Un ragazzo guarito inspiegabilmente da un tumore e un suicidio evitato, testimoniato da un cappio lasciato al Santuario. Sono gli ultimi due miracoli che per intercessione della Santuzza sono stati fatti per la sua Palermo. Ne è convinto il reggente del Santuario diocesano di Montepellegrino, don Gaetano Ceravolo che ne ha dato notizia al termine della solenne concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo, mons. Corrado Lorefice in occasione della Festa liturgica di Santa Rosalia. “Questi sono soltanto gli ultimi miracoli in ordine di tempo – afferma don Ceravolo – ma posso testimoniare di tanti altri prodigi che Dio ha fatto, grazie all’intercessione della nostra Santuzza”.
Alla consueta celebrazione del 4 settembre, animata dalla Corale della Polizia Municipale di Palermo, diretta da Serafina Sandovalli, erano presenti diversi presbiteri, diaconi, autorità civili e militari e tantissimi fedeli, molti dei quali hanno raggiunto il Santuario diocesano a piedi. Nella sua omelia l’Arcivescovo ha richiamato i cristiani a vivere una vita coerente con il Vangelo sull’esempio di Santa Rosalia che è diventata eremita per seguire Cristo.
“Nella vita di ogni giorno – ha detto Lorefice – l’attesa definitiva della fine dei tempi, si vive in una carità operosa, anche se per noi c’è il rischio che la Fede si affievolisca o rimanga conformata alle logiche del mondo. La Fede si vive nel quotidiano e tutte le volte che abbiamo accolto un profugo, un ammalato, un affamato o un assetato l’abbiamo fatto a Cristo”.
All’offertorio le suore del Bell’Amore nel 25° anniversario dell’arrivo a Palermo della fondatrice, suor Nunziella Scopellliti, hanno portato il libro delle loro Costituzioni e i “Parrucchieri solidali” gli strumenti del loro lavoro che utilizzano presso la Caritas parrocchiale di don Orione.
Al termine delle celebrazione una processione con la reliquia di Santa Rosalia si è snodata fino alla grotta dove l’artista Alessandra Salerno ha cantato “Lu canticu di li animi”, una storia scritta dal punto di vista di un angelo che si trova inerme davanti alla sofferenza, alla morte e alle preghiere della gente disperata. L’angelo si rimette a Dio per portare pace alle anime e accompagnarle nel trapasso. “Questa canzone è stata scritta immaginando il periodo della peste del 1624 – spiega Alessandra Salerno – durante la quale la Santuzza intercedette presso Dio al Canto del Te Deum laudamus” perché Palermo fosse liberata dal morbo. E’ soprattutto una canzone più che mai attuale, e che dedico a tutte le anime perse nei nostri mari”.