Venerdì 30 agosto alle ore 18:00 presso il Polo Museale di Ciminna, Corso Umberto I, sarà
inaugurata la mostra dell’artista Salvatore Urso, dal titolo: “I Colori della Vita”. Nella mostra, curata dal critico d’arte Massimiliano Reggiani e dalla giornalista Dorotea Rizzo, saranno esposti dipinti e sculture con un chiaro ed esplicito riferimento alla natura, presenza costante nelle opere dell’artista.
La mostra sarà visitabile fino all’8 settembre.
L’ amministrazione comunale di Ciminna, sempre molto attenta al valore della cultura, ha dato spazio a “Ciminna Contemporanea” e alle iniziative della locale “Pro Loco” aprendo il Polo Museale alla pittura d’avanguardia, con la collaborazione di artisti prevalentemente siciliani.
All’inaugurazione, infatti, saranno presenti figure di spicco dell’amministrazione comunale, come il sindaco Vito Filippo Barone e l’assessore alla cultura Michele Avvinti. Questo conferma l’impegno delle autorità locali nel sostenere la cultura e l’arte sul territorio.
Durante l’inaugurazione interverranno: Filippo Barone, sindaco di Ciminna, Michele Avvinti,
Ass. alla Cultura – Ciminna, Vito Mauro – Presidente Pro Loco Ciminna – APS, Dorotea Rizzo – Curatrice, Massimiliano Reggiani – Critico d’arte. Coordina: Marianna La Barbera – Giornalista.
Orari di apertura della mostra: tutti i giorni dalle 9:30 alle 12:30 dalle 17:00 alle 19:00. Ingresso libero.
Salvatore Urso
Salvatore Urso, in arte Ursò, nasce a Palermo il 1 marzo del 1965, pittore scultore poeta, inventa una nuova tecnica pittorica che utilizza il colore ad olio secco con cui ottiene il deposito dell’opera inedita sul tema “Il Rilievismo” presso la SIAE Sez. Olaf di Roma, frequenta la “scuola libera del nudo” presso l’Accademia di belle arti di Palermo dal 2001 al 2002, nello stesso anno ottiene il brevetto sul colore secco, vive e opera a Ciminna piccolo borgo del Palermitano. La gioia, la contemplazione della natura e della vita come beni preziosi…
«La mia arte- spiega l’artista, Salvatore Urso – vuole essere un invito a guardare la natura con occhi attenti, riconoscendo la bellezza in tutte le sue forme e colori. I fiori, come simbolo centrale, diventano portatori di questo messaggio, rappresentando non solo la preziosa bellezza della natura, ma anche la meraviglia della vita stessa. Il mio lavoro come artista è dunque un invito a vivere con gratitudine e consapevolezza, apprezzando la gioia che la vita ci offre, riconoscendo la fortuna di poterla vivere. Questa riflessione, potente nella sua semplicità e universalità, offre agli spettatori un modo per connettersi con la bellezza naturale e, attraverso essa, con un senso più profondo di apprezzamento per la vita».
Il commento dei curatori: Massimiliano Reggiani e Dorotea Rizzo
“Alcune opere trasformano l’immagine in esperienza sensoriale: il ruvido avvicina, il liscio si
allontana” – spiega Massimiliano Reggiani, critico d’arte:
«(…) Ursò, che nonostante la nostalgia è figlio maturo della modernità, coglie il transitorio, la bellezza inaspettata, dalla materia artificiale. I suoi petali sono polimeri, colori acrilici stesi in pellicole sottili che l’aria secca asciuga e le rende pelli cromatiche, morbide e scintillanti, intense e vivaci. Oppure vengono dalla ben più lenta evaporazione dell’olio che lascia come piccoli cristalli di pigmento puro. È la chimica che svela un lato sconosciuto ai più, che solo la sensibilità dell’Artista poteva riportare a nuova vita. Quel che resta di una colatura, lo smalto ormai staccato dall’oggetto che allegramente colorava: sono residui di tempo, disattenzioni, errori; sono per tutti semplici sbavature. Non per Ursò che le ha guardate, se ne è appropriato, le ha condotte a sistema, ne ha fatto la materia genetica del suo particolarissimo creare. I dipinti di Ursò, che possono dirsi più sculture quasi piatte che non pitture, giocano d’ombra e di rilievo, cambiano ritmo e sentimento con lo scorrere della luce, con il passare delle ore. Non sono mai identiche, non possono esserlo perché non hanno inseguito la percezione visiva ma la conoscenza, archetipica e tattile, del nostro
vivere quotidiano. Alcune opere trasformano l’immagine in esperienza sensoriale: il ruvido
avvicina, il liscio si allontana. Sono paesaggi vibranti di colore ma potrebbero anche essere
monocromi materici. Chiunque li leggerebbe per quello che sono: sfondamenti spaziali, infiniti racchiusi in pochi millimetri di scabra profondità. Altri sono reticoli geometrici che prendono le sembianze di prati fioriti, di corolle danzanti, di farfalle o animali degli abissi, liberi in mari senza confini. In questi è il colore stesso che si fa materia da vedere, come un teatro dove – dal buio della scena – prorompe una realtà più vera. Il mondo delle idee, ma anche il mondo dei valori: quelli che per una vita hanno guidato l’Artista nella vita famigliare, nella professione, nei rapporti sociali. Una fiaba che è filosofia tradotta in forme semplici, perché tutti la possano comprendere, accettare, forse preservare e soprattutto trasmettere a chi verrà dopo di noi nella ruota infinita delle generazioni».
“Nelle opere di Salvatore Urso ci sono i colori della vita” – spiega la giornalista Dorotea Rizzo: «Nulla è lasciato al caso. Nelle opere dell’artista Ursò ogni fiore, ogni paesaggio è frutto di una tecnica attenta a valorizzare e a canalizzare l’attenzione su alcune parti delle opere che sembrano uscire dallo sfondo che le incornicia. L’artista è proiettato in una continua sperimentazione che lascia ampio margine alle emozioni, libere di sprigionarsi attraverso i colori.
Espressione di sentimenti vecchi e nuovi: l’artista Ursò si fa interprete del gioco della vita che consiste in un continuo alternarsi di emozioni cariche di luce e di gioia e di altre più buie e in penombra. Fiori, animali, trazzere, scorci prevalentemente siciliani, paesaggi di antica e nuova memoria rimasti intatti negli eterni colori. Sono proprio questi “i colori della vita”, sparpagliati in un tripudio di tinte forti e corpose, in cui i pigmenti stessi diventano un tutt’uno con le forme componendo immagini serene in cui l’occhio può spaziare liberamente e saltare da un fiore all’altro, da uno scorcio all’altro, ammirando le esplosioni e il miracolo della natura. L’Artista ci invita ad uscire dal nostro essere, dal nostro piccolo mondo artificiale, dalla continua tentazione che appartiene all’uomo contemporaneo di distruggere tutto ciò che appartiene al naturale. Quello di Ursò è un vero e proprio invito ad entrare nel dipinto a tre dimensioni che la tecnica del “Rilievismo” gli permette di realizzare; un invito diretto a godere dei colori della vita che, nonostante tutto, riesce ancora a parlarci e offrirci gioia e serenità.
I dipinti di Ursò, come le opere verghiane, rappresentano una Sicilia vera e reale mai idealizzata a cui l’Artista ha aggiunto anche l’aspetto ironico: la dimensione malata dell’uomo alienato e in preda al male che diviene un omone grande e goffo. L “Orco” rappresentato dall’ Artista, infatti, è la figura allegorica della mafia, dell’uomo “d’onore” con in testa una ridicola e minuscola coppola, intento a rigurgitare gli esili fiori appena strappati dal prato. L’ Orco di Ursò ha l’aspetto rude e triste di un gigante che si crede forte mentre non è nulla di fronte alla forza prorompente della natura che lo schernisce con la disarmante semplicità dei fiori e dei colori da cui i petali stessi
traggono spontaneamente vita e bellezza.
L’Artista, eclissandosi dietro i propri dipinti, esprime il linguaggio universale della forza spontanea della natura partendo proprio dalla terra di Sicilia, altrettanto amata e vissuta in prima persona dallo scrittore Verga che la descrive come terra piena di contrasti in cui la natura è ancora, per certi versi, allo stato primordiale ma dove l’uomo ha lasciato il segno.
Per Ursò è giunto il momento di lasciare parlare i colori della vita, la natura stessa. Ora è il
momento di viverla nelle sue forme solide e concrete, nel colore indurito che la rende espressiva e palpabile. L’uomo, che Ursò non ama rappresentare, deve solo fermarsi a osservarla e ammirarla in tutto il suo splendore».