Il 1° aprile, come da consuetudine, è una giornata dedicata agli scherzi definiti appunto “pesce d’aprile”. In quell’ormai lontano 1° aprile 1951, quando ancora io non ero nemmeno nei suoi pensieri, l’allora 14enne Savoia Faraco, sette anni dopo divenuta la consorte di Giuseppe Lo Cicero, non allora salito alle cronache dell’Arte con lo pseudonimo “Madè”, come lei stessa mi ha raccontato, giocava sul marciapiede di Via Giovan Battista Basile, una stradina di Via Sammartino dove era allora la sua abitazione, ed una poco simpatica signora, scorgendola appassionarsi nei suoi giochi di bimba, le disse “idda ioca e so patri muriu” – “lei gioca e suo padre nel frattempo è morto” -. Savoia le rispose malamente e pensò, probabilmente, al solito sgradito “pesce d’aprile, già a quei tempi in voga.
In effetti la signora, sicuramente dotata di poco tatto, aveva ragione: la radio aveva appena diffuso la notizia dell’incidente avvenuto all’ingresso dell’abitato di Priolo Gargallo e precisamente in Via Castel Lentini, nel quale Stefano La Motta e Francesco Faraco, erano deceduti sul colpo nell’impatto della loro Alfa Romeo 1900 sul muro della casa di proprietà della famiglia Mazziotta.
Fu quella una tragica edizione del Giro Automobilistico di Sicilia, giunto allora alla XI^ edizione, una gara alla quale mio nonno aveva partecipato tante volte ed un percorso che conosceva a menadito, per averci corso, dal 1947 al 1949, con Antonio Pucci, vincitore nel 1964 della Targa Florio, il quale, in una sua intervista video, realizzata all’interno del Museo della Targa Florio di Collesano prima ed al mensile “la Manovella” dopo, lo definì “mio maestro di guida”.
Il “Giro” aveva regalato a Ciccio Faraco, nel 1950, la sua gioia più grande, un ottavo posto assoluto, alla guida della Cistalia Nuvolari prestatagli da Antonio Pucci e che lui stesso curava nella meccanica, allora portata brillantemente al traguardo, con accanto seduto un impaurito Rosario Montalbano, originario di Castellammare del Golfo. Quella prestazione regalò a mio nonno, il titolo di Campione Siciliano della Classe 1100cc sport, al quale, prima di chiudere la su carriera, iniziata alla Targa Florio del 1934 al fianco di Costantino Magistri, teneva tanto.
Oggi, a distanza di 68 anni dal mortale incidente, desidero esternare nei confronti di alcune persone che, a vario titolo, fanno parte del mondo dell’Automobilismo rievocativo, tutto il mio rammarico, se non addirittura il mio malcelato disgusto.
Sia io che i miei famigliari e tra questi mio padre ilMaestro Pippo Madè, mia madre Savoia con le sorelle Pupa e Mirella, evidenziamo e protestiamo per alcuni incresciosi fatti negli anni scorsi avvenuti e che ci hanno portato a ritirare, anni addietro, il foulard e gli occhiali, ancor oggi macchiati del sangue di mio nonno, perché li portava addosso in quel fatidico 1 aprile 1951, dal Museo della Targa Florio di Collesano, al quale li avevamo affidati, grazie a Dio ed alla lungimiranza del compianto amico Giacinto Gargano, fondatore del citato Museo, il quale ce li aveva espressamente richiesti, in “comodato d’uso gratuito“. Li ritirammo perchè la Dirigenza di allora si rifiuto, per voce dell’allora Conservatore del Museo che, lo scrivo a chiare lettere, non è l’attuale, di Commemorare, con la consegna di una semplice e poco costosa targa-ricordo, da consegnare a mia madre, il 60^ anniversario della morte di Francesco “Ciccio” Faraco.
Negli anni ho notato, anche qualche scrittore, o presunto tale, dedicare capitoli interi all’incidente di Priolo Gargano, riportando, non solo balle colossali, non suffragate da fatti specifici e verità appurate da fonti certe ma, addirittura, omettendo incredibilmente di citare Francesco Faraco e scrivendo del solo Barone Stefano La Motta.
Ho visto persino, la Dirigenza dell’organizzazione dell’attuale manifestazione commemorativa del Giro Automobilistico di Sicilia, recarsi a Priolo Garagallo, in provincia di Siracusa, davanti alla lapide di Via Castel Lentini che io stesso feci ricollocare il 1 ottobre 1995, alla presenza delle autorità cittadine e dello stesso Antonio Pucci, commemorare solennemente – dicevo – la morte di Stefano La Motta, omettendo di ricordare Francesco Faraco e, fatto a mio avviso ancor più offensivo, senza nemmeno invitare uno solo, tra me, mia madre o le mie zie.
Ma, a proposito di “Giro Automobilistico di Sicilia”, ho visto e subito anche peggio: anni addietro, forse nel 1996, non ricordo bene, venni invitato dagli organizzatori di allora che non sono, lo preciso a scanso di equivoci, gli attuali. Ricordo che tra gli ospito d’onore c’era l’ex pilota francese Maurice Trintignant e ricordo che andammo, tutti insieme, compreso il caro amico Nino Vaccarella, a cenare in un ristorante di Pergusa. Orbene, alla fine della cena, alla quale ero stato invitato, non solo non mi venne consegnato, come pensavo, nulla in memoria di mio nonno ma, addirittura, mi vennero richieste 25 mila lire per la cena alla quale avevo preso parte.
Oggi, a distanza di 68 anni, da quel tragico incidente, dopo aver più volte duramente protestato sui social, nei confronti di queste persone ed anche di qualcuno che funge da “Addetto Stampa” e si atteggia a “giornalista”, pur non essendo, come il sottoscritto, iscritto all’Ordine, credo sia giunto il momento di scrivere ed esternare tutta l’indignazione mia e dei miei famigliari.
Umilmente ho rinverdito la passione di mio nonno, gareggiando a tutt’oggi con le auto e vincendo, con impegno e costante presenza, ben nove Titoli Regionali, due Coppe CSAI e due Coppe ACI Sport, oltre che diversi riconoscimenti da parte dell’ACI Palermo, lo stesso Automobile Club al quale era iscritto mio nonno Francesco Faraco, così come lo è l’Associazione Culturale Festina lente che opera anche come Scuderia Automobilistica e della quale sono Presidente da oltre 20 anni, Sodalizio che commemora ogni anno, da sette anni a questa parte, la memoria di Francesco Faraco, assegnando un Trofeo a lui dedicato. Mi appello a tal proposito all’ACI Palermo ed in particolare al Presidente Angelo Pizzuto e con lui al Presidente della Commissione Sportiva Salvatore “Totò” Riolo, affinché, sempre offerto da me e dai miei famigliari, venga istituzionalizzato il “Trofeo Francesco Faraco”.