Via Cavour, incrocio con piazza Verdi. Si apre alla vista un ampio spazio, un’elegante passeggiata, su cui troneggia, stupendo, il Teatro Massimo. Ma una volta la piazza non c’era, e così il teatro e la via Maqueda che parte da qui verso la stazione centrale.
Il 1600 è l’anno in cui si decide di aprire la seconda strada principale di Palermo: il viceré Cardenas, duca di Maqueda, fa aprire la Strada Nuova, da sempre poi chiamata via Maqueda. Come il Cassaro (Corso Vittorio Emanuele) aveva a inizio e fine due porte monumentali, anche questa strada doveva averle, per permettere adeguatamente l’ingresso e l’uscita dalla città.
Il viceré fa quindi realizzare la porta orientata verso le campagne della piana dei Colli fino alle aree di Mondello e Sferracavallo. Una semplice apertura ad arco, senza decorazioni, forse perché proprio in corrispondenza dell’incrocio tra la strada e lo stradone che correva fuori dalle mura (l’odierna via Cavour, in pratica), si trovava il baluardo di san Giuliano, che fu parzialmente demolito per l’occasione, ma che non lasciava spazio a un’opera di grandi dimensioni.
In onore del viceré, la porta viene denominata Cardenas, ma si dice anche che fu denominata Porta di Viglialba, che era il titolo del conte figlio del viceré. Poco importa al popolo, che immediatamente la chiama Porta Maqueda (Macheda), e tale rimane il suo nome insieme alla Strada.
Arrivati alla seconda metà del Settecento, le porte che rappresentavano le due strade principali erano molto eleganti e decorate. Porta Felice, Porta di Vicari, Porta Nuova avevano motivo di essere ben ricordate, ma la Porta Maqueda doveva sfigurare non poco! Nel 1766, demolito totalmente il baluardo, si abbatte e ricostruisce la porta. L’idea è quella ispirata alla porta Felice: lo stesso tipo di piloni, con stanze all’interno, la mancanza di arco centrale, lasciandola aperta fino al cielo, e sui piloni due piramidi di coronamento, così come avrebbe dovuto essere la porta Felice secondo il progetto del 1602. Completano la struttura numerose decorazioni e, sulle piramidi, le rappresentazioni della felicità e della fedeltà di Palermo, oltre alle immancabili aquile rappresentative.
Poco tempo dopo la Strada Maqueda viene prolungata oltre la porta, e l’intenzione è quella di realizzare una strada con un ruolo importante, come di fatto sono ancora oggi le vie Ruggero Settimo e Libertà. Nel 1780 si abbatte di nuovo la porta per realizzarla più ampia e ancora più somigliante a Porta Felice, ma sempre con le piramidi in alto.
Negli anni Settanta dell’Ottocento la scelta dell’area per la realizzazione del teatro Massimo e della piazza intitolata a Giuseppe Verdi sono la ragione per cui si demoliscono alcuni importanti edifici, e la porta Maqueda non viene risparmiata.
Si potrebbe dire, senza riflettere sul valore storico e artistico di una struttura, che non avrebbero avuto molto senso dei piloni, soprattutto quello destro, in piedi a campeggiare in uno spazio aperto, togliendo proprio quell’immagine aperta che la piazza Verdi oggi offre. E così, insieme a tante altre porte, per il fatto di non avere più il loro scopo principale, anche la porta Maqueda si è persa visivamente e nella memoria storica della città di Palermo.
Fonte delle immagini: L. Triziano, Le porte della città di Palermo al presente esistenti, 1732, ristampa ed. Grifo 1988; E. Scaglione, Ricerche su Porta Felice e la sua zona monumentale, 1955; www.abebooks.it