Cosa deve rispondere, a se stesso e agli altri, un ragazzino la cui madre, nel richiamare la prole al desco, grida “Les garçon et Guillaume, à table!” (“i ragazzi e Guillaume, a tavola!”)? Come approcciarsi a quel “et” che distingue irrimediabilmente Guillaume dai due fratelli, che taglia come un coltello affilato l’identità del giovane Gallienne?
Questo film – pluripremiato e campione d’incassi (7 milioni di euro nelle prime due settimane di programmazione) in Francia – ripercorre la vita del suo regista, interprete e sceneggiatore, Guillaume Gallienne, il suo essere divenuto attore, diventando sua madre, per poi, finalmente, presentarsi a se stesso.
È una commedia surrealista, che porta il teatro sul grande schermo, rendendo cinematografica quella che era originariamente una pièce teatrale, portata in scena da Gallienne per un decennio. Lo spazio scenico, dice il regista, non bastava più; era necessario aggiungere al ritmo scandito del palcoscenico, quello spazio sospeso, quell’attenzione ai dettagli, quelle inquadrature che incorniciano l’espressività dei volti, che il teatro da solo non può dare.
E allora ecco che Gallienne ci mostra tutta la sua poliedrica capacità – retaggio della sua trasformistica storia personale – mantenendo una dimensione teatrale, in cui Guillaume, nei panni sia di se stesso che della madre, si rivolge al pubblico in tono ironico e divertente, che non cozza però con la dimensione, più lenta e narrativa, della cinematografia.
Vediamo, da una parte, un Guillaume ragazzino, convinto, da sempre, di essere una donna e trattato dalla madre come tale. Lui, timido ed effeminato, è la figlia che la donna avrebbe sempre voluto, capace di un amore incondizionato ed esclusivo per la madre che sconfina in una patologica venerazione.
La donna, dal canto suo, cinica e annoiata, non fa che fomentare la convinzione del figlio di essere una bambina, prima, e una ragazza, poi, ricoprendolo di vezzeggiativi declinati al femminile.
Tra uno “chérie” e l’altro, Guillaume assume sempre più la voce, le movenze e le pose della madre, fino ad essere confuso con lei anche da altri membri della famiglia. Guillaume diventa sua madre, ma diventa anche la principessa Sissi e l’arciduchessa Sofia, diventa le donne che ama, una dopo l’altra.
Gli psichiatri e i collegi, rigorosamente maschili, in cui viene spedito non fanno altro che distruggere la sua convinzione di essere donna, alla volta di una nuova certezza che gli viene incollata addosso come una seconda pelle: essere omosessuale. E allora Guillaume ci prova, esplora il mondo gay, tentando approcci fallimentari, solo per avere finalmente una definizione da dare e da darsi, per diventare quello che gli altri avevano già deciso che fosse.
Ma non funziona. La tragedia paradossale è che Guillaume non è gay. La scoperta sconvolgente qui non è, come solitamente avviene, quella dell’omosessualità, ma è l’eterosessualità a generare la crisi d’identità di Gallienne, a sradicare quelle convinzioni che gli erano state appiccicate addosso da sempre, fino a diventare le sue.
“Sei così gay che sei diventato lesbica”, si dice ad un certo punto Guillaume, come se tutto potesse essere accettato, tranne..l’eterosessualità.
Il polimorfo Gallienne – regista, interprete, sceneggiatore / ragazzino, adulto / uomo, donna / madre, figlio – ci mostra, svelando la sua vita al grande pubblico, il rovescio della contemporaneità, il suo volto più nascosto, meno noto. Ci mostra come oggi la vera stranezza, quella da additare ed etichettare, sia non essere strani, non uscire dai binari, non godersi la vita. Ci mostra – senza per questo ottenebrare o contrastare in alcun modo le rivendicazioni lgbt – come il fenomeno dell’accettazione sia qualcosa che coinvolge tutti, indipendentemente dalle distinzioni di sesso o di genere. Ci mostra che può far male scoprirsi gay quanto può far male scoprirsi etero, se dall’altra parte gli altri ci vedono solo secondo la loro ottica, secondo quello che loro credono che siamo.
Il finale è un commovente e simbolico addio alla madre, un addio dolce, amorevole e mai recriminatorio; un distacco necessario per smettere di essere lei, per poter vivere finalmente una vera e sana storia d’amore con la donna di cui, sorprendendo se stesso, si è innamorato. Niente più assunzioni di ruoli, morbosità e venerazioni, solo amore, allo stesso tempo semplice e complicatissimo, per una donna che, questa volta, è una donna da amare e non da emulare e introiettare.
Con questo film Gallienne mette a nudo la sua vita, la sua storia, il suo intricatissimo percorso attraverso una molteplicità di generi e di ruoli, di credenze e di maschere, per ritrovarsi. Senza, per questo, perdere la sua essenza polimorfa.
Titolo originale: Les Garçons et Guillaume, à table!
Paese / anno: Francia / 2013
Regia: Guillaume Gallienne
Sceneggiatura: Guillaume Gallienne
Collaborazione artistica: Claude Mathieu, Nicolas Vassiliev
Attori principali: Guillaume Gallienne, André Marcon, Françoise Fabian, Nanou Garcia, Diane Kruger, Reda Kateb
Direttore della fotografia: Glynn Speeckaert, SBC
Montaggio: Valérie Deseine
Musica originale: Marie-Jeanne Serero
Scenografia: Sylvie Olivé
Costumi: Olivier Beriot
Prodotto da Edouard Weil Cyril Colbeau-Justin, Jean-Baptiste Dupont
Una coproduzione: LGM Films, Rectangle Productions, Don’t Be Shy Productions, Gaumont, France 3 Cinéma
Genere: commedia
Durata: 85’