Lo scorso 17 maggio presso la sede dell’Ordine dei Medici di Palermo, a Villa Magnisi, è stato presentato il libro di Pasquale Hamel E la chiamarono Vigata. La Sicilia nel cuore, una raccolta di racconti, novità editoriale di Spazio Cultura Edizioni.
Pasquale Hamel, 1949. Si è occupato, soprattutto, di Storia con qualche rara incursione nel mondo letterario.
Il suo primo romanzo, La scala dei turchi è stato pubblicato da S.F. Flaccovio Editore nel 1975.
Adelaide del Vasto, regina di Gerusalemme (1997), La Crociata del santo (1998) e L’ingorgo (2000) sono i titoli dell’autore pubblicati da Sellerio editore Palermo.
La congiura della libertà (2002) e Il romanzo di Guttuso (2003) sono stati pubblicati da Marsilio. Questa raccolta di racconti è, in gran parte, frutto di ricordi, di esperienze personali o di narrazioni tramandate da parenti o amici dell’autore. Per lo più, sono brevi profili – bozzetti quasi estemporanei senza pretesa – sui quali aleggia la lezione pirandelliana con puntate, iperboliche, nell’assurdo. Protagonista è l’eccentrico, il diverso che infrange la norma senza che, tuttavia, ciò assuma il carattere dello scandalo e che genera, piuttosto, stupore e, in qualche caso, si muta in amara lezione di vita. Decisiva è la cornice ambientale, una quotidianità segnata da ripetitive convenzioni di cui, un sottile velo d’ironia, presente anche quando il tragico domina la narrazione, disvela le tante contraddizioni da cui è attraversato.
Porto Empedocle, La Marina, Vigata, tanti nomi per un unico luogo, – ma non solo quello – dove molti di questi attori fisicamente risiedono e dove coltivano le loro aspirazioni quasi sempre frustrate da quello che considerano, un irrazionale corso delle cose. Vite sospese, mortificate dall’attesa di esiti non sempre scontati, intrisi di una fastidiosa morale perbenista della quale, all’apparenza, non si può fare a meno. Apparenza, perché la realtà, verminaio di istinti e passioni irrazionali, sta sullo sfondo tragicamente pronta alla prima occasione buona a venire fuori in tutta la sua amara crudezza.