La libertà di stampa, come ben definita, dal giornalista e politologo statunitense Walter Lippmann, rappresenta una delle più innovative conquiste che, attengono alla società e disegna un fondamento etico, volto a valorizzare il ruolo delle conoscenze.
“La libertà di stampa non è un privilegio, ma una necessità organica all’interno di una grande società. Senza critiche e articoli affidabili e intelligenti, il governo non può governare. Poiché non c’è altro modo adeguato per mantenersi informati su ciò che la gente del paese sta pensando, facendo e volendo”. (Walter Lippmann)
Ne è passata di acqua sotto i ponti prima che, nella coscienza dei popoli, maturasse il convincimento cheì la libertà di esprimere le proprie opinioni, è finalizzata ad uno sviluppo graduale e a un cambiamento evolutivo della mente e del pensiero. Una vera e propria “forza viva” a servizio dell’umanità.
Ogni tempo storico ha avuto i suoi martiri, costretti al silenzio, perché considerati nemici, da taluni sistemi socio/politici. Viene subito in mente Socrate, il filosofo greco del V secolo a. C., processato e condannato a morte, per aver manifestato e divulgato il suo pensiero, liberamente e pubblicamente. In Italia il richiamo al libero pensiero, è tutelato anche dalla Costituzione Italiana: l’articolo 21 stabilisce che tutti, cittadini e stranieri, “hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
In linea retta, con la libertà di pensiero e di parola, la libertà di stampa, rientra a pieno titolo, tra i caratteri distintivi dei moderni Stati democratici, nei quali apposite leggi, tutelano la manifestazione del pensiero e il diritto di tutti i cittadini, all’informazione.
Spesso capita di vivere, situazioni strane e incerte, non in linea con i dettami normativi, in cui le critiche provenienti dalla stampa, vengono da alcuni vissute, come atti di lesa maiestatis. In taluni casi infatti, la classe politica, sembra non resistere alla tentazione di ricorrere alla dea bendata, per contrastare i mezzi di comunicazione, partendo dal presupposto che, la quiete non va infastidita e il conduttore non può essere disturbato.
Purtroppo taluni ritengono che la stampa libera e obiettiva, sia solo quella che la pensa come loro o che sieda allo stesso tavolo. E’ triste registrare che, in seguito a qualche scivolata finita sulla stampa, il termine “dialogo”, viene sostituito dal termine “denuncia”, nella considerazione che la stampa può influenzare e orientare la gente. Questo è un atteggiamento che, oltre a rivelare un’idea un po’ confusa di libertà, confonde spesso, la ragione con il risultato.
Il diritto di cronaca, o diritto d’informare, consiste nel diritto a pubblicare quello che è collegato a fatti e avvenimenti di interesse pubblico o che accadono in pubblico. La negazione di tale diritto impedisce, a chi ha il dovere di informare i cittadini, di aprire la finestra dell’informazione e tenerla spalancata, sul pianeta collettività. Tenuto conto del fondamento autentico del diritto di cronaca, non esiste giustificazione alcuna, per l’adozione di taluni rimedi di natura restrittiva della libertà, che impediscono agli operatori dell’informazione, di svolgere il proprio lavoro, cioè informare i cittadini di quanto accade nelle sedi, in cui vengono amministrati e gestiti beni pubblici.
Diceva Valerio Onida, professore emerito di Diritto Costituzionale e già presidente della Corte Costituzionale: “la libertà d’informazione è fondamentale per la vita democratica. Una libera informazione è presupposto per una società libera”.
Come giornalista spero si consolidi un processo democratico e di condivisione, per pervenire ad un percorso di giornalismo partecipativo, fatto di luce e rade ombre.