L’Isola di Mozia da oggi, martedì 8 giugno, riapre ai visitatori dopo la lunga pausa dovuta alla pandemia. E l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, si è recato nello splendido parco naturalistico della laguna dello Stagnone marsalese, per verificare l’andamento dei lavori relativi al restauro archeologico, alla riqualificazione ambientale e alla valorizzazione dell’Isola, finanziati dall’Assessorato dei Beni culturali con risorse del PO FESR 2014-2020 e avviati nel maggio dello scorso anno.
L’Assessore Samonà è stato accolto sull’Isola da Maria Enza Carollo, direttrice della Fondazione Withaker e dalla direttrice del Museo, Maria Pamela Toti e accompagnato dal capo della segreteria tecnica, Carmelo Bennardo, che segue anche la direzione tecnica dei lavori.
Durante l’intervento di restauro della “Casa dei Mosaici” sono venuti in luce alcuni quadri del pavimento in mosaico di ciottoli di fiume bicromo che era stato scoperto da Withaker nel 1912. I quadri scoperti restituiscono rappresentazioni zoomorfe del mondo marino e del repertorio iconografico ellenistico.
“Si tratta di una scoperta molto importante – evidenzia la direttrice del Museo, Maria Pamela Toti – che conferma l’ipotesi che la ‘Casa’ dovesse essere in effetti un edificio legato a funzioni pubbliche e testimonia, altresì, il livello delle relazioni che l’Isola di Mozia deve aver intrattenuto con il mondo occidentale allora conosciuto”.
“Fin dai primi anni del ‘900, quando Joseph Whitaker diede inizio alle fruttuose attività di ricerca e scavo, questo lembo di terra ha restituito preziose testimonianze che ci hanno aiutato a ricostruire la cultura fenicio-punica in Sicilia – ha dichiarato l’assessore Samonà -. A distanza di un anno dalla mia prima visita sono venuto a verificare lo stato di avanzamento dei lavori per la protezione e valorizzare del sito. Un grande impegno economico grazie al quale il Governo regionale ha messo in sicurezza l’Isola di Mozia e l’ha dotata di importanti strutture e servizi che consentono di garantire maggiore sicurezza e offrire ai visitatori migliori condizioni di visita”.
In occasione della riapertura, l’assessore Samonà ha anche sottolineato che ripartiranno a breve i lavori di ristrutturazione dell’imbarcadero storico, il cui recupero è stato fortemente voluto dal Presidente Musumeci: le opere, per l’importo di circa 200 mila euro, coordinate dal Genio Civile con la Soprintendenza di Trapani, riguardano la ristrutturazione di un edificio in muratura che diventerà un luogo a servizio dei turisti con locali di stazionamento, servizi igienici e spazi per il personale; si provvederà, inoltre, alla sistemazione della pavimentazione dell’area antistante l’edificio, dove saranno collocati tre box in legno da destinare a biglietterie e vendita di souvenir.
Gli interventi sull’Isola sono stati realizzati grazie a tre finanziamenti che hanno permesso di articolare i diversi tipi di azioni necessarie; in particolare un primo appalto di € 199.867,00, eseguito dalla Geogrà Sermide, è stato destinato alle operazioni di rilevamento topografico dell’intera Isola, necessarie per il monitoraggio e il controllo dei beni.
L’imponente raccolta di documentazione, realizzata attraverso il rilievo ortofotografico dell’isola e il rilievo tridimensionale di dettaglio di ben 13 siti con relative mappature, oltre all’acquisizione di documentazione fotografica e a campagne di analisi chimico fisiche per la caratterizzazione dei materiali ci consentono oggi di avere materiale dettagliato per una maggiore comprensione dell’insediamento. I dati acquisiti saranno sistematizzati in un database online con il quale ci si potrà interfacciare che costituirà uno strumento utile per i prossimi interventi.
Un secondo intervento, per € 999.700,06, eseguito dalla FRAMIC di Valverde (CT), ha riguardato i lavori di realizzazione dei percorsi, la sistemazione del verde e degli arredi esterni, la realizzazione della rete-dati WIFI, la collocazione di telecamere di sorveglianza, la segnaletica e la collocazione di pannelli didattici. Infine é stata prevista la fornitura di biciclette elettriche.
Il terzo intervento per l’importo di € 2.165.252,33 – in corso di esecuzione dell’A.T.I., AR Arte e Restauro srl., Tiziana Salvatrice Cilia, Saitta Antonino, Isa Restauri e Costruzioni srl, costituiti in Consorzio Mozia – riguarda le opere di restauro specialistico.
Il restauro ha interessato le aree di Porta Nord, Tofet, della Necropoli, dei Luoghi di Arsione, del Santuario di Cappiddazzu, delle Case dei Mosaici, delle Casermette, della Porta Sud e del Kotan.
Gl interventi sono stati effettuati alle strutture murarie, molte delle quali erano a rischio di crollo, ai delicatissimi muri in mattoni di terra cruda e alle fornaci a forma di omega, tipiche del mondo fenicio. Interventi di restauro anche ai resti dei luoghi dove saranno realizzate coperture archeologiche che andranno a completare l’azione di protezione e recupero.
“Siamo molto grati alla Regione e all’assessore Samonà – spiega Maria Enza Carollo, Direttrice della Fondazione Withaker – per gli importanti interventi messi in campo, grazie ai quali sono stati recuperati e protetti alcuni scavi che rischiavano il degrado. I lavori nel loro complesso, peraltro, ci consentiranno di valorizzare tutta l’isola e di renderla più attrattiva e agevole per i visitatori”.
L’Isola di Mozia si avvarrà anche di un sito web dettagliato attraverso il quale sarà possibile acquisire le informazioni sulla storia dei luoghi. Alla conclusione dei lavori, prevista per il mese di settembre 2021 sarà realizzata una pubblicazione monografica sull’Isola e sugli interventi realizzati.
All’incontro con l’assessore erano anche presenti il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, le autorità locali, i direttori delle missioni archeologiche che svolgono ricerche su Mozia: Università di Palermo, Soprintendenza del Mare e Università di Roma “La Sapienza”. Per la Fondazione presenti la consigliera Lidia Tusa, in rappresentanza del Presidente, Paolo Matthiae e Fabrizio Escheri, per il Collegio dei Revisori della Fondazione, i rappresentanti delle compagnie di navigazione che assicurano il collegamento Mozia/Terraferma.
LERCARA FRIDDI: IL MUSEO DI VILLA DELLE ROSE RIEVOCHERA’ LA STORIA DELLE ZOLFATARE DI SICILIA
Partono i lavori per l’allestimento del Museo “Villa Rose” a Lercara, sede del Parco Archeologico-Industriale e Museo della Zolfara di Lercara Friddi (PA), istituito dalla Regione nel 2010.
La Soprintendenza dei Beni Culturali di Palermo, diretta da Selima Giuliano, infatti è in fase di consegna dei lavori alla Ditta Sistemalab s.r.l di Altamura (BA) che li realizzerà per un importo di € 367.548,78. I lavori saranno completati in poco meno di due mesi.
Il progetto, finanziato con risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione 2014-2020 prevede, in particolare, la sistemazione dell’area esterna e l’allestimento interno dove saranno realizzate le vetrine espositive, gli spazi destinati agli archivi, il laboratorio di restauro, la biblioteca, un’aula didattica e una sala da destinare alle conferenze. Arredi e spazi rinnovati anche per gli uffici, per le sale espositive di archeologia e per quelle relative alla civiltà dello zolfo. Il museo sarà dotato di dispositivi multimediali e pannelli esplicativi, ma si farà anche ricorso alle ricostruzioni virtuali e ai plastici rappresentativi (diorama).
“L’intervento su Villa Rose – dichiara l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – esprime la volontà del governo regionale di recuperare la memoria storica legata alle attività produttive della Sicilia e preservare i luoghi creando le condizioni per rendere maggiormente attrattive, anche come destinazione per le visite didattiche, le aree interne. Attraverso la valorizzazione del Museo della Zolfara, si testimonia l’attività estrattiva dello zolfo che, fino alla prima metà del ‘900 ha rappresentato, accanto all’agricoltura, uno dei maggiori ambiti lavorativi dell’entroterra siciliano, ma anche un tributo al lavoro e al sacrificio umano di quanti a quelle miniere hanno dedicato la loro vita”.
Villa Rose, già Villa Lisetta, fu la residenza dei Rose-Gardner che avviarono a Lercara l’attività estrattiva. Lercara Friddi è un sito di notevole interesse archeologico-antropologico che testimonia la presenza dello zolfo e il suo uso sin dalla preistoria.
Lo zolfo in Sicilia, grazie alle testimonianze trovate delle coltivazioni minerarie, era conosciuto fin dall’antichità come pietra che brucia. Utilizzato nel campo della medicina, Pitrè ne parla come rimedio nella cura della scabbia: “succo di limone e zolfo” oppure “zolfo, limone e polvere da sparo”, o anche “succo di limone, zolfo e olio” o anche per la cura della puntura di tracìna; “la tracìna è un noto dragone marino che ha una spina pungentissima e velenosa. I pescatori che più comunemente vi vanno soggetti, si curano versando sulla parte punta qualche goccia di zolfo liquido e servendosi del filo acceso dello zolfo”.
Ma lo zolfo fu usato anche a scopo bellico: mescolato al salnitro e al carbone forma, infatti, la polvere pirica, esplosivo di guerra conosciuto e usato fino quasi alla fine del 1860.
Nel secolo XVIII lo zolfo divenne minerale di considerevole valore grazie alla scoperta di Leblanc, scienziato francese che inventò la soda caustica, che utilizzò proprio lo zolfo nel suo procedimento.
Da allora le richieste di zolfo pervennero da ogni parte d’Italia e dall’estero e la Sicilia cominciò ad essere attraversata da lunghe file di asini che trasportavano attraverso, le regie trazzere, l’oro giallo di Sicilia.
Nell’area di Lercara, geologicamente appartenente alla serie gessoso-solfifera, lo sfruttamento dello zolfo avvenne, stando alle notizie possedute, nel 1828. I quattro giacimenti realizzati a Lercara prendevano il nome dalle contrade in cui vi erano Colle Serio, Colle Madore, Colle Friddi e Colle Croce, e formavano una sorta di quadrilatero confinante con la parte orientale del centro abitato.
Furono tanti i giovani, sia uomini che donne, che attratti dalla prospettiva del pane sicuro trovarono lavoro nell’attività zolfifera che, per oltre un secolo, accrebbe le possibilità di sfruttamento del sottosuolo consolidando sempre più un nuovo tipo di economia che sembrava dover dare grande sviluppo alla Sicilia e ai siciliani.
Il Parco punta alla conservazione, rivitalizzazione e trasmissione della memoria storica della zolfara attraverso iniziative e progetti che facciano rivivere i resti tangibili della cultura dello zolfo, uscendo dal mito, scaricandolo di idillismo e nostalgia, e facendolo rientrare nella sfera culturale come momento ineliminabile dal nostro diario di vita, non per il ricordo di un tempo passato che non ci appartiene più, ma come testimonianza di una storia che appartiene a tutti noi.