Palermo 26.05.2019 – Giuseppe Lo Cicero Madè meglio noto come Pippo Madè, artista palermitano che da appena due giorni fa ha festeggiato il suo 83° compleanno, in occasione del GP di Montecarlo, manifestazione che taglierà quest’oggi il nastro delle 77 edizioni, ricorda un ragazzo di appena 32 anni, Lorenzo Bandini, che, il 7 maggio 1967, guidando una Ferrari, su quel circuito cittadino perse tragicamente la vita.
“Lo avevo conosciuto nei giorni precedenti la Targa Florio del 1965, allorquando, così come facevo allora e così come facevano ritualmente tanti siciliani, mi recavo nei box delle tribune di Cerda, oggi ribattezzate “Floriopoli”, per incontrare i piloti e per salutare l’amico Nino Vaccarella. Fu proprio lui – prosegue Madè -, a farmi conoscere il giovane e simpatico Lorenzo, allora appena trentenne, con il quale il Campione palermitano condivideva la Ferrari 275 P2 che poi, tra un tripudio di pubblico, tagliò per prima il traguardo. Lo ricordo affabile – prosegue l’Artista – sorridente e disponibile, ricordo che fece una carezza a mio figlio Rosario, che allora aveva appena sette anni. Quell’incontro fu, sia per me che ero allora un coetaneo di Bandini che per mio figlio, un fulmine dal punto di vista sportivo, tanto che continuammo, parallelamente a quella del nostro amico-idolo, Nino Vaccarella, a seguire anche la carriera di Lorenzo. Quel 7 maggio del 1967, con la tv in bianco e nero, con telecamera fissa, non lo dimenticherò mai, Denis Hulme con la Brabham – Repco era in testa e Bandini cercava di raggiungerlo, sulla sua strada si presentarono Pedro Rodriguez, con la Cooper Maserati e Graham Hill con la Lotus-BRM, il primo si fece da parte e diede strada al più veloce Bandini, il secondo. Hill, con il quale Lorenzo aveva avuto un duro confronto al GP del Messico dell’anno prima e che evidentemente non aveva dimenticato l’episodio, lo tenne dietro per ben due giri, sino a fargli perdere 12” dal pilota in testa alla gara. Quando Bandini – dice ancora Madè – lo superò, la sua guida non era più fluida ed arrembante come prima, tanto che il distacco da Hulme salì a 20”, come raccontano le cronache di allora. La Ferrari del pilota italiano affrontò, quindi, l’82esimo giro ma uscì troppo veloce dal tunnel e Bandini perse il controllo della vettura alla chicane e sbattè da una parte all’altra per poi cappottarsi e prendere fuoco. Qualcuno tra i Commissari sportivi ed i Poliziotti, pensò che Lorenzo – prosegue Madè – fosse finito, così come era accaduto anni prima, nel 1955, al grande Alberto Ascari, finito in acqua, nello stesso punto, ma no, Lorenzo invece era intrappolato tra le fiamme”
Poi, per completare la cronaca della tragedia, aggiungiamo noi, dopo parecchi minuti l’auto venne spenta e girata e quindi si presentò al pubblico ed ai soccorritori, una scena raccapricciante, allora ripresa, oltre che dalle telecamere, anche dai tanti fotoreporter presenti sul circuito ed in particolare, il settimanale “Epoca”, realizzò un servizio rimasto nelle storia e conservato, a tutt’oggi gelosamente, dal nostro collaboratore Rosario Madè , figlio del Maestro.
L’agonia di Lorenzo Bandini durò per altri tre giorni, ma, il suo corpo al 60% ustionato ed a causa della lesione provocata alla milza da un pezzo della carrozzeria accartocciatasi nell’impatto, non resse alla sofferenza tanto che il giovane italiano Bandini spirò il 10 maggio.
Pippo Madè, grande appassionato di gare automobilistiche ed egli stesso pilota, a livello Regionale, tra gli anni 50’/60’ di moto da competizione ed inoltre genero di Francesco Faraco, pilota siciliano morto durante il Giro Automobilistico di Sicilia del 1951, conclude: “a questi uomini, al loro sacrificio, si deve, non solo la crescita e l’elevato standard di sicurezza di oggi, ma anche il progresso tecnologico sviluppato dalle aziende che producono l’abbigliamento tecnico che i piloti indossano oggi in gara. Credo proprio che se fosse accaduto ai nostri giorni, quell’incidente nel quale morì Bandini, l’auto non avrebbe preso fuoco, il pilota non sarebbe rimasto intrappolato così a lungo nella vettura e la sua tuta avrebbe resistito, semmai si fossero sviluppate, alle fiamme. Ma indietro nel tempo non si può tornare e resta solo il ricordo di un ragazzo prematuramente scomparso e di una indimenticabile tragedia che si consumò davanti a milioni di spettatori”.
Proprio nel 1967, giorni dopo la morte di Lorenzo Bandini, l’Artista palermitano dedicò alla sua memoria, l’opera pittorica che pubblichiamo, oggi appartenente ad un collezionista privato.