Ogni genitore si è trovato ad affrontare il problema dei compiti da casa, assegnati ai propri figli dagli insegnanti. Così, il dibattito sui compiti a casa è un tema che suscita emozioni contrastanti. Da un lato, c’è chi sostiene che i compiti siano essenziali per consolidare le conoscenze acquisite a scuola. Dall’altro, ci sono coloro che ritengono che i bambini abbiano bisogno di riposo e tempo libero per sviluppare altre abilità e interessi.
Secondo alcune indagini statistiche, come l’indagine dell’OCSE-PISA (Programme for International Student Assessment) del 2018, in Italia gli studenti delle scuole Secondarie trascorrono fino a 11 ore a settimana a fare i compiti a casa, superando di molto la media europea che è di 6,5 ore.
Paesi come Danimarca, Svezia, Romania, Lettonia, Bulgaria e Lussemburgo adottano approcci più leggeri riducendo al minimo i compiti da casa, o, come la Finlandia, eliminando completamente i compiti a casa nelle prime fasi dell’istruzione. Anche la nostra vicina Francia, fa meglio del nostro Paese impegnando gli studenti delle Secondaria per 7 ore settimana.
Evidentemente, questi paesi ritengono che sia più importante far svolgere agli studenti i compiti durante le ore di scuola, dove gli insegnanti possono guidare e supportati gli alunni.
Sicuramente i compiti a casa sono un’opportunità per rivedere e approfondire gli argomenti trattati a scuola, ma quando il carico di lavoro per lo studente diventa eccessivo, può avere effetti negativi sulla salute mentale e fisica dei bambini.
Per un lavoratore adulto, lavorare oltre le ore di servizio o durante le ferie, è quasi impensabile e allora perché dovrebbe essere il contrario per gli studenti? Chiedere loro di continuare a studiare a casa, è corretto? C’è anche chi sostiene, in modo estremo, che si tratti di un accanimento, una violazione dei diritti fondamentali dei bambini.
Ma esiste un obbligo di legge che stabilisce se i compiti da casa devono o non devono essere assegnati? Secondo quanto riportato in una vecchia circolare del Ministero dell’Istruzione, la numero 177 del 1969, agli alunni delle scuole Elementari e Secondarie non dovrebbero essere assegnati compiti da svolgere a casa nei giorni festivi, ma ogni istituto gode di autonomia e può decidere autonomamente sulla questione. Quindi, se ne desume che non esiste una legge specifica che obblighi o esoneri gli studenti dai compiti a casa durante le vacanze.
La Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata a dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con la legge numero 176 del 27 maggio 1991, al primo comma dell’art. 31 stabilisce che: “Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica”.
Si potrebbe interpretare che l’assegnazione di compiti a casa ai minori che frequentano le scuole a tempo pieno può precludere l’esercizio di questo diritto, e che l’assegnazione violerebbe la legge che impone il rispetto dei bisogni fondamentali degli stessi minori.
Il dibattito sui compiti a casa è complesso e coinvolge aspetti pedagogici, psicologici e sociali. Mentre alcuni sostengono che i compiti siano necessari per il successo scolastico, altri chiedono una revisione delle pratiche attuali. Forse è giunto il momento di trovare un equilibrio tra studio e riposo, garantendo ai bambini il diritto di godere appieno della loro infanzia.