martedì, 24 Dicembre 2024
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A me gli occhi

“L’Arminuta” e la recensione fuori battage.

Avevamo già fatto cenno del Premio Campiello 2017 in agosto, indicando la cinquina degli autori finalisti, seguita dai titoli dei romanzi e delle case editrici in gara. L’esito del 9 settembre scorso è stato favorevole a Donatella Di Pietrantonio ed oggi, con il necessario distacco, dai clamori della proclamazione e del battage mediatico seguito dopo la piacevole soirée al Teatro La Fenice di Venezia, celebriamo, a nostro modo e dopo attenta lettura, la vincitrice della 55esima edizione del prestigioso Premio letterario targato Confindustria Veneto, con questa recensione del romanzo.

L’Arminuta” (Einaudi, 2017. Collana Supercoralli, pagg.176 – € 17,50). Inanzitutto, nei romanzi precedenti, Donatella Di Pietrantonio ci ha abituati ad una prosa scarna e musicale, tanto efficace da andare dritta al cuore della storia e dei lettori. La protagonista dell’ultimo suo romanzo, l’Arminuta, è un’adolescente, affidata neonata dalla famiglia indigente ad una cugina benestante. La storia ha inizio quando la protagonista scopre di non essere figlia dei suoi genitori e viene riconsegnata, all’improvviso e senza troppe spiegazioni, alla famiglia originaria per la quale è una perfetta estranea. L’Arminuta, la ritornata appunto, come viene soprannominata dalla gente del paese, ci racconta il dramma del doppio abbandono attraverso una scrittura nitida ed immagini potenti che si stagliano sulla pagina bianca col contrasto di un paesaggio scabro ed abbacinante. Adattarsi non sarà facile per chi non è abituata a litigare per avere una porzione più abbondante, un vestito buono, un letto, uno spazio vitale e, soprattutto, cura e affetto. Ad accoglierla subito c’è Adriana, la sorella minore dalle “trecce allentate, vecchie di qualche giorno” che ha solo da offrirle “una pianta di piede da tenere sulla guancia”. In questa desolazione in cui la parola mamma è una spina in gola, l’Arminuta, orfana di due madri viventi, cerca nuovo riparo e nuovi sguardi che la facciano sentire accettata, come quello dell’irrequieto fratello maggiore Vincenzo, che già la osserva con curiosità e desiderio. In bilico tra la famiglia di appartenenza e quella affidataria mai dimenticata, ci vuole grande forza d’animo per venire al mondo una seconda volta, ci vuole imparare a rispondere alla vita con “denti stretti e feroci” e resistere al vento come un pugno di terra sulla roccia. L’Arminuta, insomma, ci consegna una storia che piacerà moltissimo alle donne, con una scrittura che insegnerà molto anche agli uomini, con un buon grado di volontà di leggere ed osservare un mondo diverso e più complesso del loro.

Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Ha esordito con il romanzo Mia madre è un fiume (Elliot 2011, Premio Tropea), con Bella mia (Elliot 2014, Premio Brancati e Premio Vittoriano Esposito), presentato al Premio Strega, nello stesso anno di pubblicazione, da Antonio Debenedetti e Maria Ida Gaeta, e arrivanto fino alla dozzina finalista. L’Arminuta (Premio Campiello 2017) è il suo terzo romanzo ed è l’esordio della scrittrice con lo storico Editore Einaudi.

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