PALERMO – Una notizia triste, che a poche ore dalla sua diffusione, suscita incredulità e afflizione. Sembra di percepire le stesse dolorose sensazioni di cinque anni fa. In Viale delle Scienze, in quello stesso edificio, osservando il mondo fuori da una finestra, la solitudine prima, poi la rassegnazione. “La libertà di pensare e anche la libertà di morire. Mi attende una nuova scoperta anche se non potrò commentarla”. Così scriveva Norman Zarcone, giovane dottorando di 27 anni, che, il 13 settembre del 2010, sceglieva il suicidio.
Oggi, una vicenda che pare avere le stesse dinamiche, ma sulla quale non si sa ancora nulla di certo. Un diciannovenne, studente universitario iscritto al corso triennale di Lingue, è morto, dopo essere caduto dal settimo piano della Facoltà. Si è ipotizzato il suicidio. Il corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco, mentre i carabinieri hanno avviato le indagini. Enorme è stato il turbamento tra docenti e studenti.
Ambizioni, pensieri, esitazioni e ricordi non hanno, a quanto pare, preso il sopravvento sulla decisione del ragazzo. Ancora si fatica a credere. Molti si chiedono il “perché”. Di fronte a cosa, quali sono state le problematiche che hanno portato un giovane con un futuro davanti a volere farla finita? Spesso si è presi da un senso di vuoto, la tristezza e la solitudine offuscano la mente e vengono assorbiti dal cuore. Tante persone stanno attorno a noi ma nessuno ci vede, molti ci parlano ma nessuno ci ascolta. Come è possibile che nessuno percepisca un’infelicità silenziosa? Forse proprio questa ha fatto maturare una simile conclusione. L’impegno per costruire il proprio avvenire è vano? La meta allora diventa una semplice illusione.
La vita spezzata del giovane sembrerebbe, agli occhi di tutti, intrecciarsi con quel senso di angoscia interiore e mancanza di prospettive e certezze future, che hanno caratterizzato il gesto compiuto da Norman cinque anni fa. Una soluzione tragica ma voluta, infatti “Norman è morto – precisa il padre in ogni evento in ricordo del figlio – per fare ascoltare una voce, la sua, pur attraverso la soluzione più dolorosa e tragica. Oggi Norman è, dunque, simbolo di un’intera generazione di studenti e precari, che non a caso è stata definita Generazione Norman o, diversamente, ‘Generazione no future’, mortificata, defraudata dei propri sogni e della possibilità di guardare il futuro”.
“Voglio manifestare – ha dichiarato il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari – la mia più profonda compassione da padre di una ragazza coetanea di questo nostro studente e da rappresentante della comunità accademica, ed esprimere grande vicinanza alla famiglia per questa tragedia che ancora una volta ci fa riflettere sulla fragilità dei nostri giovani, sulla necessità di sostenerli nel loro percorso umano e di studio, e sul nostro doveroso impegno a dare loro fiducia nel futuro, nel merito, nel pieno soddisfacimento delle loro attese”.