Il principe Francesco Alliata di Villafranca è da annoverare tra i pionieri della cinematografia a Palermo ed in Sicilia. Insieme al cugino Quintino di Napoli e agli amici Giovanni Mazza, Pietro Moncada di Paternò, Renzo Avanzo e Fosco Maraini, decide di realizzare negli anni Quaranta una serie di cortometraggi subacquei nelle Isole Eolie, primi nel loro genere in Italia, con attrezzature reperite negli Stati Uniti. Su iniziativa congiunta con Roberto Rossellini e spinta da scopi produttivi, Francesco Alliata fonda la gloriosa casa di produzione cinematografica siciliana Panaria Film che produrrà pellicole di pregio come “Vulcano” diretto da William Dieterle nel 1950 e “La carrozza d’oro” di Jean Renoir del 1953, entrambi con Anna Magnani come principale protagonista.
Nell’ambito di “Archeologia del Cinema 2023” – attività culturale composita messa in campo dall’Archivio Siciliano del Cinema in collaborazione col MIC – Ministero della Cultura – lo storico e critico cinematografico Antonio La Torre Giordano racconta i propri ricordi relativi all’intervista che Alliata gli concesse qualche mese prima della sua scomparsa a Villa Valguarnera di Bagheria.
“Su mia sollecitazione, l’inizio della nostra conversazione si basò sulle prime riprese subacquee effettuate sui fondali dei mari siciliani che poi furono usate per i primi documentari della Panaria – racconta Antonio La Torre Giordano – Erano palpabili la sua passione e competenza; poi l’asse della conversazione si spostò sulla sua attività di produttore cinematografico elencando piacevolmente i tanti aneddoti che hanno contraddistinto il busillis amoroso sorto tra Anna Magnani e Roberto Rossellini alla vigilia dell’avvio delle riprese di “Vulcano” che poi spinse Rossellini a girare contestualmente
“Stromboli – Terra di Dio” con una nuova produzione e un’altra attrice protagonista, ovvero la nuova compagna di vita Ingrid Bergman; Alliata, già impegnato economicamente nella realizzazione del film, riparò reclutando Dieterle alla regia e risolse le improvvise defezioni con dei rimpiazzi, ma fu una questione molto spinosa che espose Alliata a rischi economici onerosi”.
“Alliata – prosegue La Torre Giordano – non era legato emotivamente ad un titolo in particolare, ma solo all’emozione che ognuna delle sue pellicole generava nella sua memoria; “La carrozza d’oro”, per esempio, fu una produzione rilevante che necessitò di
moltissimi sopralluoghi condivisi con Jean Renoir, ma ciò che ricordava come una disfida vincente fu il confronto con Luchino Visconti che mutò in scontro quanto il “Conte rosso” non rispettò gli accordi per avviare la lavorazione de “La carrozza d’oro” e venne rimpiazzato senza indugio da Alliata che affidò la regia a chi fu l’iniziale maestro dello stesso Visconti, ovvero Renoir. Trai documentari, ricordava con molto pathos “Cacciatori
sottomarini” del 1947, ossia il suo primo documentario, così come Giovanni Mazza, palombaro eccezionale, il cui apporto fu fondamentale”.
Francesco Alliata è considerato uno dei pionieri del cinema siciliano. “In realtà – precisa lo storico e critico cinematografico – la sua opera va dal Secondo dopoguerra in avanti, mentre già nell’epoca del muto, agli inizi del Novecento, in Sicilia i veri precursori della settima arte furono Raffaello Lucarelli a Palermo (il primo produttore siciliano), Alfredo Alonzo dell’Etna Film a Catania, l’inventore del sonoro Giovanni Rappazzo a Messina ed altri. Francesco Alliata coltivava le sue passioni e ciò, asseriva, lo immunizzava da qualunque scoramento. Questo è anche il consiglio che sentiva di dare a chi oggi desidererebbe cimentarsi nell’ambiente del cinema, anche se le logiche e le dinamiche odierne sono molto diverse, e per nulla migliori. Ma per Alliata questa regola è sempiterna. Nei fatti, Alliata nutriva e coltivava varie passioni, considerandole dei veri e propri argini di protezione, sebbene il mondo del cinema lo abbia voluto vivere con passione e gratificazione”.
“I suoi rapporti con la nomenclatura del cinema di quei tempi furono di regola buoni – spiega La Torre Giordano – ma mi svelò che quel mondo fosse dominato e sopraffatto dall’invidia e dalla gelosia più di quanto si creda. Sebbene lo annoverasse tra i migliori registi italiani, Alliata non perdonò mai l’ambivalenza e la perfidia di Visconti nei suoi riguardi: uno scontro tra nobili fondato sulla malevolenza personale sulla quale preferiva glissare. Di tutt’altra sostanza invece il rapporto con Rossellini, di cui ammirava la genuinità e la franchezza”.
Sui film che fu felice d’aver prodotto – aggiunge – ritengo che preferisse produrre i film a soggetto, sebbene amasse anche i suoi documentari. Al di là dei titoli noti, era molto compiaciuto di aver prodotto film come “A fil di spada” (1952) e “Il segreto delle tre punte” (1954) diretti entrambi da Carlo Ludovico Bragaglia, poi “Vacanze d’amore” (1954) di Jean-Paul Le Chanois, girato a Cefalù e alla cui sceneggiatura esordì anche la penna di Vitaliano Brancati, ed ancora “Agguato sul mare” (1955) di Pino Mercanti. Con quest’ultimo condivise amichevolmente le prime tappe conoscitive del mezzo cinematografico cimentandosi nelle prime riprese “dal vero” nel centro storico di Palermo, insieme all’attore feticcio dei primi film muti di Mercanti, ovvero Edmondo Affronti”.
Negli ultimi periodi Francesco Alliata fu circondato da affetto personale e interesse verso i suoi film “Ne era decisamente orgoglioso – puntualizza La Torre Giordano -. Inutile negare che gli arrivasse costantemente un ritorno affettivo, dagli addetti ai lavori e non, ma negli anni immediatamente successivi al suo distacco dal cinema, i suoi film e la Panaria sembravano svaniti nell’oblio. Solo da qualche tempo se ne riparla con un certo interesse e riconoscenza. Credo dipenda dalle fasi sociali che la collettività attraversa”.
“Francesco Alliata il cinema lo riteneva uno strumento sociale e culturale formidabile in perenne metamorfosi perché innestato con gli andamenti sociali e politici – conclude Antonio La Torre Giordano -. Ma non ha avuto la sua perenne dedizione. Pensava che negli ultimi decenni il cinema italiano avesse perso molto smalto e la sua grande tradizione sia stata in fortissima fase calante, per colpa di un sistema politico che ne ignorava le potenzialità. Sul produttore cinematografico Francesco Alliata penso sia indubbiamente uno dei più abili e colti di quel periodo, il cui impegno per il cinema siciliano e non è a tutt’oggi tra i più esemplari”.