E dire che non volevo dire nulla, e soprattutto non volevo scrivere nulla, ma il mio ego mi ha costretto a mettermi al computer e a trimpellare quattro parole inutili.
Sono stato costretto? E da chi e da cosa. No, costretto assolutamente no. E allora? Sarà stata quella voglia che ogni tanto mi piglia, sì quella voglia di pigiare sui tasti della tastiera così a caso e scrivere delle frasi che vogliono dire tutto e nello stesso tempo non vogliono dire nulla. Lo ammetto, è stato più forte di me.
Ma insomma cosa vuoi esprimere, ovvero cosa vuoi comunicare? Mi dice una vocina da dentro.
Questo ancora non mi è chiaro. Dentro di me si sta scatenando una tempesta, non è quella che avrei voluto io, monellacci avete capito benissimo, ma sempre di tempesta si tratta.
“Piove governo ladro” si diceva una volta. Appunto una volta adesso del governo cosa si può dire, tutto o nulla? Direi il nulla più assoluto, c’è un vuoto in politica che difficilmente si potrà colmare a breve. Babele forse era più organizzata, ma di questo non ne voglio parlare, sarebbero pensieri buttati alle ortiche, sprecati, non ne vale la pena.
Riprendendo il concetto che voglio esprimere, «perché hai un concetto da esprimere?» Il mio doppio colpisce ancora mette in dubbio tutto quello che fino ad un momento prima mi sembrava una certezza, che poi invece si è rivelata la più assoluta incertezza.
Quindi? E nenti, non voglio dire proprio nulla. «E allora perché ci stai tediando?» “A sta vocina, ma cosa vuole, ma statti zitta e, come dice Montalbano, un ci rumpiri i cabbasisi”, questa non ve la traduco è troppo nota, nel caso non lo sia, io non ci posso fare nulla. Mi chi sugnu strurusu”.
Sinceramente, sinceramente? Non sono assolutamente sicuro di quello che voglio esprimere non ci riesco proprio. Perché? (ancora idda – lei) Perché non so cosa dire e neanche cosa scrivere.
Cambiando impianto del discorso, Qualcuno dice che: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. E se uno non sa nuotare cosa fa, affoga?
“Galleggiare per sopravvivere”. Ma che vita sarebbe, sempre in bilico e sempre in tensione rischiando che se si effettua un movimento brusco si rischia di annegare.
Bisogna essere sempre sicuri di sé stessi? E chi ce la dà questa sicurezza. Nessuno. Appunto nessuno la può dare, e allora?
È allora che? Mizzica però, proprio non ci riesci a fare un discorso che abbia un senso compiuto, che ci dica qualcosa di determinante o di determinato? Altro grosso dubbio?
A sti cavoli di dubbi, mai una certezza, certo la certezza assoluta è difficile, ma una certezza anche piccolina, no?
“Insomma Peppino. Hai già scritto diversi righi, ma chi vò riri? (Per i soliti non siculi: cosa vuoi o hai voluto dire fino a questo momento?) Ma sicuro che la frase scritta in lingua sicula, che ripeto: “ma chi vò riri” cioè quattro parole appena nella traduzione addirittura sono diventate ben dieci parole? Demando al lettore in busillibus, «se pighiò u bus (va bene ha preso il bus) si dice busillis, ignorante». “Mi però puru pi ‘ngnorante mi pighiò u me secunnu (mi pure per ignorante mi ha definito il mio doppione)”. «Ancora continui a sbagliare io sono il tuo alter ego, così si dice. Ignurant, come dicono i nostri amici lombardi».
“Amici i lombardi? Fratel come dicevano i nostri avi – amici e guardati – a buon intenditor poche parole. Lasciamoli perdere ai lombardi che è meglio, non mi fare sbagliare a parlare. Ma parra comu ti fici to matri e to patri (ovvero: parla come ti hanno insegnato i tuoi genitori)”.
……………
«E questi puntini che vogliono dire?»
“Niente, non vogliono dire un bel niente, basta mi siddiò caro vater ego”. «Si dice Alter ego, cavololetto di brusselles, u capisti?»
“Finalmente parri comu i cristiani, bravo” (finalmente parli come i nostri padri, bravo).
Arrivato a questo punto penso di avervi tediato abbastanza spero solo che questa lettura, nonsenso vi abbia rallegrato un po’ il mio scopo principale, come avete certamente capito, è proprio questo.
Ad maiora, alla prossima.
P.S. In copertina ho voluto inserire una mia nuova opera in cui il soggetto dipinto rappresenta il mio “io”. Opera che fa parte di un polittico. Era un soggetto che avevo ideato quando ero ragazzo che, stava in bella mostra nella mia cameretta a casa dei miei genitori. Adesso l’ho modificato e reso più brillante – spero vi piaccia -.