Due recenti atti criminali di bracconaggio (l’uccisione di un Capovaccaio e di un’Aquila del Bonelli) hanno indignato l’opinione pubblica e a far invocare, addirittura, la chiusura della caccia in Sicilia da parte di alcune associazioni ambientaliste. Il bracconaggio è una attività illegale che non c’entra nulla con la caccia. Tant’è che uno degli episodi di cui parlavamo in premessa è avvenuto proprio quando la caccia in Sicilia era chiusa.
E allora? La caccia è una attività pesantemente normata da norme regionali, nazionali e dell’unione europea che è ammessa per poche specie che sono in evidente e buono stato di conservazione. Delle migliaia di specie animali presenti sul nostro territorio la caccia è ammessa soltanto su una ventina di queste che non corrono alcun rischio di estinzione. Ma come succede, oramai, da qualche anno le polemiche sulla attività venatoria non mancano.
Quest’anno in Sicilia il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) e il CGA (Consiglio di Giustizia amministrativa) hanno decretato la sospensione della caccia nel mese di settembre con codazzo di polemiche, ancora una volta molto forte da chi ritiene di avere avuto leso un proprio diritto a fronte del consistente impegno economico sostenuto (fra tasse di concessione governative, regionali e di assicurazione) e da chi non vuole proprio sentire parlare di caccia.
E come sempre avviene nelle polemiche da una parte e dal’altra si inseriscono problematiche di ordine etico difficile da dipanare. E’ giusto uccidere un animale? Che differenza c’è fra una quaglia e un bel pollo alla brace fumante? Perché il coniglio no e la fiorentina di vitello con patate si?
Un fatto è certo il cacciatore che rispetta le norme non può essere assimilato al bracconiere. Il bracconiere è un essere spregevole che non solo fa danni nei confronti dell’ambiente ma fa additare tutta una categoria di onesti cittadini come delinquenti.
Ma come spesso accade la facile assimilazione cacciatore e bracconiere suscita sempre e comunque un vespaio di polemiche. Da un lato i cacciatori che si ritengono attaccati e offesi da accuse ingiuste e pretestuose dall’altro i contrari alla caccia che al minimo episodio non perdono occasione per chiedere la cessazione di un’attività che, invece, è prevista sia dalla Costituzione che dalle leggi.