A sessant’anni dalla scomparsa ritorna più vivo che mai il ricordo di un Principe a Palermo. Lui era un fine studioso di letteratura europea, un uomo coltissimo e schivo, che poi balzerà – senza capacità di averne cognizione diretta, per la prematura scomparsa (1957) – agli onori della cronaca nazionale e mondiale, come scrittore, e a caso letterario postumo, con la sua principale opera “Il Gattopardo”, mentre correva l’anno 1958 e con l’assegnazione del prestigioso Premio Strega. Tale romanzo, nel suo contesto di avvicendamento fra due ceti e nell’apparente mobilità storica fra due epoche, è ricchissimo di riflessioni, non relegate solo ai personaggi o al gusto di un’epoca, ma estese, ancora e più che mai oggi, al nostro modo di essere. Parliamo, chiaramente, di Giuseppe Tomasi Principe di Lampedusa, il cui ricordo non viene celebrato dal solito memoriale bensì da un libro raffinatissimo, nella nuova collana “Scrittori del Novecento”, edito da La Nuova Narrativa Junior, dal titolo: “Il Gattopardo raccontato a mia figlia” di Maria Antonietta Ferraloro. Abbiamo rivolto alcune domanda all’autrice, da qui l’intervista a seguire.
Maria Antonietta Ferraloro è un’appassionata studiosa del Principe di Lampedusa scrittore, come ha inciso la tua qualità di insegnante in questo lavoro, “Il Gattopardo raccontato a mia figlia”, destinato a un pubblico giovanissimo di lettori? – “Credo sia stata la molla che ha messo in moto tutto. Proprio perché sono un’insegnante mi è parso del tutto naturale “filtrare” Il Gattopardo per la mia bambina. Provare a tramutare un‘opera così bella ma complessa in un racconto che potesse incuriosire anche una piccola lettrice come lei. E farle conoscere un po’ più da vicino un autore grande, ma per certi versi ancora “misterioso” – come lo ha definito il suo maggiore biografo, Andrea Vitello. Mi occupo di Tomasi dal 2008; gli ho dedicato due saggi e curato la pubblicazione di un testo che gli è stato dedicato recentemente. Il Principe fa parte della mia quotidianità da tanto tempo. Il mio desiderio, quando ho iniziato a scrivere questo nuovo libro, era semplicemente quello di offrire una mappa a mia figlia, che le consentisse di “approdare” a questo straordinario scrittore. Il primo nucleo era uno smilzo
manoscritto, con dentro dei disegni fatti da amici, e fotogrammi tratti dal film, che ho regalato a mia figlia Giulia per i suoi 9 anni – adesso ne ha 12 e mezzo”.
Quali accorgimenti e cautele hai usato per rendere più attrattiva una così controversa figura umana e letteraria? – “Ho riscritto tante volte questo libro. La trama del racconto si richiamava ai miei studi e si è disposta subito attorno ad alcuni piloni portanti: il bisogno di illuminare meglio la quotidianità di uno scrittore altrimenti sin troppo sfuggente; di dar conto del suo mondo affettivo; di far conoscere “l’altro Tomasi”, ovvero quello dei racconti e delle Lezioni; di accompagnare gradatamente il piccolo lettore nel mondo gattopardiano; di ridefinire meglio i luoghi tomasiani. La scommessa più grande era il linguaggio. Sentivo l’esigenza di una lingua precisa, aderente a cose, sentimenti e personaggi, ma che al contempo non rinunciasse ad essere evocativa e “visiva”. La scelta delle parole e la loro disposizione sintattica mi ha assorbito molto. Non so se ci sono riuscita, ma ho provato, sempre, a controbilanciare la fabula e le immagini”.
Qual è il messaggio che ancora oggi questo grande classico, cioè “Il Gattopardo”, può trasmette a noi tutti ed ai ragazzi in particolare? – “Come tutti i grandi capolavori, anche Il Gattopardo è uno di quei libri che ti cambiano la vita. Capace di consegnarti i suoi doni misteriosi in ogni stagione dell’esistenza. E’ un romanzo sulla morte; sull’amore; sulle delusioni che ci attendono al varco non appena viene superata la boa della giovinezza. Un’opera-mondo che ti parla con la stessa intensità di politica e fratellanza; di piccoli uomini e grandi personaggi. Per quanto riguarda i ragazzi, può guidarli a conoscere meglio uno dei periodi più importanti della storia d’Italia; irretire i loro piccoli cuori con la travolgente storia d’amore tra Tancredi e Angelica; fargli conoscere più da vicino alcuni strani meccanismi politici delle nostre società; e ultimo, ma non certo per ordine d’importanza; educarli al valore della letterarietà, cioè alla bellezza della Letteratura”.
Il prestigio del Premio letterario postumo all’opera e, anche, la riduzione cinematografica holliwodiana hanno contribuito a rendere partecipe al Romanzo il grande pubblico; quali altri scritti ritieni utili segnalare alla immediata lettura dei giovanissimi affascinati, attraverso il tuo racconto, da questa principesca figura? e perché? – “Mi piacerebbe che i ragazzi, dopo aver sbirciato il mio libricino, si sentissero invogliati a leggere “La sirena”, il racconto di Tomasi che oramai sempre più critici annoverano tra i più belli della letteratura mondiale. E che gli adolescenti, invece, iniziassero a leggere, con l’aiuto dei loro professori, i racconti letterari di Tomasi, cioè le sue bellissime Lezioni. La passione e l’amore assoluto che lo scrittore nutriva per i libri sono racchiusi in queste pagine ancora poco conosciute”.
Attraverso la tua attività di saggista e, adesso, con questo nuovo canale di lettura-spiegazione e racconto aperto, con “La Nuova Frontiera”, ai lettori super-giovani (+11), cosa hai appreso su Tomasi di Lampedusa, che non conoscevi, sull’empatia creata, da questo nobile poco incline alla mondanità e molto alle arti, e su quella Sicilia di ieri e, anche, di oggi? – “Mi sono accostata con timore e mille dubbi a un gigante della letteratura, ma presto ho iniziato a lasciarmi affascinare dall’uomo Tomasi. Una persona piena di problemi ma indomita. Sconfitta mille volte dalla vita ma pronto sempre a rialzarsi, in silenzio, e a ricominciare da capo a vivere la sfida di un nuovo giorno. Nel corso della sua esistenza, lui che era nato Principe, in una delle famiglie isolane di più antica nobiltà, ha dovuto fare molte volte i conti con la privazione, con le delusioni, con le perdite. Ha sperimentato persino la povertà. Non ha rinunciato mai, tuttavia, ad essere se stesso. Una persona coerente. Piena di valori, corretta. Basterebbe pensare, che nel secondo dopoguerra fu chiamato a guidare la Croce rossa isolana, ma si dimise dopo poco pur di non accettare compromessi di alcun tipo”.
Secondo te, può questa nobile figura letteraria, vanto di una città che molto spesso dimentica, avere un ruolo protagonista e un suo indelebile spazio preservato alla incuria del tempo, in occasione di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018? Quali possibili suggerimenti ritieni di offrire, perché ciò avvenga? – “Tomasi è un patrimonio dell’umanità. E’ tra gli scrittori più letti, tradotti e studiati al mondo. La sua figura e la sua opera possono creare ponti importantissimi tra lettori anche molto diversi tra loro. Avvicinare luoghi distanti. Palermo saprà intrecciare bene le sue trame culturali attorno a questo suo illustre concittadino. Penso che sia del tutto naturale che lo faccia”.
Save the date: La prima assoluta di presentazione del libro di Maria Antonietta Ferraloro è alla Modusvivendi Libreria (Palermo), venerdì 8 settembre, inizio 18.30. Insieme all’autrice interviene il Prof. Gioacchino Lanza Tomasi.
Maria Antonietta Ferraloro è insegnante e saggista. Dottore di ricerca in Storia della cultura e cultore della materia in Letteratura italiana, collabora con il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. “Il Gattopardo raccontato a mia figlia” (La Nuova Frontiera junior +11, pagine 96 € 13,50) è corredato dalle illustrazioni a due colori di Giulia Rossi.