Una presentazione inusuale quella che si è tenuta ieri sera al teatro Biondo di Palermo, del nuovo film del regista palermitano Pierfrancesco Di Liberto, in arte Pif, “In guerra per amore”. Uno spettacolo in cui, attraverso racconti, documenti fotografici e sketch degli attori, il pubblico è stato calato nella Sicilia del ’43. Un momento storico in cui due mondi opposti si scontrano e si scrutano come alieni, diffidenti e incuriositi allo stesso tempo. A far da cornice al nuovo lavoro di Pif e allo sbarco degli americani in Sicilia un’incantata ed immobile Erice, nella pellicola “Crisafullo”. Riportando sulla scena i personaggi del suo film, il regista ha interagito con loro come un intervistatore odierno e, attraverso fotografie dell’epoca e bizzarri documenti, come “La guida del soldato in Sicilia”, ricostruito l’approdo degli americani sull’isola e il loro confronto col fenomeno mafioso insito nella comunità.
Rispondendo, in esclusiva al GCPress, ad alcune domande, l’ex Iena ha spiegato come ha vissuto questa seconda esperienza da regista-attore e sceneggiatore.
Ancora una volta si ripropone il binomio Sicilia-mafia ed è un siciliano a parlarne, è un accostamento da cui ci libereremo mai?
“La mafia è una cosa che ha sconvolto la nostra vita e nostra storia, è impossibile non parlarne. È chiaro che si potrebbe raccontare la Sicilia in altro modo, ma sta a noi mostrarla in altro aspetto. Peggio ancora di parlare sempre di mafia è non parlare di mafia, cioè far finta che non ci sia”.
Come sei riuscito ad affrontare con leggerezza questo tema, sdrammatizzandolo?
“È stato più difficile o almeno, più azzardato in La mafia uccide solo d’estate, questa volta trattandosi del ’43 è stato un po’ più facile, poi essendo palermitano mi sentivo più «autorizzato» a scherzarci su”.
Ti trovi più a tuo agio nelle vesti di attore o di regista?
“Decisamente regista, anzi il motivo per cui anche in questo film ci sono storie parallele è quello di poter girare senza essere davanti ad una macchina da ripresa costantemente”.
Un cast in buona parte siciliano, cosa ti ha lasciato?
“Ho imparato molto da loro, tutta gente che lavora nel cinema da molto più tempo di me, quindi ho solo da imparare. Mi piacerebbe usare sempre gli stessi attori, ma poi alla fine è la sceneggiatura che sceglie il cast”.
Un film che attraversa più generazioni quello di Pif, ognuno protagonista a suo modo del proprio tempo, dagli anziani depositari della saggezza popolare e dell’immutabilità delle cose, dai giovani pieni di speranza per il futuro, ai bambini che cercano nella desolazione della realtà un appiglio, un sogno. Ce lo racconta il piccolo protagonista del film, il monrealese Samuele Segreto che interpreta un orfanello che ha perso il padre in guerra.
Il tuo personaggio come vive il trauma della guerra?
“È consapevole della guerra, ma la vede come una cosa lontana, non è così terribile. È terribile invece che suo papà non torna più”.
Cosa hai capito di quel periodo storico e della Sicilia di quel tempo?
“È un film istruttivo anche per i bambini come me che non hanno ancora studiato la guerra, perché è raccontata con sfumature diverse, comiche e drammatiche”.
Secondo te, come vedevano i bambini gli americani?
“Come degli eroi, che portavano cibo e hanno fermato i soldati tedeschi. Il mio personaggio in particolar modo perché Pif-Arturo, troverà il modo di farlo sentire più vicino al papà che non c’è più”.
L’uscita nella sale di “In guerra per amore” è attesa per giovedì 27 ottobre 2016.