Prendono il via i lavori per il restauro della Tribuna nella Chiesa Madre di Ciminna, opera realizzata nel XVII secolo dai maestri stuccatori della bottega dei Li Volsi.
I lavori, finanziati per un importo di 77.358,57 euro, sono stati già consegnati e saranno realizzati dal Consorzio Pragma di Palermo sulla base della progettazione effettuata dall’arch. Filippo Davì e dal dott. Mauro Sebastianelli della Soprintendenza dei Beni culturali di Palermo che hanno operato sulla base delle criticità rilevate a seguito di un sopralluogo effettuato nello scorso mese di luglio dall’Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, nell’ambito delle visite di ricognizione effettuate subito dopo il suo insediamento.
Alla consegna dei lavori, era presente lo stesso assessore Samonà che ha manifestato la propria soddisfazione per i tempi di risposta da parte della Soprintendenza di Palermo, comunicando al sindaco di Ciminna, Vito Barone, un intervento che consegnerà alla comunità l’abside rinnovato entro la prossima estate.
Presenti, tra gli altri, il Dirigente generale dei Beni culturali Francesco Fazio, la Soprintendente dei Beni culturali di Palermo, Selima Giorgia Giuliano, il Sindaco di Ciminna Vito Barone, Padre Giuseppe Bucaro, Direttore dell’Ufficio Beni culturali della Curia di Palermo, e il parroco, Don Antonino Bruno.
La Direzione Lavori sarà effettuata dallo stesso arch. Davì e dalla Dott.ssa Carolina Griffo. Gli interventi previsti riguardano il consolidamento e la messa in sicurezza degli stucchi oltre alla revisione complessiva dell’intero l’apparato plastico in stucco le cui condizioni erano apparse sin da subito molto critiche a causa delle infiltrazioni, con rischio anche per l’incolumità dei fedeli.
La tribuna posta alle spalle dell’altare Maggiore della chiesa Madre di Ciminna fu realizzata nella prima metà del XVII dalla bottega dei Li Volsi. Pur trattandosi di una delle prime opere realizzate da questa famiglia di scultori rappresenta uno degli indiscussi capolavori della lavorazione plastica di derivazione tardo manierista realizzati da questi artisti.
Il modello di riferimento fu la tribuna della Cattedrale di Palermo, realizzata nella seconda metà del XVI secolo dai Gagini, e rimossa dalla sua collocazione originaria alla fine del XVIII secolo.
È costituita da dodici colonne scanalate poste su un alto piedistallo che scandiscono le pareti dell’abside della chiesa tra le quali trovano collocazione le statue degli Apostoli. Nella parte centrale, proprio alle spalle dell’altare, si trova la statua di Maria Maddalena, cui è dedicata la Chiesa. Nel tamburo, sostenuto dalle colonne, in corrispondenza dei capitelli corinzi angioletti-telamoni sembrano sostenere la semicupola.
Nel catino absidale domina la figura di Dio Padre benedicente con il piede sul Globo e con lo scettro nella mano sinistra, attorniata dai Quattro Evangelisti, da musici e da angeli.
L’opera è realizzata in stucco arricchito da dorature che esaltano la profondità spaziale di alcuni elementi decorativi, ne mettono in evidenza altri (come, per esempio, gli strumenti musicali) e nel contempo fanno convergere lo sguardo dei fedeli verso la figura di Dio Padre.
L’intervento sarà corredato in tutte le fasi da un’ampia e dettagliata documentazione tecnica da realizzare mediante un’accurata campagna fotografica del manufatto (Vis. e U.V. ); è prevista, inoltre, la relazione tecnica e la schedatura degli interventi eseguiti per una completa acquisizione dei dati relativi alle reali condizioni conservative del manufatto; attenzione particolare verrà dedicata alla composizione e caratterizzazione chimica dei materiali costitutivi e all’utilizzazione dei materiali di restauro applicati sul manufatto in precedenti interventi affinché, attraverso saggi preliminari si possa dare garanzia circa l’efficacia delle metodologie di intervento e i prodotti utilizzati, in linea con i principi fondanti del restauro moderno. I prodotti impiegati, naturali e di sintesi, infatti, avranno la caratteristica di non interferire con la natura dei materiali oggetto dell’intervento nel rispetto delle caratteristiche chimiche e fisiche approvate nella Normativa NORMAL.
Vertice con l’Assessore Samonà al Parco Minerario di Floristella
Il Parco Minerario Floristella-Grottacalda (EN) e le prospettive di sviluppo e valorizzazione anche in relazione al sistema territorio, è stato oggetto di un vertice operativo che si è svolto nella sede del Parco alla presenza dell’Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà.
La riunione, a cui era presente il presidente del Parco, avvocato Pietro Patti, ha riguardato le prospettive di crescita che il sito ha, non solo come testimonianza di archeologia industriale per la rilevanza storico-culturale delle zolfare nell’economia siciliana, ma anche sotto il profilo della valenza geo-mineraria e turistica del sito e della sua interazione con gli altri luoghi della cultura presenti nel territorio.
Nel corso dell’incontro, cui hanno partecipato anche il Soprintendente dei Beni culturali di Enna, Nicola Neri, il Commissario della ex provincia regionale di Enna, Girolamo Di Fazio, il sindaco di Piazza Armerina, Nino Cammarata, l’assessore Dante Ferrari di Enna, l’assessore Serena Raffiotta di Aidone e l’assessore Michele Schillaci di Cerami, sono stati affrontati anche problemi di carattere logistico per la migliore fruizione del Parco: tra questi, la risistemazione della strada di accesso al Parco e la revisione dei percorsi naturalistici che si trovano all’interno del area del Parco.
L’assessore Samonà ha anche visitato Palazzo Pennisi, cuore del parco geominerario, dove è stato accompagnato dal prof. Alfonso Gambacurta; la visita ha evidenziato la necessità di effettuare alcuni interventi all’impiantistica al fine di una migliore qualificazione e valorizzazione dello storico immobile, per adeguarlo agli standard di sicurezza necessari e rendere questa testimonianza di archeologia industriale ancor più attrattivo per o visitatori.
IL GENIO DI PALERMO TRA I BENI IMMATERIALI ISCRITTI AL REIS
Il Genio di Palermo, ‘genius loci’ della Città, entra a far parte del Reis, il Registro delle Eredità Immateriali della Regione siciliana. Lo ha deciso la Commissione Reis costituita presso il Cricd, che si è riunita nei scorsi giorni.
Simbolo storico che rappresenta le virtù civiche e l’identità del popolo palermitano, il Genio è raffigurato in numerose statue e rappresentazioni presenti in molti spazi emblematici di Palermo, quali – solo per citarne alcuni – il Genio di piazza Rivoluzione, la statua che si trova ai piedi dello scalone d’onore di Palazzo delle Aquile, il cippo posto al Porto, la statua del Marabitti a Villa Giulia, la scultura in piazza del Garraffo nel cuore della Vucciria, il Genio all’ingresso della Cappella Palatina al Palazzo Reale, quello di Palazzo Isnello e molti altri.
Il Genio di Palermo, oggi riconosciuto come patrimonio immateriale della Sicilia, era già iscritto nella Banca dati del LIM, fa i Luoghi dell’Identità della Memoria tenuta presso il CRICD, ma da adesso potrà essere valorizzato anche quale simbolo dell’identità profonda di Palermo e dei Palermitani.
Nella stessa seduta, la Commissione ha approvato anche altre pratiche e attività che rilevano caratteri tradizionali meritevoli di riconoscimento e memoria da parte della Regione. Tra questi “Il Carnevale di Melilli (SR), festa istituita nel 1936 ad opera del Comitato dei Sommergiari, che presenta elementi connotativi del Carnevale tradizionale siciliano con la sfilata dei carri allegorici.
Riconosciute anche alcune espressioni legate ai riti della tradizione cristiana. In particolare sono stati iscritti “I Lamenti della Settimana Santa di Montedoro” (CL), pregevole esempio di canto responsoriale legato alla Settimana Santa, con l’alternarsi delle parti in latino e in dialetto siciliano. I lamenti vengono tramandati oralmente attraverso generazioni di cantori specializzati nell’esecuzione musicale che accompagna la passione e la morte di Gesù Cristo e il dolore della Madre.
Iscritti nel Reis anche i “Riti della Settimana Santa a Delia” (CL) in quanto espressione sacra, sonora, rituale che accompagna i momenti apicali della passione di Cristo. E “L’Ancuntru. Pasqua a Pietraperzia” che si aggiunge a “Lu Signuri di li Fasci”, altro rito della Settimana Santa di Delia, già presente nel REIS. La celebrazione rappresenta il momento culminante che vede l’incontro tra la Madonna e il Cristo risorto.
Degna di essere preservata nella memoria immateriale della Sicilia anche la “Festa di San Giuseppe” a Villadoro (EN) in quanto manifestazione tradizionale che possiede tutti gli elementi connotativi del rito: la questua, gli altari di pane di varie forme, i fuochi e poi ancora canti, preghiere e sacre rappresentazioni tra cui il viaggio della Sacra Famiglia e il consumo delle mense dei Virgineddi.
Accolta anche la richiesta di iscrizione de Le barche storiche di Pantelleria nel “Libro dei Mestieri Saperi e Tecniche” come riconoscimento di una significativa attività svolta dal Maestro d’ascia Francesco Valenza, tenuto conto che nel 2008 era già stata iscritta al REIS la tradizione locale della Lancia pantesca.
E tesoro umano vivente viene riconosciuto Salvatore Finocchiaro, pittore di barche che si riconosce come ultimo rappresentante dei pingisanti di tradizione catanese.
Tesoro vivente anche Fabrizio Fazio, artigiano e artista del tamburo, in considerazione della tradizione da lui ripresa delle tammorre di Gangi (PA), una tradizione di cui si rischiava la cancellazione. Fazio è un abile tammurinaro, erede di un antico sapere che utilizza le tecniche e i materiali del passato come pelli di capra e legno.
Come cantori della Sicilia vengono iscritti al REIS Rosaria Cappello, cantastorie e cantautrice e Alfio Patti, l’Aedo dell’Etna cantore di Sicilia; entrambi ripropongono il canto tradizionale siciliano attraverso un costante impegno profuso nell’opera di promozione e valorizzazione.
Nuove iscrizioni anche nella Carta Regionale dei Luoghi dell’Identità e Memoria (LIM).
In particolare viene riconosciuta l’unicità dell’Altipiano dell’Argimusco sui monti Nebrodi, un complesso rupestre unico nel territorio di Montalbano Elicona (ME) che entra a far parte dei “Luoghi del Sacro” per le particolarità intrinseche legate al paesaggio naturale e antropico: complesso unico, caratterizzato da numerose rocce arenarie, dalle suggestive forme zoomorfe e antropomorfe.
Nel LIM anche lo Stadio Giovanni Celeste della città di Messina che viene inserito tra i “Luoghi delle Personalità storiche e della Cultura” in quanto legato alla storia sportiva e agli aspetti identitari della città dello Stretto. Inaugurato nel 1932 come stadio Gazzi, dal nome del quartiere ove sorse, fu intitolato nel 1948 all’ex capitano del Peloro, Giovanni Celeste; Figura storica, fu tenente di vascello della Regia Marina morto nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale, a bordo del sommergibile Phoque, colpito da proiettili e bombe a Largo di Capo Murro di Porco. Lo stadio, in abbandono, è stato sostituito agli inizi del 2000 dal nuovo impianto del San Filippo.
IL PARCO ARCHEOLOGICO DI SEGESTA PRESENTE AL “TOURISMA” DI FIRENZE
A primavera al Parco archeologico di Segesta partiranno nuove campagne di scavi grazie alle convenzioni stipulate con l’Università di Tucson in Arizona, da cui giungeranno gli archeologi Emma Blake e Roberto Schon, l’università della Tuscia di Viterbo con il professore Salvatore De Vincenzo, la Freie Universität di Berlino con Monika Truemper, e il professore Randall W.Younker dell’Andrews University del Michigan.
Lo ha reso noto il Direttore del Parco Rossella Giglio, partecipando a Firenze al “TouismA – Salone dell’archeologia e del Turismo culturale” organizzato da Archeologia Viva a Palazzo dei Congressi. I nuovi rapporti di collaborazione si aggiungono a quelli già storicizzati, attivati con la Scuola Superiore Normale di Pisa che proseguirà le campagne sia a Segesta che a Entella; e all’UniPa che proseguirà i lavori a Segesta, Mokarta e Monte Castellazzo (Poggioreale).
Il tutto in vista dell’estate quando il teatro antico di Segesta sarà animato dalla nuova edizione del Festival che, da questa stagione, sarà firmato dal regista Claudio Collovà.
Il progetto è quello di creare a breve una destinazione-turistica “Segesta”, green e sostenibile, che possa attirare nuove fette di mercato e sviluppare un sistema di fruizione più inclusivo, con una particolare attenzione ai visitatori “fragili”.
GLI APPUNTAMENTI
AL MUSEO SALINAS UN CONVEGNO SU I MENHIR DI CERAMI
“I Menhir di Cerami nel contesto del megalitismo siciliano” è il titolo della giornata di studi che si è svolta al Museo Archeologico Regionale A. Salinas di Palermo per fare il punto sulle scoperte e sulle prospettive di studio e di valorizzazione archeologica relative alle testimonianze megalitiche individuate a Cerami, in provincia di Enna, alle pendici meridionali del Monte Mersi, da anni oggetto di ricerche da parte di archeologi e studiosi.
In particolare, secondo gli studiosi, le “pietre lunghe” infisse al suolo di Cerami sarebbero Menhir: la scoperta, su cui necessitano ulteriori indagini e approfondimenti, è importante in quanto potrebbe aprire scenari molto interessanti sul fenomeno del megalitismo preistorico europeo e mediterraneo siciliano, in particolare nell’area della Sicilia orientale.
Alcuni cenni sui ritrovamenti: La Sicilia, a differenza dalla Sardegna e dal pur assai vicino arcipelago maltese, è piuttosto povera di siti e monumenti megalitici riferibili al periodo preistorico dell’Europa occidentale che copre un lungo arco di tempo che va dal Neolitico antico fino all’Età del Bronzo recente (4800-1200 a.C. circa) e che interessa una vastissima che parte dal nord della Scandinavia, attraversa le Isole Britanniche e l’Irlanda, la Francia e parte della Penisola Iberica, alcune aree dell’Italia alpina e peninsulare entrando nel Mediterraneo e attestandosi in particolare nelle Baleari, in Sardegna, Corsica, a Malta e Gozo, in Puglia e a Pantelleria (Sesi). I sei menhir che sarebbero stati rinvenuti in piedi nell’area del monte Mersi, apparentemente disposti su un breve arco di cerchio, sono articolati su due differenti file composte rispettivamente da due e tre “pietre lunghe”, in qualche modo raccordate fra loro da un ulteriore menhir che occupa la terza posizione da est. Si tratta di monoliti ricavati nella roccia quarzarenitica locale. Ai piedi della vicinissima parete del Monte Mersi, ad esempio, è stata rinvenuta almeno una delle aree di lavorazione, con alcuni blocchi parzialmente intagliati che non sono mai stati estratti dal banco roccioso e di orme in negativo di altri. Una sorta di piccola “Cava di Cusa” per le “pietre lunghe” di Cerami.
I monoliti di Cerami, in mancanza di raffronti siciliani, potrebbero trovare un possibile e immediato confronto in ambiente sardo con i menhir di Pranu Muttedu, un altro famoso sito sardo riferito al Neolitico recente (3200-2800 a.C.) esplorato in particolare da Enrico Atzeni, e con quelli di Biru ‘e Concas, sempre in Sardegna, un sito datato fra il Neolitico recente e l’Età del Bronzo. Tutte queste località sono oggi dei noti parchi archeologici.
I sei menhir sarebbero anche allineati astronomicamente. Nell’area circostante, oltre a numerosi altri blocchi di pietra rovesciati a terra, sono stati rinvenuti alcuni grandi blocchi e, soprattutto, numerosi anelli o fori passanti, artificialmente scavati nella roccia. Ancora, affioramenti di mura, solo in parte riferibili a terrazzamenti agricoli relativamente recenti. E a poca distanza, sotto la parete di Monte Mersi, uno scarico con pochissimi frammenti di ceramica preistorica fra cui uno certamente riferibile, anche a giudizio dell’archeologo Massimo Cultraro del Cnr, all’Età del Rame. A qualche centinaio di metri, questa volta più a valle, si è rinvenuto un affioramento roccioso naturale, con superficie piatta, forma allungata per circa tre metri e largo non più di uno lungo i cui bordi, si trovano fori passanti, artificialmente scavati nella roccia. Un confronto immediato, ovviamente tutto da verificare, sembrerebbe possibile con il lastrone a fori passanti lungo il bordo di Monte d’Accoddi, in Sardegna.
AL RISO UNA MOSTRA SU GIOVANNI RAPPAZZO IL SICILIANO CHE HA INVENTATO IL CINEMA SONORO
Il creatore del sonoro al cinema era un siciliano, Giovanni Rappazzo nato a Messina nel 1893 e morto nel 1995 dopo aver ricevuto, appena un anno prima, la nomina di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana come primo ad aver brevettato il cinema sonoro.
E a lui è dedicata la mostra “Rappazzo, l’inventore del cinema parlante” che si è inaugurata al Museo Riso di Palermo.
La mostra è un’iniziativa dell’Associazione Culturale Nottedoro con il patrocinio dell’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
L’allestimento si compone di 11 tavole che raccontano altrettanti episodi biografici dell’inventore messinese. L’odissea di questo straordinario siciliano scorre attraverso le opere di 11 disegnatori italiani: da Acciari a Allo, Cesalli, Ferrara, Ferraris, Massenzio, Melegari, Nobile, Oliveri, Raimondi, Sbacchi. Undici tavole di grande impatto visivo ed emotivo in stile “graphic novel”.
Autori conosciuti e affermati ed altri meno noti, disegnatori di Milano, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Messina, le stesse città delle peregrinazioni del nostro inventore, che rendono onore all’inventore attraverso un panorama variegato di opere rese nell’arte del fumetto/illustrazione. Tecniche diverse e propensione al gesto artistico che si compongono in un insieme armonioso.
“Strisce” ricche di appeal e capaci di divulgare la storia misconosciuta di Rappazzo affinché lo spettatore ne custodisca e preservi la memoria. Una stringata opera corale, contemporanea, che nelle intenzioni dell’Associazione Nottedoro dovrebbe spingere soprattutto i giovani a coltivare e investire energie e risorse nelle proprie intuizioni, creazioni, sogni. La mostra sarà visitabile dal 16 dicembre al 16 gennaio negli orari di apertura del Museo Riso.
AL MUSEO PAOLO ORSI UNA MOSTRA SU CASTELLUCCIO (NOTO)
Come si viveva in Sicilia nel XXI sec. a.C.? Quali erano le abitudini alimentari degli uomini che hanno abitato la Sicilia nella preistoria? Una interessante mostra in programma al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa dal 18 dicembre al 28 febbraio 2022 si darà uno spaccato delle condizioni di vita del tempo grazie alle rivelazioni fornite dalle moderne analisi condotte negli ultimi anni sui reperti faunistici, gli studi sui carboni e sui residui organici sopravvissuti all’interno dei vasi che hanno permesso di ricostruire l’ambiente, la fauna e la metodologia di costruzione delle capanne.
Numerosi i reperti che saranno esposti, anche se il pezzo più interessante è un grande pithos, ricomposto da centinaia di frammenti dopo un accurato lavoro di restauro. Il vaso, proveniente proprio da Castelluccio, in origine, conteneva olio d’oliva, e rappresenta la testimonianza più antica in Sicilia e in Italia della coltivazione dell’ulivo.
La mostra è un’occasione per presentare al grande pubblico reperti, finora inediti, provenienti sia dallo scavo dell’abitato effettuato da Giuseppe Voza tra il 1989 e il 1993, che da altri siti contemporanei della Sicilia e delle isole Eolie. Tra gli oggetti esposti anche alcuni pezzi concessi in prestito dal museo di Altamura e dall’isola di Malta, a testimonianza dei contatti extrainsulari intercorrenti tra la Sicilia, la Penisola e Malta in questa importante fase della Preistoria.
Dopo gli scavi nella necropoli effettuati da Paolo Orsi alla fine dell’Ottocento, il sito è risultato uno tra i più interessanti in Sicilia, tanto che Luigi Bernabò Brea diede il nome di “fase di Castelluccio” al periodo del Bronzo Antico siciliano, che datiamo tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C.
È da Castelluccio che provengono i famosi portelli tombali con motivi decorativi a bassorilievo interpretati come la stilizzazione dell’atto sessuale e, ancora, gli ossi a globuli, enigmatici oggetti dall’incerta funzione preziosamente decorati ad incisione, ritrovati anche in Grecia, a Troia, a Malta e in Puglia (questi ultimi due giungeranno a Siracusa per la prima volta in prestito temporaneo).
L’esposizione verrà arricchita con i reperti, recentemente restaurati, provenienti dall’abitato: ceramica decorata in nero su rosso e industria litica, ceramica di uso comune, testimoni della vita quotidiana di un insediamento preistorico siciliano.
AL MUSEO PIRRO MARCONI IN MOSTRA L’ARTE CONTEMPORANEA DI IACONO
Le sale del Museo Pirro Marconi, nel Parco archeologico di Himera, si aprono all’arte contemporanea per ospitare – dal 18 dicembre all’8 gennaio prossimo – il progetto artistico di Gianfrancesco Iacono dal titolo “Himera/Nostos”, un ciclo di tele interamente dedicate al mondo greco, con particolare riferimento al sito dell’antica colonia ellenica.
La mostra, curata da Stefano Zangara, direttore del Parco archeologico di Himera, Solunto e Monte Iato, è fortemente ispirata al tema della grecità con particolare riferimento alle suggestioni provenienti dal sito di Himera.
La mostra, che ha ricevuto il patrocinio della Comunità Ellenica Siciliana “Trinacria”, rafforza i rapporti di collaborazione che il Governo regionale ha avviato negli scorsi mesi con la Grecia nel nome di un recupero della storia e delle tradizioni comuni.
Le opere esposte sono accompagnate da un testo critico di Francesco Piazza per il quale “nelle opere in mostra, Iacono recupera la tradizione del teatro greco assumendo egli stesso il ruolo di autore e scenografo di un’imminente tragedia. Tele di grandi dimensioni, quasi dei fondali scenici, dalle quali emergono figure che assumono una misura abnorme che, simbolicamente, sovrasta l’osservatore mantenendo intatta l’idea di una cultura “alta” contemporanea e per noi ancora perfettamente vitale”.
Si aggiunge al patrocinio della Comunità Ellenica in Sicilia anche quello dell’Archeoclub d’Italia e dell’Archeoclub d’Italia Himera della sezione di Termini Imerese, che da tempo hanno instaurato ottimi rapporti di collaborazione con il Parco per la valorizzazione e il rilancio del territorio imerese.
All’interno del percorso espositivo è prevista anche la proiezione del cortometraggio/documentario “Terramorta/Wasteland” di Gianfrancesco Iacono e Michele Scimè, dedicato alla condizione odierna dell’agglomerato industriale di Termini Imerese, contiguo al territorio del Parco archeologico di Himera che documenta la vicinanza e le contrapposizioni territoriali con la vicina area industriale con cui si pone in drammatico contrasto.
Il Museo Pirro Marconi si trova in Contrada Buonfornello SS 113, a Termini Imerese (Pa).
Giorni di visita: dal lunedì al sabato ore 9.00-13.00 / 14.30-18.00 | domenica ore 9.00-13.00. Ingresso con biglietto €.4,00 intero €.2,00 ridotto.
A PALAZZO MIRTO I PIATTI DELLA TRADIZIONE SICILIANA CON CARLO SPALLINO CENTONZE
La tradizione e l’identità attraverso i riti e i piatti della cucina siciliana son stati oggetto di un incontro con Carlo Spallino Centonze lo scorso 17 dicembre a Palazzo Mirto di Palermo nell’ambito del progetto “Cuor/Anima – Musica, dialoghi e gusto”, sostenuto dall’Assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana con la produzione dell’Associazione Culturale ECU – European Culture University.
Il rito del banchetto per noi cattolici nasce dal ricordo del convivio dell’Ultima Cena. In Sicilia si mescola anche con l’uso arabo dell’offerta di cibo: la tavola deve essere sontuosa per santificare e celebrare la festa. Ma affermare quei riti e cucinare quei piatti che accompagnano la tradizione siciliana da secoli e secoli, aiuta tutti a ritrovare un pò di serenità.
La nostra è una regione di dominazioni e incroci di culture le più diverse. L’insieme di materie prime, tradizioni, riti celebrativi è alla base della complessità della cucina siciliana che si esprime anche nella svariata fantasia dei piatti del Natale che, seppur simili in tutta la regione, hanno caratteristiche loro proprie in relazione alle materie prime di cui è ricco ogni singolo territorio e dell’influenza culturale che ha caratterizzato ogni area. Elementi comuni che danno riconoscibilità alle nostre pietanze che, per Natale, diventano straordinarie, sontuose, come a voler sottolineare la grandezza del momento cristiano: così per i timballi, le fritture, il falso magro e i trionfi di dolci, introdotti dal buccellato, dai biscotti ripieni con i fichi secchi e da tutti i prodotti conservati durante i mesi estivi per essere celebrati trionfalmente nelle feste sante. E al centro non può mancare una cassata.
A Natale si incontrano gli elementi fondamentali della civiltà siciliana: la grande cucina e la riunione felice fra le persone.
AL MUSEO RISO DI PALERMO “L’UMANO GIOCO”, UNA PERSONALE DI ZIGANOI
Inaugurata lo scorso 18 dicembre, al Museo regionale d’arte contemporanea Riso a Palermo. “L’umano gioco”, mostra dell’artista Ziganoi.
L’esposizione, che resterà allestita sino al 30 gennaio 2022, esprime un’esigenza dell’artista che nasce da un istinto primordiale a cui, pennellata dopo pennellata, riesce a dare indirizzo e corpo. Il suo suggestivo cosmo artistico è lo sguardo di chi scorge l’incorporeo nell’entusiasmo della carne, un logos ossimorico nel quale la razionalità dell’uomo dialoga con l’istintualità animale in una pluralità di punti di vista.
In esposizione 85 opere frutto del lavoro di circa due anni, di varie dimensioni, dipinte su supporti che vanno dalla tradizionale tela allo juta, dalla carta alla tavola, senza titoli ma identificabili con una cifra.
In un mondo che si sgretola, il lavoro di Ziganoi è dettato da un’innovativa e dinamica
tecnica gestuale, e cela un messaggio di concordia tra l’Oriente e l’Occidente, il Sud e
il Nord. Un dualismo nell’unità come quello di due tele legate da un tratto inconsueto,
rapido e sintetico. Il colore è il protagonista assoluto delle sue pitture, le pervade una
trama di rimandi a un mondo interiore, un’arte astratta che affida alle diverse cromie
deflagranti la narrazione e la trasmissione di sensi e significati.
La produzione artistica di Ziganoi (uno pseudonimo dietro cui si cela un artista nato nelle sponde sud della Sicilia) si muove dall’olio all’acrilico. Tratto distintivo dell’autore è il passaggio dalla predominanza del colore alla progressiva sacralità dello spazio bianco sulla tela, quella che definisce “la geometria del dionisiaco”. Mai statica, eppure sempre coerente, la sua esperienza artistica si è sviluppata, nel corso di tre decenni, in ambiti diversi, definendo un profilo in grado di misurarsi con possibilità abitualmente viste come divergenti, ma da lui vissute come equivalenti.
La mostra e il catalogo sono a cura di Aldo Gerbino che firma anche i contributi testuali del sito web, riportando una citazione del futurista siciliano Guglielmo Jannelli, uno dei ‘paroliberisti’ marinettiani e che vede “nel furor creativo dell’artista agrigentino il cromodinamismo dell’astrazione gestaltica”.