Il sindaco Leoluca Orlando questa mattina, insieme all’assessore alla Cultura, Andrea Cusumano, è intervenuto alla presentazione del progetto Blood Brain Barriers di Daniela Papadia e Riccardo Cassiani Ingoni, che si è tenuta presso l’Accademia delle Belle Arti di Palermo. Il progetto si pone in continuità con il precedente, la Tavola dell’Alleanza, eseguita nel 2014 all’interno del carcere romano di Rebibbia, e avvia un processo di integrazione e dialogo con i popoli che attraversano la Sicilia nelle loro rotte migratorie, proponendo l’arte come strumento di lettura di queste.
“Il progetto Blood Brain Barriers si sposa appieno con lo spirito di accoglienza e integrazione che anima la nostra città, luogo storico di incontro e scambio tra culture e tradizioni differenti – ha dichiarato il sindaco Leoluca Orlando -. In un contesto in cui la ricerca artistica diventa lo strumento per eccellenza di superamento di differenze, pregiudizi, barriere fisiche e mentali, e suggerisce momenti di riflessione su importanti temi contemporanei, quali
multiculturalità, differenze religiose, migrazione di massa, l’arte insieme alla scienza non può che creare le condizioni favorevoli per il dialogo e la solidarietà nei confronti di chi fugge dalla guerra e dalla violenza ed è spesso percepito come ‘diverso’ da noi”.
“Proseguendo nella linea tracciata dalla città negli ultimi anni, – ha dichiarato l’assessore alla Cultura, Andrea Cusumano – il progetto di Daniela Papadia aiuta a comprendere e intensificare il confronto ed il dialogo tra le culture. Dialogo che ha reso Palermo una capitale mediterranea dell’accoglienza e della valorizzazione dell’identità
molteplice. La collaborazione istituzionale, messa in porto per questo progetto, tra l’Amministrazione attiva, la Consulta delle Culture, l’Accademia di Belle Arti e WISH/BIAS di Chiara Donà delle Rose testimonia la forte cooperazione e collaborazione tra gli attori culturali del territorio, consentendo alla nostra città una svolta in
positivo nella capacità di programmazione dell’offerta culturale”.