere quello l’obiettivo comune della crescita aziendale.

Probabilmente, per meglio gestire meglio il controllo di ciò che viene definito “clima aziendale”, dovrebbe essere affidato ad una società esterna che possa, con il distacco necessario dalle dinamiche aziendali, valutare le azioni da intraprendere per regolare un sano rapporto tra azienda e lavoratore.

I dati mostrano che in Italia la situazione è preoccupante, con una percentuale significativa di lavoratori che dichiarano di sentirsi frequentemente stressati e a rischio di Burn-Out. A livello europeo e mondiale, la situazione non è migliore, con paesi come il Regno Unito e la Francia che registrano percentuali elevate di lavoratori a rischio. In particolare, l’India mostra la percentuale allarmante di lavoratori in Burn-Out che arriva al 59%.

La sindrome da Burn-Out rappresenta una sfida complessa che per il futuro richiede un’azione concertata da parte di individui, aziende e istituzioni per garantire il benessere dei lavoratori e la sostenibilità delle pratiche lavorative nel lungo termine.

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