martedì, 24 Dicembre 2024
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Il mito delle acque di Scillato. Un moderno acquedotto del ‘900

Per il palermitano di un certa età, le acque di Scillato evocano miti e leggende. Al tempo del suo arrivo nella nostra città risalente agli inizi del ‘900 si attribuirono addirittura doti miracolose e dire che qualche tempo prima qualcuno aveva messo in dubbio la qualità stessa delle acque.

Ecco sinteticamente la sua storia:

Il servizio di distribuzione idrica nella città di Palermo a mezzo di un moderno acquedotto può farsi risalire all’inizio del novecento, quando si cominciò ad utilizzare l’acqua ricavata dalle sorgenti di Scillato.

Le sorgenti si trovano ad una quota superiore a quella del piccolo paesino Madonita da cui prende il nome il gruppo delle sorgenti stesse, appunto Scillato. Le copiose sorgenti di Scillato, dalle quali sono derivate le acque che alimentano l’acquedotto omonimo, si possono considerare formanti un sol gruppo, scaturiscono alle falde estreme del monte Fanusi che fa parte della catena delle Madonne.

Le acque che scorrono nel sottosuolo affiorano alla quota di 376,68 metri, a monte del paese, nella località detta contrada Sorgive; le tre diverse sorgenti che si creano prendono il nome di Agnello, Calabria e Golfone.

Lo sfruttamento delle acque di Scillato nacque dall’esigenza di portare in città acqua salubre in quanto, in seguito a due epidemie di colera che avevano colpito la popolazione della città di Palermo tra il 1884-1885, si ritenne opportuno, alle soglie del Novecento, dotare la città di un sistema di distribuzione dell’acqua moderno ed efficiente. Nel 1886, dunque, il sindaco di Palermo, Giulio Benso, Duca della Verdura, fece bandire una gara d’appalto per la distribuzione in città delle acque derivate dalle sorgenti di Scillato; fu una società inglese ad aggiudicarsi la gara, ma non fece mai dare inizio ai lavori. Sette anni dopo, nel 1893, il sindaco Ugo delle Favare assegnò i lavori per la costruzione dell’acquedotto ai fratelli Giovan Battista e Celestino Biglia, e ad Alessandro Vanni, piemontesi. In tempi straordinariamente brevi venne portata a termine la struttura dell’acquedotto, di cui facevano parte, oltre alla rete di collegamenti che, dal luogo in cui le acque venivano attinte, sfruttando le pendenze, portava la fornitura idrica in città, anche due serbatoi, che si trovano nella località San Ciro, sul monte Grifone, alla periferia sud-orientale della città, e la rete di distribuzione dell’acqua alla popolazione.

La portata addotta in città era tra i 350 e i 500 litri al secondo.

L’acquedotto fino al primo dopoguerra sopperì adeguatamente ai bisogni dei palermitani.

Al comprensorio delle sorgenti di Scillato vi si accede da un viale alberato al termine del percorso si arriva ad uno spiazzo dove sono presenti due edifici, uno era adibito ad abitazione per i custodi e l’altro la botte di riunione.

Edificio Botte di Rinione
Edificio Botte di Rinione

L’edificio detto botte di riunione è formato da un insieme di vasche, in cui le acque vengono fatte calmare, non a caso si chiamano appunto vasche di calma, in modo che perdano l’impeto che acquistano attraversando i cunicoli in forte pendenza.

Un testo edito dai costruttori dell’acquedotto cita “mediante cunicoli di allacciamento quasi intieramente accessibili, di cui parte in muratura e parte perforati in galleria ad un livello inferiore a quello a cui prima sgorgavano le sorgive, le acque si versano in un edificio di presa, detto botte di riunione. 

Interno Botte di riunione
Interno Botte di riunione

A cagione della forte pendenza, diminuita da alcuni salti verticali di m. 2,40, 3,00, 5,85, le acque arrivano in questo edificio quasi tumultuosamente; sicchè per calmarle la botte fu divisa per mezzo di muri di diaframma in diverse vasche comunicanti fra loro in modo che l’acqua, costretta a salire e discendere parecchie volte, giunga in discreta calma nella camera di misura”.

Fanno parte dell’acquedotto, lungo circa 70 km quasi tutto realizzato a pelo libero, oltre al comprensorio delle fonti, tutto il sistema di tubazioni che porta l’acqua a Palermo e poi la smista alla cittadinanza; ovviamente, il percorso è relativamente lungo, quindi sono previsti passaggi attraverso ponti-canale, scivoli ed altre strutture adatte. All’arrivo alle porte della città, l’acqua veniva raccolta in due serbatoi, in località San Ciro, alle porte di Palermo. I due edifici, visibili all’imbocco dell’autostrada, in direzione Messina, per poi essere distribuita nelle case dei palermitani, mediante le condotte di distribuzione.

Interno serbatoio di San Ciro Alto
Interno serbatoio di San Ciro Alto

Sempre nel testo di prima, vi si legge “per potere regolare il servizio di distribuzione dell’acqua in maniera costante ed uniforme ed alimentare la rete interna anche durante le eventuali interruzioni del canale, si sono costruiti in una località alpestre detta S. Ciro, a pochi chilometri dalla città, due serbatoi, uno alto e l’altro basso, capaci complessivamente dippiù che 35.000 metri cubi d’acqua. Il serbatojo alto, in buona parte ingrottato nel monte, è diviso in due vasche, ed ha complessivamente la capacità di più che 26.000 m3; il serbatojo basso invece ha una sola vasca capace di oltre 9.000 m3 d’acqua.

Tanto la parte del serbatojo alto a cielo aperto quanto quella del serbatojo basso sono ricoperte da volte a botte sostenute da archi e pilastri”.

Interno di San Ciro Alto
Interno di San Ciro Alto

Attualmente il serbatoio di San Ciro alto continua egregiamente a svolgere la sua funzione anche se non vi giunge più la sola acqua di Scillato, mentre il serbatoio di San Ciro basso è stato messo in disuso.

All’inizio degli anni ’80 è stata portata a termine la costruzione del nuovo Acquedotto di Scillato, costituito da una condotta in pressione che affianca il vecchio canale Scillato.

Bibliografia:

  • B. Biglia, C. Biglia, A. Vanni, “L’Acquedotto di Palermo”, PA 1897, ed. 2001 a cura di G. Carollo
  • Di Piazza, “Palermo, città d’acqua”, ed. Gulotta, 2008

 

 

 

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