mercoledì, 22 Gennaio 2025
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La Grande guerra raccontata da Angelica Camassa – a Spazio Cultura –

<<Comincia così la decadenza della società patriarcale. Le donne cominciarono ad assumere atteggiamenti maschili combattendo un’altra guerra, garantendo ai difensori della patria una sorta di ultimo baluardo in difesa della famiglia, degli affetti, delle case, delle attività agricole. Le donne cominciarono a guidare i trattori, a volte fumavano pure le sigarette ed acquisirono altri diritti che in tempo di pace non erano garantiti loro>>.

Così ha chiuso il suo intervento Angelica Camassa sociologa e nipote di Michele Alcamo, ufficiale dell’esercito italiano, nato nel giugno del 1989 a Paceco, militante tra i socialisti interventisti. Se vogliamo, l’inizio dell’emancipazione della donna, potrebbe essere il rovescio della medaglia di una sanguinosa guerra che ha causato milioni di morti e feriti sia tra i soldati che tra le popolazioni civili, una guerra che spesso viene dimenticata per via della più recente guerra mondiale, la seconda, che riecheggia ancora nei ricordi di tante persone ancora oggi in vita.

L’incontro si è svolto mercoledì 25 febbraio presso la libreria Nicola Macaione a Palermo, nell’ambito delle iniziative di “A Spazio Cultura” ed è stato fortemente voluto dalla stessa Angelica Camassa con la qualificata partecipazione del professor Emanuele Drago, storico e del poeta e scrittore Biagio Balistreri.WP_20150225_18_26_09_Pro

<<La prima guerra mondiale nasce, come sappiamo, ad inizio secolo, per via dei profondi attriti tra le varie potenze mondiali spesso unite tra loro da accordi ed alleanze, nel tentativo di esercitare una sorta di egemonia sulle altre. Doveva essere una guerra lampo o quanto meno si sperava lo fosse, ma ben presto si trasformò in una guerra di logoramento, di trincea, estenuante. Sono convinto – ha detto al microfono lo storico Emanuele Drago – che in realtà non si concluse mai e che la seconda guerra mondiale ne rappresenta il proseguimento naturale. Basta ricordare che il nazional socialismo che portò al potere il dittatore Adolf Hitler, nacque dalle macerie ed in conseguenza di quegli anni nefasti. Il guaio di questi conflitti, cosa che accade anche oggi, sta nel fatto che chi attacca, non è in grado di debellare le persone giuste e questo provoca una serie di reazioni a catena e soprattutto ne allontana la conclusione>>.

In un ambito letterario quale quello in cui si è svolto l’incontro, non poteva mancare la testimonianza di chi della poesia e del ben scrivere, ne fa un motivo esistenziale, donandoci così degli scritti di importante livello. Biagio Balistreri, scrittore e poeta, la cui ultima fatica è il suo libro di poesie “Il Fabbricante di Parole” ha detto alla platea:<<Quando ho cominciato ad affrontare l’argomento della produzione letteraria e più in generale artistica sulla Grande Guerra, mi sono sentito inadeguato per la vastità degli autori, intellettuali, poeti, scrittori, artisti che avevano trattato l’argomento prima, durante e dopo gli eventi. L’argomento, ma mano che andavo avanti nella ricerca, mi provocava disagio ed autentica sofferenza. Mi era impossibile mantenere quel distacco che è necessario per sviluppare un tema. Le immagini di dolore, disperazione e orrore mi sommergevano e ferivano profondamente la mia sensibilità, ancorché si riferissero ad eventi ormai distanti un secolo. Mi rendevo conto sulla mia stessa pelle, che l’aver vissuto per intero i sessanta anni durante i quali l’Europa non ha conosciuto direttamente la guerra, mi sottraeva gli strumenti per esaminare con la necessaria freddezza gli eventi.>>WP_20150225_18_00_39_Pro

Quando scoppiò la guerra, si evince da quanto detto da Biagio Balistreri, i tempi erano maturi anche perché erano stati preparati e foraggiati dal mondo della cultura e da molte delle avanguardie letterarie, che si esprimevano soprattutto attraverso le riviste e i giornali dell’epoca. Era in estrema sintesi un fiorire di poeti, scrittori, intellettuali che rendevano l’elogio e la giustificazione della guerra la principale ispirazione per i propri scritti. Basta citare a titolo di esempio Tommaso Marinetti, Gabriele D’Annunzio, Corrado Govoni, Giovanni Papini, Thomas Mann per concludere con il citare Giuseppe Ungaretti che, pur scrivendo della Guerra, (Veglia, San Martino del Carso, Sono una Creatura) non ne elogiava le virtù, per infine concludere con la sua poesia “Non gridate più” il suo percorso di poeta critico verso la barbarie umana.

Ma torniamo a Michele Alcamo il nonno della sociologa Angelica Camassa che così lo ha ricordato nel suo intervento: <<Mio nonno oltre che un ufficiale di fanteria, era un uomo colto, uno scrittore ma anche un poeta che conosceva la retorica e che connotava i suoi scritti di un alto valore civile. Il ricordo di lui è tornato violentemente in me in questo centenario dall’inizio del conflitto e la domanda che mi pongo ancora oggi è come possa un uomo così sensibile ed impegnato aver partecipato ad una guerra così cruenta. Mio nonno – prosegue Angelica Camassa – aveva una particolare attenzione e rispetto verso i soldati della sua Brigata, Casale si chiamava, e li ricorda spesso con tanto di nome e cognome nei suoi scritti. Desidero mettere in evidenza l’aspetto umano di mio nonno, che mi ha trasmesso il desiderio di scrivere in quanto anche io mi diletto in versi e poesia.>>

Ed ancora emergono fatti accaduti durante la Grande Guerra che dimostravano che l’umana comprensione non era del tutto sepolta e sopita: cecchini che non premevano sul grilletto per non rimpinguare ancora l’immenso elenco di morti e feriti, eserciti che interrompono la battaglia per salvare un cavallo in difficoltà prossimo alla morte. Il ricordo, l’analisi, l’interpretazione, l’elaborazione di fatti avvenuti tanti anni fa, che pur nella loro crudeltà, non impediscono di ricordare fatti eroici, cavallereschi di umana pietà ci aiutano a capire oggi chi siamo e soprattutto a capire verso dove andiamo.

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