Riapre al pubblico sabato 4 luglio alle 21,30, nel segno della grande musica e dei nuovi linguaggi, il Teatro Massimo di Palermo, dopo mesi di sospensione di tutte le attività e dopo un profondo ripensamento dello spazio teatrale.Si comincia nel segno di Beethoven con Der ewige Fremde (L’eterno straniero), l’opera di musica contemporanea commissionata alla compositrice israeliana Ella Milch-Sheriff, ispirata proprio da un sogno di Beethoven. Seguirà la Messa in Do maggiore op. 86 di Beethoven con l’Orchestra e il Coro del Teatro Massimo, quest’ultimo diretto da Ciro Visco. Sul podio il direttore Omer Meir Wellber. La regia è di Roberto Andò. Si replica il 5 luglio.
Per la presentazione a Palermo dell’opera, che è una nuova commissione del Teatro Massimo in collaborazione con la Gewandhaus Orchester di Lipsia e la BBC Philharmonic di Manchester, la compositrice Ella Milch-Sheriff ha appositamente modificato il finale del “monodramma per attore e orchestra” in modo che Der ewige Fremde fluisca senza soluzione di continuità nella Messa in Do maggiore op. 86 di Beethoven. Da Beethoven, infatti, e da un suo sogno raccontato in una lettera, parte l’ispirazione della compositrice e il testo dello scrittore israeliano Joshua Sobol che ci mostra uno straniero, forse lo stesso Beethoven, forse un rifugiato, «che è dovuto fuggire e si trova in una cultura totalmente differente, incapace di comunicare con la gente». Come scrive la Milch-Sheriff: «Lo straniero è chiunque si trovi in un ambiente ostile, che lo respinge senza ragione alcuna, se non perché lui o lei è diverso, sembra diverso, si muove in modo diverso, parla una lingua diversa». A dialogare con l’Orchestra e il Coro sarà l’attore Eli Danker.
Per la Messa di Beethoven i quattro solisti vocali saranno due grandi cantanti palermitane, Laura Giordano e Marianna Pizzolato, insieme al tenore Luis Gomes e al basso Evan Hughes. Sul podio il direttore musicale del Teatro Massimo, Omer Meir Wellber, che ha diretto anche la prima assoluta della composizione di Ella Milch Sheriff lo scorso febbraio a Lipsia. L’Orchestra e il Coro staranno rispettivamente in platea e sul palcoscenico. La regia dello spettacolo inaugurale è di Roberto Andò, che ha ridisegnato l’assetto della Sala Grande con lo scenografo Gianni Carluccio, tenendo conto delle esigenze di distanziamento di coro, orchestra, solisti e pubblico, ma ripartendo dall’idea di rafforzare, la relazione tra la scena e il pubblico. Lo spettacolo sarà preceduto da una installazione video sulla scalinata monumentale del Teatro, sempre di Andò coadiuvato da Luca Scarzella.
Francesco Giambrone, Sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo: “Riapriamo il Teatro perché sentiamo forte l’obbligo morale e la responsabilità civile di far parte del processo di ripartenza del paese, della città e della comunità, nonostante le difficoltà legate al rispetto delle procedure di sicurezza che limitano l’affluenza del pubblico ” – afferma Francesco Giambrone, che ha chiamato ad affiancarlo e a supportarlo in questo momento di ripensamento complessivo della Stagione 2020 il Maestro Marco Betta. Ripartiamo anche dai linguaggi del contemporaneo con una nuova commissione a Ella Milch-Sheriff confermando l’attenzione e la vocazione del nostro teatro nei confronti dei linguaggi artistici del nostro tempo”.
Ella Milch-Sheriff, autrice di Der ewige Fremde (L’eterno straniero). Quando il direttore israeliano Omer Meir Wellber, al quale è dedicato questo lavoro, mi ha contattato con l’idea di comporre qualcosa in occasione dei 250 anni di Beethoven, una composizione che fosse collegata in qualche modo alla sua vita, rimasi quasi paralizzata. Come si poteva fare? In che modo avrei mai potuto “toccare” la storia della vita di Beethoven.
Il punto di partenza è stato un sogno di Beethoven sorprendente e relativamente poco conosciuto, del quale scrisse al suo amico ed editore Tobias Haslinger. Questo strano e insolito sogno ha ispirato al drammaturgo e autore israeliano Joshua Sobol il testo che mi ha spinta a comporre The Eternal Stranger. Di questo testo “Die Wanderschaft des ewigen Flüchtlings und der Kampf gegen die Verzweiflung” (Il vagare dell’eterno rifugiato e la lotta contro la disperazione) ho scelto quelle parti che mi permettevano di presentare una situazione in cui una persona, non necessariamente un rifugiato, si trova in un ambiente sconosciuto e ostile.
Chi è lo “straniero” di questa composizione? E’ Beethoven, che era considerato dalla società della Vienna del suo tempo un genio ma lunatico, mezzo pazzo, sporco e disgustoso? Era respinto da molti tranne alcuni fedeli amici. Il fatto di essere sordo rafforzava il senso di “estraneità” e solitudine di Beethoven. E’ un rifugiato, un qualsiasi rifugiato, che aveva una vita intensa da qualche altra parte ma che è dovuto fuggire e si trova in una cultura totalmente differente, incapace di comunicare con la gente? Lascio aperta questa domanda. Lo straniero è chiunque si trovi in un ambiente ostile che lo respinge senza ragione alcuna se non perché lui o lei è diverso, sembra diverso, si muove in modo diverso, parla una lingua diversa. Ma lo straniero è un essere umano che ha gli stessi desideri di ogni altro essere umano.
Der ewige Fremde è una composizione sulla solitudine e l’estraneità ma anche sul desiderio per la vita.
Lo straordinario sogno di Beethoven mi ha permesso di usare molte connotazioni musicali dalla mia patria, Israele, Gerusalemme, e i suoni della mia infanzia: un misto di musica araba, musica ebraica di ogni tipo (orientale e occidentale), ma anche viennese, della vecchia Europa, e anche Mahler e Schönberg mi sono venuti in mente qui e là mentre componevo. Sono profondamente grata al mio defunto marito, il compositore e direttore Noam Sheriff che due settimane prima della sua morte improvvisa mi fece conoscere lo straordinario sogno di Beethoven che è poi diventato l’infrastruttura e l’ispirazione di questa composizione.
Roberto Andò, regista dello spettacolo: “Nella serata con cui il Teatro Massimo riapre al pubblico dopo la pausa imposta dalla pandemia, si eseguono Der ewige Fremde, una nuova composizione della musicista israeliana Ella Milch-Sheriff e la Messa in Do maggiore, opera 86, di Ludwig van Beethoven, due opere che, messe in sequenza, sembrano rispecchiarsi l’una nell’altra, come accade in quei sogni che stravolgendo lo spazio e il tempo, ci fanno procedere di stanza in stanza senza soluzione di continuità, mentre si fa acuta la nostra percezione del dolore derivante dall’essere soli e stranieri nei luoghi della vita. La solitudine lucida e disperatamente riflessiva del narratore nel primo pezzo si trasforma nel capolavoro di Beethoven nel dialogo intimo e commosso tra l’uomo solo e la collettività, tra il singolo e il coro, e nel finale assume il tono implorante e commosso di una preghiera di re- surrezione. Tutta la serata è ispirata a una lettera in cui Beethoven racconta un suo bellissimo sogno di viaggio a un amico editore. Sono molto grato a Francesco Giambrone, visionario sovrintendente, nuovamente affiancato dalla grande sapienza di Marco Betta, dell’invito a ridisegnare la sala del Teatro e a mettere in scena questo programma da concerto come fosse un “dramma”. Questa inaugurazione, o riapertura, avviene infatti in un frangente storico in cui tutti i teatri dovrebbero ripensare, attraverso una nuova drammaturgia dello spazio, la propria funzione pubblica … “
Omer Meir Wellber, direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo: “Dopo tre mesi senza musica e una situazione in Italia veramente drammatica, iniziamo a vedere un po’ di speranza e sono molto felice di dire che una delle voci più alte e più importanti tra i teatri italiani proviene proprio dal Teatro Massimo di Palermo. Abbiamo deciso di non percorrere la strada più semplice e scontata, apriremo invece con due opere che rappresentano un’idea ben più complessa. La prima è una commissione, in collaborazione con due orchestre europee, affidata a una nota compositrice di musica contemporanea, Ella Milch-Sheriff, che parla di una storia vera ispirata da un sogno che Beethoven raccontò di avere fatto, in cui immaginava di fare un viaggio da Vienna a Gerusalemme e di ritrovarsi improvvisamente straniero e spaesato in Siria in una terra in cui nessuno comprendeva il suo linguaggio. Noi invece in The eternal stranger abbiamo ribaltato questa prospettiva così che il nostro personaggio viaggia al contrario dalla Siria a Vienna, sulle note della melodia sognata da Beethoven e trascritta al suo risveglio. L’opera pertanto porta in primo piano una questione urgente che il mondo intero sta affrontando. Dopo tre mesi di pandemia, in cui si è visto come siamo tutti molto più uguali di quanto qualcuno possa pensare, l’opera riflette proprio su questa consapevolezza che, si spera, tante persone hanno maturato durante l’emergenza del coronavirus. La seconda parte del programma inaugurale propone invece la Messa in do maggiore di Beethoven, un’opera sulla fiducia che riponiamo in Dio, una delle meno conosciute tra le opere di Beethoven. E questo è anche il motivo per cui l’abbiamo scelta perché ci consente, in un momento come questo, di celebrare gli antieroi”.