Si e svolto ieri a Palazzo Belmonte Riso, all’interno della Sala Kounellis, l’ottavo incontro inserito tra le iniziative proposte da BIAS 2018, la Biennale Internazionale di Arte Sacra Contemporanea, che ha visto la presentazione del libro “I patti del Profeta Muhammad con i cristiani del mondo“.
L’evento si è svolto alla presenza dell’assessore alla Cultura Andrea Cusumano, dell’Imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis Italiana e Imam della moschea Al-Wahid di Milano, della professoressa Ida Zilio Grandi, Islamologa e docente Associata Università Ca’ Foscari di Venezia, Cattedra di lingua araba, Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea nonché della direttrice della Biennale, Chiara Modìca Donà dalle Rose.
Fulcro dell’evento, l’incontro con la cultura e le tradizioni islamiche attraverso la parola, la scrittura, l’interpretazione del tema della “porta” in latino e in arabo, ma anche attraverso la musica, il canto e la danza. Esempio di comprensione dell’altro deve passare, necessariamente, attraverso la “porta della conoscenza” affinché le barriere del pregiudizio possano essere abbattute.
«Il tema della porta – spiega Andrea Cusumano – è sinonimo anche di cambiamento, in quanto luogo, ma anche momento di passaggio e necessità di andare oltre. Palermo – continua e conclude l’Assessore – negli ultimi anni ha voluto abbracciare questo concetto recuperando una narrazione sulla città che non è invenzione di questi giorni, ma parte integrante della dimensione transpersonale di questa città».
«Se il tema di questa biennale è la porta – afferma Yahya Pallavicini – allora Palermo è il posto giusto perché è davvero una porta di scambio, di rispetto e dialogo tra le culture. Il dialogo – prosegue l’Imam – deve essere un incentivo per gestire il bene comune e collegarsi alla spiritualità, non deve essere un principio teorico ma dell’esistenza: quando vengono meno questi principi non si distrugge solo il bello, ma anche la comunicazione. I talebani (studenti) che distruggono le rappresentazioni del Buddha compiono uno scempio non soltanto archeologico-culturale, ma soprattutto spirituale».
«Bisogna fare attenzione – prosegue l’Imam – perché i formalisti e i bigotti usano sempre dei pretesti e i pretesti sono l’idolatria, il paganesimo, l’ignoranza che confluiscono in un gioco in cui, in realtà, la “porta” si chiude. Sarebbe infantile descrivere i sistemi religiosi del cristianesimo e dell’Islam come uno migliore dell’altro e viceversa e conduce al deterioramento del dialogo; forse la rilettura di esempi pratici, di alleanze fraterne tra cristiani e musulmani, tra credenti e diversamente credenti – conclude l’Imam – potrebbe essere molto interessante per intervenire in questo senso».
La professoressa Ida Zilio Grandi, ha spiegato: «Ciò che vorrei proporre è l’analisi del concetto di “porta” in italiano e in arabo: la parola italiana “porta” deriva dal medesimo vocabolo in latino che significa “sollevare” e deriva dall’atto di sollevare un aratro davanti a quella che sarebbe stata la porta della città ad opera di Romolo».
«Nell’accezione italiana – prosegue la professoressa – si pensa sempre a ciò che è “dentro” lo spazio che la oltrepassa e che si può chiudere; in arabo avviene l’esatto contrario, perché il termine arabo che indica la porta e deriva da un verbo, indica “suddividere”, “classificare”, dunque disporre dello spazio: quindi, in arabo, non abbiamo una concezione di “chiusura” o di uno spazio limitato, bensì di uno spazio illimitato che deve essere suddiviso, segmentato e aperto. In senso più ampio – conclude la professoressa – due prospettive che non sono nemiche, ma che ci aiutano a vedere il mondo così com’è».
A seguire, si sono svolte le performance di musica, canto e ballo di Mohammad Abu Zid, musicista non vedente, grande esecutore egiziano di liuto, Sarita Marchesi Vad Der Meer, soprano, Philippe Humbert, Direttore della School Music and Dance in the Art Center of Douarnenez nonché dell’artista israeliana Michael Israelstam.
I brani proposti sono stati: “Alatull” (andiamo avanti) dedicata ai migranti, un brano della tradizione calabrese riadattato in chiave orientale, un brano sentimentale arabo, una canzone di una cantante siriana (lamento d’amore), un’aria antica con influenze orientali (esperimento) e un brano folk della tradizione araba.
Al termine della performance di danza, Michael Israelstam, ha consegnato a ciascuno dei presenti un biglietto con un messaggio di pace. A noi del GCPress è giunto questo messaggio: “To be in contact is our nature. To feel the connection is our bliss. To be together is our choise. To live as one is our destination. To enjoy the oneness is our freedom” (“Essere in contatto è la nostra natura. Sentire la connessione è la nostra gioia. Stare insieme è la nostra scelta. Vivere come un tutt’uno è la nostra destinazione. Godere dell’unità è la nostra libertà”).
Al termine dell’evento pomeridiano, a Palazzo Gaetani di Bastiglia, di via Vittorio Emanuele a Palermo, si è tenuta una cena Ramadam nell’androne dello stesso Palazzo offerta dalla Contessa Chiara Modica Donà dalle Rose. La cena, che ha visto la partecipazione di tutti gli ospiti presenti all’incontro del pomeriggio, ha voluto essere un momento di aggregazione per 114 poveri immigrati selezionati da Imam Pallavicini e di altre confessioni religiose. Poiché molte delle persone invitate non hanno partecipato alla cena, il cibo non consumato, ha dichiarato la Contessa, è stato destinato alla comunità di Biagio Conte.