Palazzo Bonocore si attesta sempre più come punto di riferimento per chi vuol conoscere le feste e le tradizioni popolari siciliane. Questa settimana tocca a la FESTA DEL MUZZUNI di Alcara Li Fusi, la cerimonia più antica d’Italia, miracolosamente giunta intatta fino ai giorni nostri, che quest’anno si tiene dal 24 al 26 giugno. Per farla conoscere oltre i confini della provincia, arrivano a Palazzo Bonocore (piazza Pretoria), a Palermo, i rappresentanti dei Comune messinese. A Palazzo Bonocore, all’interno della mostra in corso “I FOOD . Cibo e Feste in Sicilia”, aperta fino al 31 ottobre, c’è proprio una sezione dedicata alla Festa del Muzzuni.
Venerdì 17 giugno alle 19, è prevista una degustazione di pietanze tradizionali di Alcara Li Fusi, il racconto della festa dalla voce dei suoi protagonisti, e una performance dei gruppi musicali del territorio messinese. L’ingresso è libero. In precedenza, alle 17,30, degustazione di liquori e dolci della tradizione siciliana, con visita guidata alla mostra di Palazzo Bonocore (10 euro).
Ed I World, che cura Palazzo Bonocore, ha ideato con gli organizzatori della Festa del Muzzuni, un vero e proprio week end guidato ad Alcara Li Fusi, tra piatti dell’autentica tradizione, escursioni naturalistiche, osservazione del pasto dei cento grifoni e visite ai borghi più belli d’Italia.
Info 0916870520, 329.1857478, df.iworld@libero.it.
Con i suoi 3000 anni di storia, la Festa del “Muzzuni” è la più antica d’Italia, miracolosamente sopravvissuta ai giorni nostri. Un’eredità tramandata di generazione in generazione, iscritta al Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana, che affonda le sue radici nei culti pagani della civiltà greca. Un rito propiziatorio offerto alle divinità della natura, Demetra, Dioniso, Adone, per augurare la fertilità della terra: i simboli si ritrovano nell’offerta del simbolo fallico, il “Muzzuni”, alla Madre Terra Demetra, nel grano appena falciato, nei giardini di Adone appena germogliati. La festa del “Muzzuni” si svolge all’insegna di spensieratezza, gioia, amicizia, allegria, ricordando le antiche feste in onore di Dionisio, il dio del vino e dell’euforia: attorno al Muzzuni si canta, si balla, si inneggia all’amore e alla vita, si intonano chianote e ruggere ed inni a Demetra, si celebra il “rito della cumparanza”, intrecciando i mignoli e scambiandosi “a cunfetta”, si sigilla un vincolo infinito e, come il seme che cade sulla buona terra, donerà impagabili e preziosi “frutti”.
Questa caratteristica e singolare festa rappresenta uno dei cardini più importanti delle tradizioni etno-antropologiche di Sicilia. L’hanno raccontata Buttitta e Consolo.
La sera e la notte del 24 giugno, ad Alcara li Fusi si svolge questa festa molto caratteristica e singolare che richiama migliaia di visitatori, ed è considerata dagli antropologi la festa più antica d’Italia, retaggio di un antico rito pagano legato al mondo contadino. Nello stesso giorno, la chiesa cattolica ha sovrapposto al rito del “Muzzuni”, i festeggiamenti dedicati a San Giovanni Battista.
Nel pomeriggio si celebrano infatti i riti religiosi dedicati a San Giovanni; su un fercolo portato a spalla dai più giovani, c’è il simulacro scuro vestito di poveri abiti e sopra un grande piatto dorato poggia la testa mozzata del Santo. All’imbrunire, comincia invece la fase preparatoria del “Muzzuni” in cui le protagoniste sono esclusivamente le donne. I quartieri del paese vengono “preparati” per accogliere gli altarini sui quali verrà posizionato “U Muzzuni”: attorno ad ogni altarino, sulle pareti, sui balconi e sulla stessa strada, vengono stese le “Pizzare”, i tipici tappeti locali tessuti con l’antico telaio a pedale utilizzando ritagli di stoffe. Sulle “Pizzare” disposte intorno ed ai piedi dell’altarino vengono poggiati i piatti con i “laureddi”(steli di grano fatti germogliare al buio), spighe ed umili oggetti del mondo contadino. Terminata questa prima fase preparatoria, le donne rientrano in casa per preparare “U Muzzuni”: una brocca dal collo mozzo rivestita da un foulard di seta ed adornata con gli oggetti d’oro delle famiglie del quartiere. Dalla sommità della brocca fuoriescono steli di orzo e grano fatti germogliare al buio, lavanda, spighe di grano già maturato e garofani rossi. Completato l’allestimento del “Muzzuni”, una giovanetta del quartiere che rappresenta le antiche sacerdotesse pagane, porta fuori “U Muzzuni” e lo colloca sull’altare già preparato. Si entra cosi nel vero e proprio clima della festa: ogni quartiere che ospita il “Muzzuni” viene animato da musiche e canti dialettali. In particolare,di fronte alla brocca del “Muzzuni” si pongono i “Cantori”, contadini che intrecciano “Chianote” e“Ruggere”, canti polifonici che hanno come tema la vita contadina e soprattutto l’amore. Spesso, infatti, ci si scambiava la promessa di matrimonio. Ancora oggi dinanzi al “Muzzuni” si rinnova il “Il rito del comparatico”, tra vecchie e nuove amicizie. I due che vogliono stringere amicizia si scambiano “A Cunfetta” (confetti). In onore degli ospiti attesi, in ogni quartiere dove viene esposto “U Muzzuni”, viene imbandita una tavola con vino, pane e companatico da offrire.
Il termine “Muzzuni” fa riferimento, probabilmente, alla brocca priva del collo, “mozzata”, o al grano che viene falciato e raccolto in fascioni “mazzuna” e, dal punto di vista religioso, a San Giovanni decollato (con la testa mozzata).