L’uomo fin dai suoi albori, ha sempre stabilito un forte legame con la propria terra, attribuendo alla stessa, un’essenza magica e religiosa. Nell’antichità le sorgenti, i crocevia e i luoghi, in cui era successo un evento miracoloso, erano considerati sacri ed erano contraddistinti da cappelline con dentro, una statua. Con il cristianesimo sono divenuti oggetti di devozione, verso varie figure divine, come Santi, la Madonna, il Cristo. Oggi sono ancora visibili innumerevoli immagini di sacralizzazione che rappresentano l’esternazione dell’arte popolare e l’espressione di una religiosità radicata e diffusa e che continua nel tempo.
La devozione religiosa ebbe la sua massima diffusione tra la fine del secolo XIX e fino al secondo dopoguerra. Divenne pratica diffusa quella di scavare nicchie sui muri o altarini con statue o semplici pitture. Queste piccole strutture architettoniche, sparse nel territorio, frutto di una devozione religiosa, presero il nome di edicole votive.
Quasi tutte custodiscono al loro interno vari oggetti, come raffigurazioni sacre, rosari, fiori, ceri. Il ruolo principale era quello di proteggere il luogo sul quale erano state edificate. Quasi sempre queste costruzioni nascevano come opere dei privati e spesso, erano state erette per adempiere ad una promessa. In passato le edicole votive erano dei veri e propri monumenti dall’alto valore simbolico. Oggi stanno perdendo il loro vero significato e spesso portano il segno dell’incuria e del degrado.
A Partinico, in provincia di Palermo, grazie all’impegno e alla generosità dei fratelli, Ferdinando e Paolo Cagnina, con la collaborazione del padre Raffaele, la piccola ottocentesca cappella votiva che si trova in via Mulini, è ritornata al suo antico splendore e va ad arricchire la zona circostante della villa Margherita. La conclusione del restauro giunge in un momento in cui la città, è sotto la cappa dell’emergenza rifiuti e di un agognato cambiamento. L’intervento di restauro, ha un preciso significato, quello di aggiungere un piccolo tassello nel mosaico del bene comune.
«Sono soddisfatto del risultato – dichiara Paolo Cagnina -. L’idea del restauro, in sinergia con i miei familiari, ha una ragione profonda, quella di divulgare il valore della religiosità e del rispetto per il bene comune. Faccio parte della confraternita della Beata Pina Suriano e la mia famiglia è molto devota alla Madonna del Ponte, ecco la ragione per la quale abbiamo voluto collocare, all’interno della nicchia, il quadro della Madonna Del Ponte».
«A lavoro finito – dichiara il fratello Ferdinando -, ho sentito sprigionare dentro di me una dolce commozione. Rendersi conto che, impiegare un lasso del proprio tempo, per i lavori di restauro dell’edicola votiva, ha un significato religioso, storico e culturale. Far rivivere il passato, vuol dire vivere con serenità il presente. Sono padre di un bimbo di quattro mesi, ed è a lui che voglio lanciare un messaggio di speranza. Contribuire alla valorizzazione di un angolo della mia città, divulgare il rispetto del paesaggio, significa rispettare e raccogliere la soddisfazione di aver fatto un bel lavoro, in onore della Madonna, affinché ci protegga e ci guidi».
Si dichiara soddisfatto anche l’arciprete della città, Salvatore Salvia, che ha fatto della bellezza il suo credo. Padre Salvia ringrazia la famiglia per il buon senso e la sensibilità mostrata e si augura che il gesto dei fratelli Cagnina, possa essere da esempio anche ad altri.
Certamente, quella della famiglia Cagnina, è stata un’iniziativa di alto profilo, perché coniuga la valorizzazione, la rinnovata speranza, la nascita di una cultura verso le cappelle votive e la Madonna, che sono da sempre espressione dell’arte e della religiosità di una comunità. Una preziosa tessera del mosaico del bello, che cancella i segni del degrado e serve anche come strumento di aggregazione della comunità cristiana, per fare memoria di un avvenimento religioso.