Ci si permette di non essere scettici, nello scrivere riguardo Santa Rosalia in questi giorni. Tanti dubbi sulla sua storia e sulle sue reliquie esistono tuttora, ma si vuole raccontare qualcos’altro, di come sia stata la fede, prima di tutto, a portare al “Festino”, che quasi ininterrottamente da 393 anni si rinnova e celebra.
La peste arriva a seguito dell’attracco di una nave proveniente da Tunisi, nel maggio 1624, carica di doni per il viceré principe Emanuele Filiberto di Savoia. Si temeva potesse essere infetta, ma viene permesso lo sbarco di uomini e oggetti, e in pochi giorni si iniziano a contare i morti.
Cosa singolare, in quel periodo, sul Monte Pellegrino si stava scavando, in cerca di non si sa bene cosa. Sono giunte fino a noi le testimonianze dell’epoca, e in particolare di una certa Geronima La Gattuta, che aveva sognato una fanciulla che le prometteva guarigione in cambio di un pellegrinaggio sul monte; arrivata qui le appare nuovamente, dicendole di scavare per trovare i suoi resti. Radunati amici e parenti, oltre che alcuni frati che qui dimoravano, si scava fino a trovare delle ossa incastrate nella roccia, il 15 luglio 1624.
Pur avendo tutti chiamato al miracolo, il cardinale di allora Giannettino Doria fa studiare quei reperti, mentre intanto tutti avevano iniziato a pregare la Santa e a recarsi sul monte, dal quale vengono prese pietre e l’acqua del luogo di ritrovamento per farle toccare agli appestati, di cui da alcune testimonianze si racconta la guarigione. In particolare, un certo Vincenzo Bonello, rimasto vedovo a causa del male, si era recato sul monte. Qui incontra una ragazza che gli dice di chiamarsi Rosalia, che le ossa sono veramente le sue, che devono essere portate in processione per far cessare la peste, che lui stesso morirà dopo pochi giorni e di comunicarsi; in tal modo la notizia sarebbe arrivata al cardinale.
Sono già passati molti mesi dal ritrovamento, ma già nel luglio 1624 viene stabilito di considerare Rosalia santa patrona della città, data la diffusione di questa fede che avrebbe potuto condurre a superstizioni e rivolte contro le autorità civiche. Il 22 febbraio 1625 le ossa vengono riconosciute, si dispone la realizzazione di un’urna d’argento per contenerle, la realizzazione di due cappelle, una in Cattedrale l’altra sul monte, e di portare ogni anno in processione le reliquie il 15 luglio. Per quell’anno, però, si dispone di fare la prima processione il 9 giugno, quando ancora c’era la peste (finirà l’anno seguente), con una festa di 9 giorni. Negli anni seguenti i giorni sono ridotti, ma mai lo sfarzo. Il primo carro trionfale appare nel 1686, e da allora per l’occhio scettico lo sfarzo sembra prevalere sulla fede, data la gara a battere sempre il carro e la festa dell’anno precedente, ma una così amata e fedele interceditrice come non deve essere celebrata?