venerdì, 8 Novembre 2024
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Il senso della rinascita nel fuoco sacro e laico dei libri

Il Natale è un racconto di luce, che anche se spogliato di misticismo porta con sé un messaggio di ricchezza. Nell’iconografia classica, e fra tutti i simboli, il presepe coinvolge l’uomo credente di ogni fede, come pure il non credente o l’agnostico e il perché è semplice: la maternità e la nascita sono una costante dell’uomo d’ogni tempo. Chiunque osserva la scena, difatti, sia espressa in un modellino sotto al luccichio dell’albero decorato o in un dipinto dentro a un museo, viene proiettato nella bellezza di ogni individuo 18027718-relajacion-con-un-libro-vasos-y-una-copa-de-vino-frente-a-la-chimenea-en-la-nochesulla porta d’accesso del genere umano. Il messaggio è inclusivo, dunque, anche se per taluni il Bambino del presepe ha un significato e per altri no, ma, per entrambi è innegabile la neo-natalità, proprio eguale alla sua, come pure il senso di ri-nascita che avvolge la Famiglia. Dal fatto in sé consegue “il gesto naturale della carezza della madre al neo-nato”. Un gesto naturale che è immagine viva, concreta, e che si riflette nei tanti “significati del fuoco” (del presepe o della quotidianità; secondo i casi di personale lettura) aggregato ai tanti elementi appartenenti alla nostra conoscenza, come: la notte, il cielo, le stelle, la cometa, la terra. Insomma, plastico oppure no, il “fuoco sempre acceso”, anche in una semplice candela, è una carezza concreta. L’immagine di quella fiammella, così, diventa una forza inestinguibile e visibile, piena di messaggi nascosti. Una conferma di vita è di rinascita anche per chi non ha più significati nella vita oppure la attraversa correndo nel buio e vagando nel niente. Ringrazio, allora – qualunque sia la valenza che darà chi legge, tanto a quest’inizio d’articolo come alla sua fine – un altro nostro lettore da Palermo: Francesco Inguanti, che con il suo contributo (aggiunto ai precedenti e per Letter@rea) ci offre nel saggio semi-biografico, da poco letto, una reale testimonianza libraria di spirito natalizio. (Tommaso Gambino)

“Un fuoco sempre acceso” di Francesco Inguanti

La tournée siciliana del novembre scorso di Silvio Cattarina – psicologo, sociologo e fondatore della comunità di recupero L’Imprevisto di Pesaro – mi ha dato modo di conoscere personalmente l’autore e interessarmi alla sua esperienza raccolta in un reportage quasi biografico, della collana ‘Storie di Vita’, dal titolo “Un fuoco sempre acceso” (Itaca Editore – Castelbolognese, 2014 – pagg.192, € 13,00). L’autore – durante il pubblico incontro a cui ho assistito – era accompagnato da alcuni ragazzi della Comunità ed ha Un-fuoco-sempre-acceso_1ripercorso le tappe salienti della stesura del libro. Questo suo percorso si è presentato ai miei occhi da subito avvincente, perché in esso si intrecciano le “storie umane” che vanno dalla comunità degli ospiti a quella del suo fondatore. La Comunità, come ho poi avuto modo d’approfondire, opera fin dal 1990 nel settore delle tossicodipendenze ed è stata attraversata e vissuta da tantissimi ragazzi che hanno riscoperto l’importanza di “riprendersi in mano la loro vita”. Il libro, da me appena letto (e con la prefazione di Mariella Carlotti e la postfazione di Paolo Cevoli), può sostanzialmente dividersi in due parti: l’anteprima scritta dai tre giornalisti Emma Neri, Stefano Filippi ed Emanuelle Polverelli, i quali hanno raccontato il loro incontro professionale con la Comunità e ne hanno tracciato una sorta di guida alla comprensione, e la storia vera e propria scritta da Cattarina. Quest’ultima coinvolge pienamente il lettore perché a fianco delle storie dei singoli ospiti s’intreccia l’esperienza personale, come crescita, di Silvio Cattarina e delle scelte che lo hanno portato, lui trentino, a stabilirsi, tanti anni fa, a Pesaro. Ho molto apprezzato la lettura del “primo contatto”, cioè il momento più importante, talvolta decisivo, dell’incontro fra i giovani ospiti (futuri) con l’autore e gli operatori della comunità. Molti di questi in seguito, una volta ammessi all’ospitalità, descrivono, nelle pagine successive del libro, la loro quotidianità personale in comunità e il rapporto che via via si va stringendo tra i giovani e gli operatori, in “una vita fatta di regole anche dure”, ma che portano a un percorso di ri-nascita. Altre pagine intense sono poi quelle riguardanti le assemblee, cioè i due incontri giornalieri di confronto e discussione comune. Questi ultimi sono momenti forti e talvolta drammatici, in cui ogni partecipante della casa è chiamato a condividere con gli altri la propria esperienza di comunità e ad andare quindi in fondo alla propria esperienza umana d’origine. La lettura delle oltre 180 pagine, in tal modo, scorre verso tanti interrogativi e conduce il lettore al desiderio di conoscersi e interrogarsi sul non facile tema dell’educazione come dei valori di vita. Ma qual è, mi sono chiesto, il segreto di questa esperienza? La risposta mi è stata data dagli stessi ospiti interpellati nel libro: “Il modo in cui siamo stati guardati, fin dal primo momento, e poi accolti giorno dopo giorno, non per quello che facevamo ma per quello che eravamo”. Questo libro, per me dunque, è stato un viaggio avvincente, iniziato con la conoscenza diretta dell’autore (nel corso della presentazione), che attraverso la sua testimonianza mi ha reso partecipe della sua appassionata, coinvolgente, quotidianità di vita.

silvio_cattarina_chicosSilvio Cattarina è nato a Storo, in Trentino, 59 anni fa. Laureato in Sociologia a Urbino nel 1979 ha conosciuto don Gianfranco Gaudiano con cui ha iniziato il lavoro di operatore presso varie Comunità terapeutiche fino alla nascita della cooperativa sociale “L’Imprevisto”, che gestisce a Pesaro in sei strutture di accoglienza. A questa, nel 2003, si è aggiunta la cooperativa sociale «Più in là» per le attività di tipo lavorativo. Il suo primo libro pubblicato: “Torniamo a casa: L’Imprevisto: storia di un pericolante e dei suoi ragazzi” (Itaca Edizione, 2010).

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