lunedì, 18 Novembre 2024
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Esclusiva. Lo scultore caltabellottese Salvatore Rizzuti si racconta a Giornale Cittadino Press

Lo scultore Salvatore Rizzuti ci affida in questa intervista i suoi pensieri, il modello e l’idea di bellezza che ha coltivato in sé, l’amore e il legame per la sua terra natia, Caltabellotta, e i suoi progetti futuri.

Maestro, da cosa nasce la sua passione per l’arte?

“Dal bisogno di esprimere la percezione e il sentimento del mondo sublimandoli, cosa che né con la parola né con altri linguaggi sarei capace di fare. Il linguaggio della scultura è per me innato, e nel mio caso coincide con le forme; in altri casi e per qualsiasi essere umano sulla terra, può coincidere con mille altri modi, per dare un senso e uno scopo all’esistenza stessa, che è fatta non soltanto di bisogni fisici, ma soprattutto spirituali.

Tengo a precisare, a tal proposito, che per me la spiritualità non è qualcosa di astratto, di metafisico, non è un’appartenenza a religioni, ma qualcosa di intrinseco alla natura e alle cose; per cui il fare, il realizzare un’opera è già di per sé estrinsecazione della spiritualità”.

A chi si è ispirato?

“Alla natura, al mito, all’Umanesimo rinascimentale, dunque alla Classicità, dove per classicità non si intende l’accademismo fine a se stesso ma lo spirito, l’essenza di una concezione umanistica, che non ha tempo ed è sempre, poiché si fonda su quei valori sedimentati dell’Uomo, che fanno parte dell’inconscio collettivo che è sotteso alle nostre anime e le nostre menti. Dunque il Mito. Dunque il Rinascimento, che, come credo che sia inconfutabile, è e rimane il periodo aureo di tutta la cultura occidentale; proprio perché si ispirava, a sua volta, alla grande cultura greca, espressione pura di tutta la mitologia mediterranea e dell’Uomo”.

Quanto Caltabellotta ha influito e influisce nella realizzazione delle sue opere?

“Tantissimo. Per la semplice ragione che Caltabellotta per me non rappresenta soltanto il luogo di origine a cui tutti più o meno ci si sente legati, ma il Luogo per eccellenza. Non staremo qui a ribadire la potente bellezza di questo paese, che si esprime nella sua natura aspra, nella sua storia millenaria e mitica, nel carattere arroccato dei suoi abitanti. Mi limito soltanto a dire che per me è il luogo ancestrale, il DNA di tutte le mie emozioni e di tutti i miei vissuti interiori, poiché la mia formazione, non del sapere ma della coscienza, si è svolta a Caltabellotta, o meglio in contrada Raggio, una località altrettanto aspra e selvaggia, dove le pietre stesse raccontano non soltanto la storia millenaria della terra, ma anche dell’uomo e che a me piace paragonare alle pietre che i mitici Deucalione e Pirra, dopo il diluvio universale, raccolsero da terra e buttandole alle spalle diedero vita a uomini e donne, ripopolando la terra.

Un vissuto di dieci anni in un luogo simile non poteva lasciarmi insensibile alla potenza della natura; pertanto quelle stesse pietre stimolavano il mio spontaneo desiderio di riconfigurarle con sembianze di uomini, quasi a imitazione di Dio, che dal fango crea l’uomo. Pur ammettendo la blasfema pretesa di imitare Dio, è pur vero che l’uomo, quando cerca di esprimere la propria creatività, a questo tende, soprattutto quando il linguaggio è quello tridimensionale della scultura”.

omaggio a piero

Si dice che alcune statue abbiano il suo volto: il Mosè sito nella Chiesa di Sant’Agostino e l’Adamo in ‘Il rifiuto del peccato originale’, è vero?

“Sì, è vero. Nel primo caso non in maniera cosciente (a parte il fatto che non credo proprio che vi sia tanta somiglianza, non basta la sola barba per renderla tale); nel secondo caso, invece, la somiglianza al mio volto è stata voluta, seppur velata, proprio per personalizzare la mia avversione a tutti i dogmi di origine religiosa, che limitano la consapevolezza di sé e del sé”.

A dicembre è stato presentato ‘Manuale di tecniche della Scultura’. Ci racconti qualcosa del suo libro.

“C’è poco da raccontare di un manuale, il quale non è altro che la raccolta sistematica di nozioni tecniche inerenti una determinata disciplina, in questo caso la disciplina della scultura.

È frutto di tutta la mia esperienza artistica, professionale e didattica, nel quale non lascio nulla al caso, ma è tutto descritto per filo e per segno, con abbondanza di immagini, affinché chiunque, non solo gli studenti delle Accademie e dei Licei Artistici, ma anche i dilettanti che vogliano approfondire la loro conoscenza, possano trovarvi tutte le indicazioni utili a tale scopo.

Sta avendo un discreto successo, e molti confermano che risulta fra i più approfonditi; il che, ovviamente, non può che farmi piacere per aver raggiunto lo scopo che mi prefiggevo; che era soprattutto quello di tramandare tutto un mondo di conoscenze, sia teoriche che pratiche, in un tempo in cui il bell’e pronto dell’industria tecnologica ha soppiantato il sacro potere del fare attraverso la mente e le mani dell’uomo, di ciascun uomo”.

Krisis
Krisis

Come passa le giornate senza l’Accademia?

“Come era prevedibile, dopo 35 anni di insegnamento, l’Accademia un po’ mi manca, ma non a tal punto da farmi sentire fuori dal gioco, anche perché tantissimi allievi ed ex allievi continuano a tenersi in contatto con me, sia per ragioni affettive che per consigli didattici.

Contrariamente a quanto avviene solitamente col pensionamento, cioè di sentirsi come obsoleti, devo ammettere che per me è tutto il contrario, poiché adesso mi rimane tutto il tempo a disposizione per dedicarmi totalmente alla scultura, oltre che alle buone letture. Mai come adesso mi sono sentito carico di energia e di voglia di realizzare cose impegnative”.

Che consiglio darebbe ad un giovane scultore?

“Lo scultore deve porsi con assoluta umiltà, non soltanto verso la materia, ma anche e soprattutto verso l’arte e verso il mondo.

La Scultura è una sfida titanica, e lo scultore deve essere un Sisifo alle continue prese col masso da far rotolare in cima alla montagna. Dunque, umiltà ma tenacia insieme, soprattutto in questo nostro tempo, in cui ci si illude di potere ottenere tutto con facilità e senza alcuno sforzo.La Grande Madre

Lo scultore deve essere tenace e perseverante, ponendosi non l’obiettivo di conquistare il successo, ma di conquistare e padroneggiare la materia, per renderla viva e vibrante; possibilmente infondendole quell’anima di cui tutte le cose hanno bisogno per esistere e avere un senso”.

 

Ha mai pensato di tornare a vivere a Caltabellotta?

“Spiritualmente vivo da sempre a Caltabellotta. Fisicamente di meno, ma credo proprio che (a proposito di “progetti futuri”) tutti i mesi primaverili ed estivi dei prossimi anni li passerò a Caltabellotta, dove continuerò a realizzare le mie opere e dove aprirò il mio studio alle visite libere di chiunque vorrà godere del fascino del fare scultura, del fare arte, dell’usare le mani per creare”.

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