Nel nostro Paese sono 6.400 le apparecchiature di diagnostica per immagini obsolete, ovvero che hanno superato in modo evidente la soglia di adeguatezza tecnologica attestata tra i 5 e i 7 anni. Lo afferma un’indagine pubblicata dal Centro Studi Assobiomedica – “Il parco installato delle apparecchiature di diagnostica per immagini in Italia”. Particolarmente grave e’ lo stato di “vetustà” delle apparecchiature radiologiche come i mammografi convenzionali e telecomandati, come Pet (tomografia a emissione di positroni) , Rmn ( risonanza magnetica) e Tc (Tomografia computerizzata) che hanno visto un peggioramento dello stato di obsolescenza rispetto agli anni passati. In particolare, – si legge sull’indagine- continuano a registrare un’età superiore ai 10 anni il 72% dei mammografi convenzionali, il 76% dei sistemi radiografici fissi convenzionali, il 66% delle unità mobili radiografiche analogiche e il 60% dei sistemi telecomandati convenzionali. Questi i principali dati che emergono dallo studio. “L’indagine – ha dichiarato Marco Campione, Presidente dell’Associazione Elettromedicali di Assobiomedica – oltre a confermare il persistere di una grave situazione di invecchiamento del parco installato negli ospedali del nostro Paese, registra un aggravamento del gap tecnologico con il risultato che l’Italia ha perso posizioni rispetto al ranking europeo dell’Ue 27. In Italia, rispetto all’Europa di riferimento, esistono troppe apparecchiature per abitante, troppo vecchie e troppo poco utilizzate. E’ urgente investire in innovazione di qualità, anche per mezzo della dismissione di tecnologie obsolete”. Uno degli aspetti più gravi – ha concluso Campione – è che oggi il 50% delle apparecchiature radiologiche è ancora convenzionale, quando 20 anni fa la radiologia ha assistito a una grande rivoluzione tecnologica col passaggio dall’analogico al digitale, che ha consentito una migliore capacità diagnostica, la riduzione dei tempi di esecuzione dell’esame e il contenimento dei costi”.